COLERE – MEMORIA – Flavio che visse “come il vento”

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Se n’é andato Flavio il pastore: in silenzio quasi all’improvviso. Un buono, con alle spalle gli sbandamenti tipici dell’età della “matunera”, dai quali si era riscattato scegliendo un lavoro faticoso e duro, però dettato dal suo spirito libero: “Voglio vivere come il vento”, mi disse quando ancora non aveva maturato la sua scelta. E s’innamorò di quel lavoro, fatto di sacrifici, freddo e scarpinate nelle brume nebbie della Padana come nei pascoli di alta montagna, dietro al suo gregge e in compagnia del suo cane. Nebbie che ti penetrano fin nelle ossa, sotto una tenda improvvisata o una sgangherata roulotte (ed era già un lusso avere un tetto sopra la testa), così come nei furiosi temporali estivi dell’alta montagna, riparandosi alla belle e meglio sotto un albero.

Si era addolorato quando il Sindaco di Colere lo aveva “sfrattato” dal “suo” alpeggio di Polzone/Albani, per assegnarlo ad altri che avevano offerto una cifra non rientrante nelle sue possibilità. Quell’alpeggio che era come casa sua e in compagnia di un altro vecchio pastore di Clusone, il mitico “Nino” cha sin da giovanissimo, pascolava l’alpeggio di Polzone con suo zio Brasi: una vita, la sua, trascorsa nei mesi estivi, tra Polzone e zona Albani. Per entrambi quell’alpeggio, d’estate, era come una vacanza, anche se dura perché quando le mucche erano nella zona dell’Albani, ogni mattina e ogni sera, il latte andava portato a Polzone, dove c’era la loro casera. 

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