VAL DI SCALVE – L’intervista – Jacopo: “Le botte, l’ospedale, la paura. Vedo ‘ragnatele’ ma non ho rancore. Guarirò, ho frullato una bistecca ma sapeva di segatura, il paese mi sta vicino”

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La neve è appena sopra, come a disegnare un bordo e un guscio per chi arriva qui al Dezzo, spartiacque tra un bianco intenso e il verde e grigio che si mischiano con il fiume che scandisce il ritmo di una domenica vuota di gente, il resto lo fa il vento, che soffia gelido e ti porta dritto dentro l’inverno, che qui è lungo ma mica brutto, anzi, la neve sa di ovatta e il cielo sembra a portata di mano. La porta in legno del bar pizzeria Al Portek è socchiusa, dentro ci aspetta Jacopo Scolavino, il ragazzo massacrato di botte poco più di un mese fa a Schilpario, Jacopo è seduto lì, in un tavolo del suo locale che da quel giorno è chiuso. Di quel pestaggio ne abbiamo parlato, adesso siamo venuti qui perché a parlarne sia lui, visto che di voci ne sono girate tante, e in altri casi troppo poche, perché in redazione sono arrivate telefonate una settimana dopo il pestaggio, telefonate che chiedevano come mai non se ne parlava, alcuni hanno sostenuto che la valle fosse omertosa, ma qui attorno a Jacopo si è unito un intero paese. Jacopo parla piano, la bocca è ancora piena di punti e non riesce ad aprirla bene. Facciamo un salto indietro, a quella sera di fine ottobre: “E’ successo tutto per futili motivi – racconta Jacopo – poi io ho battuto la testa, sono svenuto e diciamo che se ne sono approfittati. Ero qui, al mio bar, avevo finito il lavoro, non ero mai uscito per tutta l’estate, sempre al lavoro, tra alti e bassi ma il locale reggeva, e così ho deciso di fare un’uscita con i miei amici. Ho chiuso il bar pizzeria, era circa l’una di notte e sono andato a Schilpario”. Jacopo si ferma qualche secondo e continua: “Siamo andati al bar a bere qualcosa, poi per un motivo stupido è nata una discussione ma la cosa era finita lì, ci siamo presi per la maglia ma niente di che, sono uscito e ho fumato una sigaretta, stavo mettendomi le scarpe, perché nella litigata le avevo perse, quando mi sono sentito spingere contro il muro. E poi il buio. Mi sono svegliato a Bergamo, in ambulanza per qualche minuto ricordo di avere aperto gli occhi, poi più niente, appena arrivato in ospedale, ho sentito dolori ovunque, stava malissimo”

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