La metà dei laureati se ne va all’estero. Le storie di giovani che cercano vita e sogni: dalla Svizzera all’Australia

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    “Me ne vado fra pochi giorni, Preoccupato? Neanche un po’. Semmai ansioso, ma di partire”. M. vive in Valgandino, ha 26 anni e si è laureato da pochi mesi in ingegneria al Politecnico di Milano: “A dir la verità non è che qui non ho trovato lavoro, semplicemente non l’ho cercato, voglio fare altro oltre al lavoro, voglio una vita viva”. M. parte il primo di marzo, sabato, destinazione Sidney, Australia: “Ho già un paio di amici laggiù e un’idea ce l’ho, quando arrivo lavorerò come cameriere nel locale dove già lavora come cuoco uno dei miei amici e intanto mi darò da fare per entrare nel mondo dell’informatica”. Perché non qui? “Perché qui non ci sono stimoli. Io voglio stimoli, poi se arrivano i soldi tanto meglio, ma prima dei soldi voglio gli stimoli. Guardati in giro, non c’è nessuno, cosa facciamo qui la sera? non c’è niente, mica voglio invecchiare davanti a un videopoker o facendo il giro delle feste della birra o della sagra del gnocco ripieno. Non è cattiveria, è voglia di vita”. Cosa porti con te? “Poco o niente, il mio Ipad ha già dentro tutto, carta di credito con quattro soldi, due paia di jeans, qualche maglietta e un giubbotto”. E gli amici? “Internet unisce, ci si sentirà via web, accorciamo il mondo”. M. stasera non esce, non esce più da tempo: “Ogni tanto un salto al cinema o al centro commerciale, per il resto che esco a fare qui?”. Leffe è il cuore della Valgandino, un paese che per un certo periodo, erano gli anni ’50, aveva il reddito pro capite più alto d’Europa, il tessile era nel boom e qui arrivavano da tutta Italia. In pochi decenni la popolazione di Leffe è passata da quasi 7000 abitanti a meno di 5000, ma se si guarda l’età media i numeri sono ancora più impietosi, sono scomparsi i giovani. Non ce ne sono più. Se ne stanno andando tutti. A Leffe non ci sono più giovani – spiega una professionista del settore commerciale – anche mio fglio se ne è andato. Eppure aveva il lavoro, la casa e i soldi. Io e mio marito lavoriamo in proprio e pensavamo che potesse rilevare lui il nostro studio. Si è laureato nel settore e aveva tutto. Ha lavorato per qualche tempo con noi ma non era felice. Si è inserito in paese, nelle attività, nelle associazioni ma alla fne ha mollato ‘mamma, non ho più amici, se ne sono andati tutti, non sono felice’. Aveva tutto ma non la felicità che forse è il vero tutto. Io e mio marito ci siamo sentiti una stretta al cuore, come facevamo a dirgli di rimanere? per noi non è stato facile vederlo partire, così come non è facile vederlo una volta ogni due o tre mesi ma è la sua vita, noi la nostra l’abbiamo fatta. Se n’è andato all’estero, un miniappartamento lo paga 700 euro al mese, qui non avrebbe pagato nulla, ha trovato subito lavoro nel settore informatico di cui lui è un patito e fatica ad arrivare a fne mese ma è felice. Si è fatto pure la morosa e quando lo sento è raggiante. Questo vuol dire che non è vero che i giovani cercano solo il lavoro. I giovani cercano la felicità, è questo vuol dire che hanno ancora grandi ideali”. L. è nel suo studio, racconta del fglio e si commuove, ma racconta anche degli altri giovani di Leffe che se ne sono andati, tante, tantissime storie di ragazzi che sono sparsi nel mondo come un puzzle la cui soluzione fnale dovrebbe essere la felicità: “Un ragazzo di 25 anni del paese, fglio di imprenditori tessili, appena laureato, anche lui con possibilità di lavorare in paese ha deciso di andarsene, è andato in Svizzera al Cern, laureato in ingegneria. Assunto a tempo indeterminato ma l’indeterminato vale sino a un certo punto, ti possono lasciare a casa da un momento all’altro. L’ha raggiunto la sua ragazza che ha trovato anche lei un lavoro, lui però adesso è rimasto senza lavoro mentre lei tiene, però qui non vogliono più tornare. A Leffe non vengono più e hanno deciso di rimanere in Svizzera, lui sta cercando un lavoro e intanto vivono con lo stipendio di lei”. Altro caso, sempre a Leffe: “Una coppia di coniugi sposati che hanno deciso di andare a vivere in Svizzera, lui lavorava nel settore fnanziario, prima si è trasferito lui, poi la moglie lo ha raggiunto, lei laureata in psicologica ha trovato lavoro, hanno avuto due fgli piccoli, lei è rimasta a casa a e fa la mamma, e vivono con lo stipendio di lui che prende bene e può permettersi di mantenere tutti e quattro. E di tornare a Leffe nemmeno per sogno”. E c’è anche chi invece se n’è andato via senza nessun titolo di studio ma con la voglia addosso di respirare un’altra vita: “Due ragazze che lavoravano in un negozio di alimentari della Valle che poi è andato in crisi, hanno mollato tutto e sono partite per l’Australia, lavorano nel settore agricolo, non hanno nessuna certezza economica ma sono felici, e questo vale più di ogni altra certezza”. A Leffe rispetto ad altre zone della provincia sono molti i ragazzi che hanno scelto la Cina: “Ed è una questione abbastanza logica – continua la professionista – la Cina è la nuova patria del tessile, Leffe è l’ex patria del tessile. è uno scambio di tecnologia. Laggiù sono andati all’inizio i nostri ragazzi a insegnare ad utilizzare i macchinari italiani ai cinesi, e poi molti hanno deciso di fermarsi laggiù, di farsi una famiglia e non tornano più. Leffe sta diventando una grande residenza per anziani, magari torneranno qui quando saranno vecchi, ma forse nemmeno, perché poi quando fai i fgli in un’altra città rimani con loro”. I numeri sono impietosi, più della metà dei laureati del paese se n’è già andata e un 30% di diplomati ha già scelto di trasferirsi. Soldi pochi, ideali molti: “E a Leffe non rimangono più né soldi, né ideali”. Metà mattina di un giorno di metà febbraio, in giro gente di mezza età, non solo anziani: “Per forza, qui la cassa integrazione la fa da padrone, e la cassa integrazione è stato il vero male di Leffe. Salva dall’indigenza, è vero, ma a che prezzo? qui hanno perso tutti il senso del lavoro, un sacco di gente di 40 anni la vedi in giro in bici, per forza, se stanno a casa impazziscono, se vanno al bar bevono, tanti fanno sport e corrono a piedi. Ma sono tutte forze perse, tutta gente che dovrebbe produrre, ma se gli dai l’80% dello stipendi per anni è fnita, non cercano più niente. Qui c’è gente che da 6-7 anni prende la cassa integrazione e questi non li recuperi più Vagli adesso a spiegare di alzarsi alle cinque e mezza del mattino per andare a lavorare. Non lo fanno. Si sono seduti. Leffe si è seduta e non ha intenzione di rialzarsi, il dramma è questo”.

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