Delitto Laura Bigoni: come ci siamo arrivati

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Come ci siamo arrivati? La nostra redazione è qui, nel cuore di Clusone, da 36 anni, pc, giornali, disordine, almeno sulla mia scrivania, un pugno di persone che si confrontano, litigano, ridono, scherzano, provano a raccontare quello che succede e quello che tanti non raccontano.
Qui di storie in questi anni ne abbiamo raccontate tante, così come di inchieste ne abbiamo fatte tante, ci abbiamo perso giorni, notti e ci abbiamo lasciato pezzi di cuore e assorbito emozioni. Poi come sempre, ci sono echi di risonanza intensi e altri un po’ meno, perché l’eco di risonanza non dipende dalle emozioni ma da qualcosa d’altro. Ed è stata passione e anche come sempre quella grande curiosità verso tutto quello che succede intorno, che due anni fa, dopo l’arresto di Antonio Di Fazio, l’imprenditore milanese accusato di aver stuprato alcune ragazze, in messanger mi arriva un messaggio di un amico che mi riporta a sua volta il messaggio di una sua conoscente: “Ciao, ho letto la notizia, ne so qualcosa di queste violenze dato che ne subii una nel 1992 ente pubblico. Denunciai ufficio personale, denunciai sui giornali… e per due anni dovetti chiedere aspettativa non retribuita e cambiare città, per salvare me e mio figlio… Pensa che io ero la 7ª collega che aveva tentato di violentare sul posto di lavoro, aveva anche 4 rapporti per pedofilia sulle scuole asili. Era sotto controllo dl Sime ma era libero di fare quello che voleva. Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese… lei lavorava negli uffici dove c’era questo bastardo. Era la povera Laura Bigoni. Lei dopo il mio trasferimento uffici prese il mio posto. Questo bastardo era malato seriamente ma nessuno ha fatto qualcosa per fermarlo. Nel 1990 non c’era la legge della privacy e chiunque poteva leggere la cartella personale del lavoratore, dove c’era scritto dove abitava, telefono ecc. Ai tempi ci fu un giornalista che voleva approfondire la cosa ma fu bloccato e guarda caso i rapporti e denunce di questo bastardo, archivio ufficio personale, tutti spariti. Mi sono e mi chiedo ancora perche’ nessuno disse che il fratello di questo bastardo aveva un taxi giallo. Credimi questo bastardo era veramente pericoloso ma come mi disse ai tempi la direttrice ufficio personale: ‘è un bravo ragazzo è sempre presente sul lavoro e se lei fosse più furba starebbe zitta e se non ci riesce si licenzi’’. Questo il messaggio, il mio amico però non vuole rivelare il nome della donna, ci dà però qualche indizio e così passiamo il sabato pomeriggio e il sabato notte a spulciare facebook per trovare tramite gli indizi la persona del messaggio.
Un lavoro certosino di incroci di amici in comune, di indizi, sembra di giocare a caccia al tesoro: alla fine bingo, sembra combaciare tutto, abbiamo il nome e cognome ma dobbiamo capire se la donna vuole parlare con noi. Lasciamo passare l’week end e il lunedì la contattiamo via messaggio, risponde poco dopo, ok, ci sta.
Parte un fiume in piena fatto di telefonate, registrazioni, sfoghi, documenti, foto, ricordi. Un racconto impressionante che chiaramente va verificato, ci mettiamo all’opera, torna tutto.
Lo leggerete in questo reportage. La donna fa un nome e cognome, che qui per ovvie ragioni non mettiamo. Non sappiamo cosa fare. Usciamo sul giornale o parliamo con la polizia? C’è di mezzo un omicidio, irrisolto da 28 anni. Parliamo con la polizia e aspettiamo. Non pubblichiamo per dare il tempo di verifiche. Lo facciamo ora, due anni dopo. Con la macchina ancora in moto. Ecco quello che abbiamo raccolto, coperto con le dovute precauzioni per la donna, le iniziali sono di fantasia, lei vive ancora a Milano, anche l’uomo di cui parla vive in città.
Cosa succederà non lo sappiamo. Noi sappiamo solo che ci sono cose che vanno fatte, e le abbiamo fatte. Sappiamo anche che sarebbe stato più comodo e facile ‘appoggiarci’ a qualche altro media nazionale, ma noi siamo questi, una redazione che consuma le suole e ci mette passione. Da questi elementi comunque l’indagine è stata riaperta ed è ripartita e ha preso anche piste collaterali ignorate o sottovalutate al tempo.

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