CASAZZA – IL CASO Massimiliano, “tre mesi di vita” curato con la cura Di Bella racconta dopo 18 anni la sua guarigione

2950

Gli avevano dato giàpoche speranze a tre anni, quando i suoi genitori scoprirono che aveva la neurofribromastosi, una malattia che avrebbe sviluppato nel tempo una serie di tumori al sistema nervoso. I medici avevano parlato chiaro con i genitori di Massimiliano Agliani: “Suo figlio quando sarà adolescente morirà”. “Allora questa malattia non si conosceva ancora, o almeno era rarissima – ricorda la sorella Barbaranon c’erano cure, era una sorta di condanna e da allora abbiamo iniziato a convivere con ospedali e controlli. Avevamo fatto dei trapianti ossei che non avevano dato risultati positivi. Facevamo visitare mio fratello periodicamente per vedere se si sviluppavano dei tumori, se tutto andava bene, altro non potevamo fare”. E Massimiliano aveva convissuto con questa dura sentenza fino a 18 anni, quando il tumore arrivò al cervelletto, lasciandogli “tre mesi di vita”.

Era il 1998, e lui iniziò a sentirsi male. “Avevo continui capogiri, stavo malissimo, non riuscivo a mangiare e non capivo cosa avevo, poi la Tac svelò tutto, si stava sviluppando un tumore al cervelletto che era inoperabile, se mi avessereo aperto potevo comunque morire o rimanere invalido. Allora decisero di lasciarmi lì, così dandomi solo tre mesi di vita. Sono entrato ai Riuniti di Bergamo il 10 gennaio del 1998, mi hanno aperto, hanno fatto la biopsia e mi hanno richiuso, giusto per dare la sentenza”.

Ma quel 1998 fu l’anno del metodo Di Bella, in quel periodo ci fu il boom, tutti ne parlarono, in televisione, nei talk show. E così le sorelle di Massimiliano, perso per perso, decisero di giocare quell’ultima carta per salvare il fratello. “Mi ricordo che lo portammo via dall’ospedale in carrozzella – spiega la sorella Barbara – era moribondo, non stava in piedi, si vedeva che era allo stadio terminale. Noi eravamo disperati, lui era l’unico fratello su 4 figli, ed era il più piccolo della famiglia. In quel periodo in televisione si sentiva spesso parlare del metodo Di Bella e decidemmo allora di contattare questa equipe di medici. Alcune mie sorelle non erano molto d’accordo, io insistetti per arrivare a giocarci questa che era di fatto un’ultima carta per salvare la vita a Massimiliano. Abbiamo dovuto fare ovviamente tutto di corsa, abbiamo fatto telefonate, contattato medici ed alla fine siamo riusciti ad avere la cura dall’equipe di Di Bella, in particolare noi avevamo a che fare con il braccio destro di Di Bella, Aldo Reggio di Mantova”.

Da lì parte la cura con il famoso ‘cocktail’ formato da retinoidi, somatostatina e melatonina. “Lui ci dava questa ricetta ma la composizione delle medicine doveva essere fatta proprio in base alle indicazioni che ci dava il dottore, non dovevamo sbagliare – spiega sempre Barbara – anzi, la melatonina la faceva fare in un laboratorio di Bologna e subito, dai primi mesi, abbiamo visto che il tumore aveva iniziato a fermarsi, poi ha iniziato a regredire. Insomma, il metodo Di Bella funzionava e noi iniziammo ad avere speranze di salvare Massimiliano. Ricordo che all’inizio dovemmo arrangiarci anche con le spese che erano abbastanza elevate, poi, nel ’99 abbiamo avuto la fortuna di entrare nella sperimentazione, riservata ai malati terminali. A Trescore c’era ancora l’oncologia e lui fu il primissimo della lista. Questo ci permetteva di avere i medicinali senza avere più spese, l’unica spesa era la siringa di somatostatina che dovevamo comprarci noi”….

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 22 APRILE

pubblicità