NEMBRO – INTERVISTA AL CURATO – Don Matteo si è inventato il “festival delle rinascite” e “il villaggio in viaggio”. Nemmeno il Covid ha fermato l’Oratorio

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Un oratorio che mette i giovani al centro. Dei giovani che mettono al centro l’oratorio. Un sacerdote che capitana una squadra dal cuore grande. E la squadra si rafforza ancor di più durante e dopo l’emergenza sanitaria. Proprio qui, in uno dei paesi finiti nell’occhio del ciclone mediatico per la pandemia. Ma qui non c’è stato solo il COVID. C’è stato un oratorio che non si è mai fermato. Che la chiusura dei cancelli non chiude i cuori. Anzi, li fa battere più forte. E l’intraprendenza diventa solidarietà.

Questi sono giorni di corsa per don Matteo. Un attimo nello studio tra telefoni che squillano e gente che arriva a cercarlo. Dal 3 al 13 settembre il suo oratorio è in festa, non ha rinunciato al tradizionale appuntamento della festa di inizio settembre. Una festa organizzata in poco tempo perché il continuo mutamento della situazione non permette programmazione a lungo termine. “Abbiamo aspettato a ragionare della festa fino a che sono usciti i provvedimenti della Regione che permettevano di affrontare l’argomento – inizia a raccontare -, fino a fine luglio di fatto non ci abbiamo pensato anche perché quest’estate siamo stati presi da tante iniziative: il paese e l’oratorio insieme sono stati molto attivi durante le settimane estive”. 

Un’estate diversa dal previsto. Don Matteo Cella è alla guida dell’oratorio San Filippo Neri di Nembro dal 2011, dopo otto anni il mondo si è stravolto ma le iniziative non sono mancate. Anzi, per certi versi gli impegni sono stati ancora di più. “Alla fine di giugno, in collaborazione con il Comune e gli Alpini, abbiamo proposto il cinema all’aperto. Poi è iniziato il centro estivo che a differenza di quanto accaduto in altri paesi ha avuto dei numeri del tutto paragonabili alla partecipazione degli altri anni, se non addirittura leggermente superiori”. 

Una proposta diversa innanzitutto nell’articolazione temporale. “Anziché quattro settimane di CRE abbiamo fatto una proposta articolata su sei settimane, non tutte hanno avuto lo stesso numero di partecipanti ma il numero complessivo delle persone coinvolte è di 380/390 bambini e ragazzi più 180/190 adolescenti e giovani”. I piccoli gruppi, la distribuzione degli spazi, le mascherine sul volto, ma il divertimento non è mancato. 

Don Matteo ha pensato anche ad una proposta nuova, che ha consegnato ai giovani un ruolo di protagonisti attivi e ha permesso loro di fermarsi a riflettere e risignificare il tempo che stavano vivendo. “Sempre durante l’estate è stata molto intensa l’esperienza di ‘Migliori di così: festival delle rinascite’. L’idea è nata nel momento in cui si usciva dalla fase emergenziale con un gruppo di giovani, a partire da quelli della redazione di ‘Nembro giovane’, il giornalino dell’oratorio. Abbiamo cominciato a raccogliere degli spunti a partire dal tormentone: ‘Ne usciremo migliori?  Come sarà?’, a metà tra i discorsi da bar, le frasi fatte e un desiderio vero di capire. Ci siamo messi a tavolino e abbiamo creato un gruppo di lavoro coinvolgendo anche scout, biblioteca, gruppo di teatro, cooperativa Gherim. Ci siamo interrogati su quali realtà il COVID ha problematizzato, abbiamo cominciato a immaginare di dialogarne con qualcuno che ne avesse da dire su questi argomenti, per esempio cosa vuol dire abitare collettivamente una società. È qualcosa che si è sentito forte a Nembro nelle settimane della pandemia, quando si è generato un forte senso di partecipazione e volontariato, con la preoccupazione di non lasciare sole le persone: non esiste che le persone vivano da sole, sganciate dagli altri. Abbiamo chiesto di aiutarci a ragionarne, per esempio, a Mario Calabresi e ad un sociologo. Abbiamo invitato anche Gigi Riva per aiutarci a leggere il contesto storico della globalizzazione e del cambio degli equilibri: il mondo si è scoperto totalmente interconnesso anche a livello sanitario, non solo economico. Poi ancora Telmo Pievani per la scienza, Saverio Tommaso per l’informazione, Franco Nembrini per la cultura, Alberto Pellai per l’educazione e la scuola, Moioli e Caironi come sportive che hanno vissuto momenti di crisi profonda e ci hanno fatto ragionare su cosa vuol dire rialzarsi”.

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