Valentina Vezzali e la sua quarta olimpiade “ ma l’oro più prezioso è Pietro, mio figlio.”

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    Tre olimpiadi sul podio più alto, un figlio nato quattro mesi prima di un oro mondiale, la quarta olimpiade alle porte, il peso e l’onore di essere l’atleta italiana di tutti i tempi ad avere vinto più olimpiadi e la voglia di battere ancora quel record fra pochi mesi a Pechino. Valentina Vezzali è in pausa, un’ora di tempo per riposare nel ritiro che la vede prepararsi all’evento più atteso dello sport, le Olimpiadi di Pechino. Valentina si mette comoda e comincia a parlare: “Sono di Jesi, mica una città qualsiasi, 42.000 abitanti, una cittadina gloriosa per lo sport, ci sono parecchie strutture sportive, campi da calcio, pallavolo e basket in categorie importanti, rugby e una marea di sport, tutto in un fazzoletto di terra. Ce la caviamo bene”. Valentina Vezzali è una mammaatleta, nel senso che prima è mamma e poi atleta e mischia le due cose, lei il suo Pietro se lo tiene nel cuore quando va dappertutto, quando sale e scende dalla pedana, lei che la sua colonna sonora fi no a qualche tempo fa era Eros Ramazzotti, sostituito poi dallo… Zecchino d’Oro. Valentina fa un salto indietro: “Pietro aveva quattro mesi giusto quel giorno lì, io ero sulla pedana, finale del mondiale, ho raggiunto l’avversaria sul 10 pari, mi hanno raccontato che proprio in quel momento Pietro si è svegliato. Può darsi che il suo sonno sia stato interrotto dal presumibile urlo generale sulla mia stoccata del pareggio, in ogni caso il piccolo Pietro è rimasto vispamente sveglio e ha riso sempre fi no alla mia vittoria finale. Poi dicono che il legame ombelicale tra madre e figlio non abbia importanza”. Quel giorno sul podio Valentina dedicò la vittoria a tutte le mamme del mondo: “Per spronarle a non chiudersi in casa con i loro fi gli piccoli. Non è determinante il tempo che si trascorre insieme a loro, ma la qualità di questa presenza”. Valentina Vezzali ha anche un’altra passione, l’Inter: “Per forza, vengo da intere generazioni di interisti”. Valentina, studi da ragioniera e schermitrice da quando aveva sei anni: “Ho iniziato e non ho più smesso e quando gareggio lo faccio per vincere, sarò anche poco sportiva ma a me non piace partecipare e basta”. Valentina parla che è un fiume in piena, piena di energia e allegria, un vulcano di idee e di parole: “A Jesi c’è una grande tradizione di schermidori ma è tutto merito di Ezio Triccoli, che adesso magari ti stai chiedendo chi è, durante la seconda guerra mondiale finì in un campo di prigionia inglese in Sudafrica, non facevano assolutamente niente, così per passare il tempo iniziarono a fare scherma con canne di bambù, Ezio era un medico e cominciò così ad elaborare metodologie su come fare scherma. Finita la guerra è tornato a Jesi, si è appassionato a questa disciplina ed è nato tutto”. Ma molte città hanno precursori importanti ma non per questo poi nascono campioni a ripetizione, Jesi ha avuto oltre a te anche Stefano Cerioni, olimpico pure lui, e altri ancora: “Triccoli ha fatto qualcosa di diverso da tutti, ha seminato, lui non ha mai fatto l’atleta ma è riuscito a inculcare la voglia di tirare fuori da ognuno le proprie caratteristiche. In Germania sembrano fatti con lo stampino, tutti uguali, anche in altre zone, invece a Jesi hanno saputo mantenere ogni atleta le proprie caratteristiche e lavorare su quelle, in questo caso c’entra la bravura del maestro”. Donne che riempiono d’oro l’Italia con la scherma, eppure a immaginarla nella mente di quando si erano bimbi si pensa a uno sport da uomini, Cyrano de Bergerac, Zorro, cartoni e fi lm con uomini: “E invece io mi ero innamorata di Lady Oscar, in realtà molti pensano che sia uno sport da maschio ma è il contrario, ci si muove come se fosse un ballo, molto elegante e affascinante, una sorta di danza, poi il vestito bianco e la maschera nera, come un mistero femminile e se si aggiunge che serve l’ingegno e bisogna ragionare vuol dire che è uno sport completo”. Valentina che non ha avuto tempo per altri sport: “A sei anni ho cominciato, a 9 gareggiavo, a 15 vincevo. Non ho avuto tempo per nessun altro sport”. Jesi è nelle Marche, come è nata la passione per l’Inter nella tua famiglia? “Non so dove si va a fi nire se si fa l’albero genealogico, si va indietro di generazioni ed erano sempre interisti, i miei non sono però delle Marche, sono emiliani, vicini a Reggio Emilia poi si sono trasferiti a Jesi per lavoro quando ero molto piccola”. E poi c’è la storia del ‘cappello di Helenio Herrera’: “Mio nonno quando è morto si è fatto mettere nella bara il cappello che gli aveva regalato Helenio Herrera, lo teneva sempre in mano, sempre con sé, e quando è morto abbiamo rispettato la sua volontà”. Valentina sorride e racconta: “Noi siamo così, una famiglia particolare”. E poi il sogno di vedere l’Inter allenata da uno jesino come te: “Quando ho saputo che Mancini avrebbe allenato l’Inter ho capito subito che sarebbe stato un binomio vincente, Roberto lo conosco da tanto tempo, sapevo che bisognava solo portare pazienza e i risultati sarebbero arrivati”. L’arbitro anche da voi è molto importante, regole particolari e movimenti veloci: “Essendo un gioco di abilità a volte succede che l’arbitro sbagli, come in un una partita di calcio, l’arbitro è un essere umano ed è come la vita, ci sono momenti in cui si sbaglia senza volerlo, ma se uno è più forte poi vince, come l’Inter di quest’anno, le critiche le trovo assolutamente gratuite”. Scherma dove non esiste il doping: “Nel nostro sport non serve a niente, ogni avversario tira in maniera diversa, vinci quando riesci a leggere le mosse dell’avversario e a rispondere nel momento giusto, quindi devi essere lucido e concentrato, sapere che quando vinco è merito solo della mia testa e del mio corpo mi da ancora più soddisfazione”. Le scorse olimpiadi avevano escluso il fioretto a squadre, medaglia quasi sicura per l’Italia, a Pechino invece è stata riammessa, si era parlato di una penalizzazione per l’Italia voluta dal comitato Olimpico: “Di sicuro non c’è niente nello sport ma è chiaro che per noi il fioretto a squadre è una medaglia abbastanza certa, capire cosa è successo è difficile, il mondo dello sport è complesso, soprattutto a livello olimpico. Quello che mi fa piacere è sapere che nella gara individuale invece facilmente ci si incontrerà fra italiane, il duello fra me e la Trillini ha sempre regalato momenti emozionanti a tutta l’Italia, e all’ultima olimpiade dove ho vinto io alla fi ne ci siamo abbracciati tutti. Nella scherma non c’è bisogno di inserire il terzo tempo, è un’usanza che esiste da sempre, prima di ogni attacco c’è il saluto delle armi, poi il saluto al pubblico e quando finisci l’incontro prima di esultare devi stringere la mano all’avversario”. Anche nella scherma esiste l’espulsione ma qui a cambiare è il colore del cartellino: “Rigorosamente nero, ti cacciano dal la gara”. Tu sei conosciuta anche per le tue esplosioni di gioia alla fi ne delle gare: “Non ci posso fare niente, mi metto a saltare e urlare, quando lo faccio mi viene in mente l’urlo di Tardelli ai mondiali del 1982”. Non hai mai odiato un avversario? “No. Se vinco è merito mio e se perdo è demerito mio, la scherma è così, se perdo vuol dire che non sono stata capace di capire le sue mosse e di fare le mie, è uno sport di testa oltre che di fisico, e quando perdo non vedo l’ora di reincontrare l’avversario per batterlo, mi capita di piangere e arrabbiarmi con me, poi finisce lì”. Valentina proprio di perdere non ne vuole sentire parlare. Sei l’atleta italiana più titolata di tutti i tempi eppure sui giornali non ci finisci spesso, ti da fastidio? “No, va bene così, il calcio è lo sport nazionale ed è uno sport bellissimo, mio marito è calciatore, nel Campobasso, e poi noi non facciamo moltissime gare, da cinque mesi non ne facevano una adesso finalmente è iniziata la Coppa del Mondo”. La scherma che in tv ci va però solo nelle grandi occasioni e che sembra uno sport a volte datato, dove non si può crescere più di tanto: “Per alcuni può sembrare così ma in realtà dietro c’è una continua evoluzione, la scherma che si faceva alle Olimpiadi degli anni ’50 non è quella di oggi, si è evoluta, come il calcio che si giocava cinquant’anni fa non è quello di oggi, è più veloce, più difficile, diverso, e io poi sono innamorata della scherma perchè uno sport elegantissimo, un misto di classe e intelligenza, l’avversario si studia mossa dopo mossa e vincere o perdere dipende solo da te”. Valentina che un mese dopo la nascita di suo figlio Pietro era in pedana e quattro mesi dopo ha vinto il mondiale, che mamma sei? “Apprensiva. Appena ha uno starnuto penso subito male, ma è la cosa più preziosa che ho al mondo ed è giusto così. In questo periodo che sono in ritiro lui è con mio marito che gioca in serie D col Campobasso, lo chiamo anche dieci volte al giorno, poi alla fi ne si stanca e non mi risponde più”. Un futuro da schermidore: “Mi auguro da calciatore, poi magari penso a fare una femminuccia che tiri di scherma, io amo il calcio, mettiamo pure che Mancini è jesino come me, adesso all’Inter oltre all’allenatore ci vuole anche un giocatore di Jesi”. Valentina che il mondo del calcio lo difende: “Tutti che dicono che i giocatori rispetto agli altri atleti si sentono un gradino più su, io ho vissuto con loro alle Olimpiadi e stavano con noi al Villaggio Olimpico, mangiavano in mensa e si stava assieme, essere atleti accomuna, altro che storie”. Vai allo stadio? “Ogni tanto ci vado, magari anche a vedere mio marito. Dopo l’ultimo oro olimpico Moratti mi ha invitato e mi ha fatto un immenso piacere, adesso però con il bimbo piccolo non ho molto tempo, mi devo buttare sui cartoni animati, lui ha una predilezione per i pesciolini e so tutto sui cartoni dei pesci”. Valentina che prima di ogni gara guarda in alto: “Prego, sono molto cattolica e prego la Madonna, non solo per la gara, per mio figlio e per mio marito e perché mi dia la possibilità di esprimere quello che ho dentro”. Pechino 2008 è vicino: “Ho tutto da perdere, inseguo la quarta Olimpiade e se qualcuno mi batte può dire che ha battuto la Vezzali, io invece perderei e basta, ma cercare di spostare i limiti mi da stimolo, arrivare a quattro ori olimpici in quattro olimpiadi diverse è un record importante non solo per me ma per l’Italia e io lo voglio raggiungere”, con Pietro vicino pronto a saltare con lei sul podio e a festeggiare assieme a tutte le mamme del mondo.

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