Il boss della (mia) porta accanto

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    A pensarci adesso bisogna ammettere che il suo “covo” il “boss dei boss” se l’era scelto piuttosto bene: una casa che sovrasta la provinciale tra il centro e la sua frazione, un bosco sul ripido pendio, quasi inaccessibile, alle spalle, e di fronte la possibilità di controllare le vie d’accesso: non solo la strada che sale verso Parre, ma anche quella del fondovalle, dal ponte fin su alle curve della Selva. Per le sue tranquille passeggiate quotidiane, cui teneva molto, il “boss” sceglieva invece percorsi defilati: dalla villetta al tratto della vecchia provinciale ormai dismesso e poi la scaletta che porta alla Chiesa di Ponte Selva, da dove attraversava la via per raggiungere la pista ciclabile oltre il fiume “Lo vedevo passare quasi tutti i giorni, mattina e pomeriggio – dice Rosanna Pizzamiglio che abita in quella che qui ancora tutti chiamano “la villa delle Suore” – un pensionato come tanti altri, pensavo, con il quale scambiavo un civile ed educato buongiorno o un buonasera. A volte si fermava a riposare su una delle panchine qui vicino, riprendeva fato e intanto guardava il panorama. Da quanto lo vedevo passare? Mah, da quest’estate, più o meno: una persona a modo, gentile e discreta… Quando la sera che l’hanno arrestato l’ho visto in tv, al telegiornale, non credevo ai miei occhi, e infatti mi sono avvicinata bene allo schermo pensando ad una semplice rassomiglianza. Ma quando ho capito che si trattava proprio di lui, mi si è accapponata la pelle. Ci sono rimasta proprio male, non mi sembrava possibile, non riuscivo a collegare l’idea del grande boss mafoso latitante con l’immagine rassicurante, quasi dimessa, che mi ero fatta di lui: un nonnetto come tanti altri, che si faceva tranquillamente i suoi due passi quotidiani…”. La stessa impressione Gaetano Fidanzati l’aveva fatta al titolare del ristorante “La Pesa” di Ponte Selva, Silvio Imberti, e ai suoi famigliari: “Il boss dei due mondi? Ma dai, ho pensato quando l’ho visto in tv, a me era sembrato persino un poveraccio, semimuto, per giunta: quando entrava da noi salutava con un abbozzo di sorriso e un cenno del capo, non parlava mai… Quando mia fglia gli presentava il menu, si limitava a dire: Mi dia questo!, come se facesse fatica a dire due parole di più; e poi anche com’era vestito, sempre il solito pullover bordeaux o blu, sempre gli stessi jeans, sempre le stesse scarpe da tennis… Un cliente ideale, del resto, niente da dire: si sedeva al tavolo vicino alla fnestra e ogni tanto guardava la strada, come fanno tutti, ma non sembrava né inquieto né preoccupato né sempre all’erta come uno che è braccato dalla Polizia, a pranzo mangiava quello che c’era senza discutere, per cena sempre minestrone con le verdure, niente vino e niente caffè; anche per fumarsi la sua sigaretta aspettava di aver varcato la porta del ristorante, pagava senza batter ciglio, e se ne andava salutandomi sempre così, col suo mezzo sorriso e il suo cenno del capo… Sì, è stato da noi a pranzo e a cena per tutto il mese di ottobre e di novembre, sarà PARRE – LA STORIA E LA CRONACA mancato due o tre volte, non di più. E infatti la domenica che l’hanno arrestato mia moglie aveva notato la sua assenza. Il pensionato non è venuto a cena – mi aveva detto – chissà, magari non sta bene, sai, le persone di una certa età… Poi l’abbiamo visto in tv, e anche noi siamo rimasti di sasso. Ancora adesso mi sembra impossibile che abbia fatto tutto quello che dicono i giornali: a guardarlo così, non gli davi una lira, pensavi al pensionato della bassa che viene qui a farsi un po’ di vacanza… Anche le sue passeggiate erano sempre uguali: scendeva dalla casa di via Libertà passando per la strada vecchia, andava a far due passi sulla pista ciclabile, si fermava al Bar Paggi a prendere i giornali e le sigarette e poi veniva a mangiare, tutto qui”. Sul percorso delle sue passeggiate quotidiane “Tanino” Fidanzati passava anche davanti alla Chiesa di Ponte Selva, che è dedicata al Sacro Cuore, patrono della piccola parrocchia, ma custodisce anche le statue dell’Immacolata, di S. Giuseppe, del beato Giovanni XXIII e della Madonna Addolorata. E’ proprio davanti a quest’ultima che il pericoloso capo-mafa si è fermato qualche volta in raccoglimento, concludendo la sua visita con l’accensione di una delle candele elettriche che stanno ai piedi della statua. “Almeno due volte ho visto entrare in chiesa questo signore sconosciuto – dice Rita Donati, addetta alla cura dei fori dell’altare – A dire la verità avevo un po’ di paura, perché, da quando c’è stato, mesi fa, un piccolo furto in chiesa da parte di un poveraccio un po’ squilibrato, mi spavento ad ogni rumore, ad ogni fruscìo che sento mentre traffico con vasi e fori. Sì, si è fermato davanti alla Madonna addolorata ed è stato un po’ lì in silenzio, poi ha preso una candela, l’ha accesa e se n’è andato, con grande sollievo da parte mia che lo tenevo d’occhio a distanza con un po’ di diffidenza…”. Anche Liliana Carissoni adesso è sicura che fosse Fidanzati quell’ometto che spesso le capitava di vedere quando la mattina scendeva da Parre per recarsi al lavoro: “Da quando avevano tagliato un po’ gli alberi che prima la nascondevano, la casa si vedeva meglio dalla strada, e mi colpiva quel signore anziano sotto il portico che camminava in canottiera quando noi già avevamo addosso giacche e golfni… Sì, parlo di questo autunno, io la mia collega Sara eravamo incuriosite da quel tipo, ci divertivamo a fare supposizioni, pensavamo che fosse un milanese un po’ originale, magari un salutista che la mattina faceva un po’ di ginnastica”. Sorpresa ed incredulità anche da parte degli abitanti delle case di via Libertà che stanno proprio dirimpetto al nascondiglio di Fidanzati. Compresa la sottoscritta, che aveva visto con piacere, l’estate scorsa, gente che andava e veniva dalla villetta che per il resto dell’anno appariva silenziosa e disabitata. “Meno male – avevo pensato – era un peccato che rimanesse lì inutilizzata, una casa così bella!“. E, dalle voci che provenivano dal porticato nelle sere d’estate, tra cui anche una voce femminile, avevo dedotto che si trattasse della “solita” famigliola milanese in fuga dall’afa della metropoli. Che ci fosse qualcosa di misterioso lo avevo capito, insieme ai miei vicini, la sera che avevamo visto fuori dalle nostre case un gran movimento di Carabinieri e di Polizia: auto e camionette a bloccare il traffico, almeno una quindicina di persone (e nessuno col passamontagna calato sul viso, come hanno detto invece pittorescamente i giornali), il cancello forzato, un grande accendersi e spegnersi di torce elettriche, dentro e fuori la casa, persino ad illuminare il soprastante…

    Chi è Gaetaneo Fidanzati?

    Gaetano Fidanzati, detto Tanino, 74 anni, è uno dei boss storici di Palermo. Un solo episodio per capire da dove arriva e chi è Tanino: nel ‘70 venne fermato ad un posto di blocco mentre viaggiava in auto con Tommaso Buscetta, Giuseppe Calderone, Gaetano Badalamenti e Gerlando Alberti, padrini che avevano e avrebbero fatto parlare a lungo di loro. Considerato l’ultimo grande erede della vecchia generazione di Cosa Nostra si porta dietro da anni l’accusa di aver intossicato di stupefacenti l’intero pianeta. E tuttavia era stato estradato dall’Argentina solo per scontare una condanna defnitiva a 12 anni per associazione mafosa fnalizzata al traffco di droga. Il suo clan, composto da 5 fratelli (oltre a Gaetano ci sono Stefano, Carlo, Giuseppe e Antonino), ha sempre svolto un ruolo importante all’ interno dello schieramento dei ‘corleonesi’, la cosiddetta mafa vincente, ed è stato tra i primi ad allungare i suoi tentacoli nell’Italia settentrionale e in particolare a Milano. ‘Don Tano’, nel suo genere, è un personaggio geniale. E’ lui il siciliano che ha inventato la formula del grande baratto del mercato degli stupefacenti degli anni ‘80: eroina contro cocaina. Sua l’idea di far vendere a Cosa nostra eroina alle famiglie americane (quella Gambino in particolare), facendosi pagare con la cocaina del Sudamerica. Non uno scambio alla pari. Per un chilo di ‘ero’, dagli Usa arrivavano 3 chili di ‘neve’ in Italia. Lo scopo del baratto? Non far girare soldi: niente complicati trasferimenti di denaro da una sponda all’altra dell’Atlantico. Lo scambio venne scoperto dagli investigatori della Criminalpol e del FBI nella seconda tranche dell’ operazione Pizza Connection. ‘Don Tano’ fu poi arrestato a Castelfranco Veneto dove si era recato per uccidere Giuseppe Sirchia. La sua statura criminale divenne appunto più chiara quando vennero identificate le persone fermate con lui a Milano il 17 giugno 1970 in via Romilli, ad un casuale posto di blocco. Viaggiava con i massimi esponenti della mafia: Buscetta, Salvatore Greco, Giuseppe Calderone, Gaetano Badalamenti. Scarcerato per scadenza termini, era stato di nuovo catturato nel 1981 nella villa bunker di Assago. Tornato ancora libero, alla fine del 1987 il boss si era dato alla latitanza. Era stato arrestato in Argentina nel febbraio 1990 a Buenos Aires. Poi ancora latitante, molti pensavano fosse ancora in Sudamerica, altri pentiti lo davano invece nascosto nella periferie di Milano. Fidanzati era inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi. Era ricercato per associazione mafiosa, per traffico internazionale di droga e soprattutto per omicidio. Uno degli ultimi omicidi: aver fatto ammazzare in Sicilia Giovanni Bucaro, ex fidanzato della figlia Loredana con il vizio di alzare le mani, e per questo punito dal boss. Ma il nome di Fidanzati è anche tra i rinviati a giudizio nel processo Addio pizzo, contro la nuova generazione di Cosa nostra, quella di Salvo e Sandro Lo Piccolo. Fidanzati viene accusato di essere l’autore del primo (fallito) attentato a Giovanni Falcone, che lo interrogò a lungo prima di essere ucciso nell’attentato di Capaci. Dopo gli arresti di Riina, Provenzano e di Salvo e Sandro Lo Piccolo, Fidanzati è diventato un quotato referente di quasi tutte le famiglie di Palermo. La sua ultima immagine l’avevano scattata proprio i carabinieri di Palermo, il 29 maggio del 2008, durante le indagini dell’operazione Eos. Gli occhiali a goccia, i capelli grigi e radi, una polo a righe da pensionato in villeggiatura. Immagine diversa, molto diversa dalla foto che campeggia sul sito del Viminale: camicia aperta, occhi fissi, ghigno che mette paura. I due volti di don Tanino. L’ultimo padrino, fantasma nella Milano dell’Expo è riapparso a Parre.

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