Diamo un Calcio (mondiale) alla crisi

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    DAMIANO TOMMASI: “Troppa importanza al calcio, non siamo noi che dobbiamo dare esempi di moralità e comportamento”

    Damiano Tommasi, voce bassa, quasi non volesse disturbare il fracasso del mondo del pallone, barba lunga, occhi vispi e una vita a rincorrere il suo giocattolo preferito e a trasformarlo in bussola per la direzione di un altro calcio, un calcio che si trasforma in qualcosa di unico e positivo. Tommasi nei giorni scorsi è stato a Lovere per presentare il Memorial Tonino Cossetti, altro esempio di calcio che diventa bussola e arriva dritto sino in Perù con un progetto di benefcienza. Toccata e fuga dalla sua Verona, dove Damiano è tornato a vivere da poco tempo, da quando, con 4 figli, ha deciso che era meglio crescerli al paese di nascita. Lo intervistiamo mentre è rientrato a casa, il giorno dopo essere stato a Lovere, tardo pomeriggio di giovedì 20 maggio, i quattro figli aspettano di giocare col papà. Damiano, tu appari come un calciatore anomalo rispetto ai calciatori che inseguono veline, grandi successi, prime pagine e che diventano un po’ capricciosi: “Mah, sicuramente non sono come quelli che hai nominato, però sono come la maggioranza dei calciatori che secondo me non è così, sono ragazzi normali”. Sicuro che siano così discreti? “Penso di sì, ho conosciuto tantissime persone in giro per il mondo grazie al calcio e la stragrande maggioranza sono persone come me”. Italia, Spagna, Inghilterra, Cina e adesso la seconda categoria, a casa sua, li hai visti tutti, e dopo averli visti tutti chi sono i padroni del calcio adesso, chi domina il calcio? Qualcuno parla di rovina del pallone. “Sì, le sento anch’io queste voci ma il giocattolo non mi sembra tanto rovinato, basta vedere le code che c’erano per trovare un biglietto per la finale di Champions, il problema è che si sta dando troppa importanza al calcio e spesso e volentieri ci sono episodi di esasperazione per quello che invece è e dovrebbe rimanere uno sport”. Dal fuori sembra che l’economia ormai predomini sullo sport. “Dobbiamo prendere atto che per mantenere un movimento come quello che si è creato ci vuole l’economia e vista la passione che c’è per le aziende il calcio è diventato un business, d’altronde è lì che si riflettono le televisioni, i giornali, la pubblicità. Un movimento che però deve far riflettere su quanta e troppa importanza ha ora l’economia sul calcio”. Tu hai girato mezzo mondo, hai avuto tanti presidenti, dove ti sei trovato meglio? “Quando devo far calcio mi trovo bene dappertutto, la differenza è come invece i paesi vivono il mondo del calcio, Spagna e Inghilterra per esempio hanno un tasso altissimo di livello però non è così esasperato come in Italia”. Qui quando giocavi sentivi l’esasperazione attorno? “Sì, qui lo considerano una questione di vita o di morte, si esagerano le reazioni di calciatori che in fondo stanno solo praticando uno sport e non sono certo quelli che devono indicare gli esempi morali e civici da seguire, ma ormai qui si confonde tutto”. Qual era il tuo modello da calciatore? “Non avevo modelli, il mio modello era mio padre, un modello di vita e di comportamento, poi sono cresciuto con gli anni dello scudetto all’Hellas Verona e quindi il mio esempio sportivo era il Verona di quei tempi”. Si racconta che il primo provino al Verona lo fece tuo fratello Zaccaria, poi in seguito a un suo infortunio presero te. “Non è andata proprio così, anche se Zaccaria era più bravo di me e si è preso anche qualche soddisfazione calcistica nel mondo dei dilettanti, poi non ha avuto la spregiudicatezza necessaria quando gli è stato richiesto di provare a fare il grande salto”. Adesso giochi in seconda categoria, Sant’Anna. “E gioco con due dei miei tre fratelli, seconda categoria veneta”. E qual è la soddisfazione? “Quella di correre dietro a un pallone assieme a dei ragazzi che hanno voglia di divertirsi e stare assieme, quella di stare in un paese dove ci si conosce tutti, per me è stato fondamentale tornare a vivere nei luoghi dove sono cresciuto”. Hai compiuto da poco 36 anni, c’è gente che a 37-38 ma anche a 40 va ai mondiali, non hai smesso troppo presto? Damiano sorride: “Infatti sto giocando nel Sant’Anna. A parte gli scherzi, per rimanere nel professionismo avrei dovuto fare scelte personali e famigliari che non ritenevo giuste, in Italia avevo scelto di non giocare con maglie diverse che non fossero quelle di Roma e Verona e quindi avrei dovuto andare all’estero ancora ma con quattro bimbi non me la sono sentita. Poi i contatti con Roma e Verona non si sono concretizzati e quindi ho preferito ritornare al mio paese, ho una famiglia numerosa ormai e voglio che rimanga unita in un paese unito”. Quindi niente altre squadre italiane se non Roma o Verona? “Niente, mi sento addosso solo quei due colori e come si dice, ‘il primo amore non si scorda mai’ e io non li scordo”. L’allenatore che ti ha colpito di più. “Zeman, un allenatore spettacolare, un allenatore che mi ha segnato, siamo rimasti in ottimi rapporti”. Tu hai tre femmine e un maschietto, lo avvii verso il calcio? “Non lo so ancora, quando ha voglia gioca a calcio, poi ha la passione per i motori, ma io non insisto su nulla, il tempo deciderà quali sono le sue passioni”. Ho rivisto l’altra sera Italia-Brasile del mondiale del 1982, e sembra un calcio più lento e tecnico, ma è cambiato così tanto? “Sono cambiati i palloni, sono cambiati i giocatori, i terreni, il modo di fare calcio, è tutto più veloce, per un periodo è stato molto più fisico, adesso si è tornati un po’ indietro, dopo le vittorie del Barcellona, si è tornati al tocco palla, al possesso palla”. Tornando al calcio fisico, sei stato vittima di un gravissimo infortunio, il calcio è diventato più violento? “Non credo, solo che ci sono molte più telecamere e si vede tutto, molti interventi poi vengono enfatizzati, ma gli scontri ci sono sempre stati”. Il Ministro Maroni ha proposto di non fare entrare negli stadi alcuni giocatori violenti ma anche genitori che vanno allo stadio con i loro bambini e li incitano a dare addosso agli avversari. Hai detto che i giocatori non devono essere esempi di moralità per nessuno però tu lo sei stato. “Sì ma un conto è sentirsi addosso la responsabilità del ruolo e un conto è educare i figli. I genitori devono riprendersi il ruolo di educare i figli dentro le mura di casa, e non demandare quel ruolo a personaggi pubblici, se i genitori danno segnali sbagliati è dura poi che allenatori, catechisti o insegnanti riescano a rimediare”. Tu hai vissuto un m o n d i a l e da protagonista in Corea, eri titolare, come si vive all’interno di una squadra mondiale, c’è concorrenza? “No, al mondiale no, ci si sente tutti al servizio di una squadra”. Di fronte a un’ingiustizia come quella dell’allora arbitro Moreno che penalizzò l’Italia, come hai reagito? “Non ho reagito, mi sono sempre occupato poco di arbitri, l’obiettivo nostro era fare gol e loro l’hanno fatto allo scadere della partita”. Nessuna reazione contro l’arbitro Moreno? “No, davvero, avevamo avuto occasioni per chiudere la partita ma è andata avanti la squadra di casa, che poi comunque ha eliminato anche la Spagna”. Tu hai giocato anche in Cina. Com’è il calcio cinese? “Ambizioso, ma ancora agli albori, non riesce ancora a competere con le altre squadre asiatiche, l’obiettivo è arrivare a un mondiale, cosa che non succede dal 2002 quando per il fatto di aver organizzato il mondiale in Asia si erano liberati due posti in più. L’ambizione è tanta ma il livello è ancora indietro rispetto alle aspettative che ha uno Stato così grande”. Li senti ancora i giocatori della Roma? “ Sono andato a trovarli prima della partita col Chievo, ma comunque ci si vedeva già spesso”, quanti ne sono rimasti di quelli che giocavano con te? “Sì, tanti, anche perché sono andato via solo tre anni fa, l’era Spalletti l’ho conosciuta, quando ero all’estero e quando tornavo passavo da loro”. Si è parlato tanto del gesto di Totti a Balotelli, gli hai detto qualcosa? “Non sono io che devo dire qualcosa a Totti. Si è parlato molto e anche a sproposito, è un brutto gesto e basta”. Quest’anno tifavi Roma? “Non essendo in serie A il Verona ho potuto tranquillamente tifare Roma”. E sei contento del Chievo in serie A? “Sì, sono orgoglioso di avere il Chievo in A, sono simpatizzante del Chievo, è comunque una costola della città di Verona”. Pensi di fare l’allenatore in futuro? “Sono giovane, ho appena smesso, adesso mi sto sistemando a Verona e poi non si sa mai”, vuoi comunque rimanere nel mondo del calcio? “Spero di sì, sto collaborando con la società italiana calciatori, sto cercando di capire fno a che livello posso essere coinvolto e poi vediamo”. Ti è dispiaciuto lasciare il mondo professionistico? “Beh, sono già stato fortunato ad avere l’occasione di competere contro i migliori giocatori del mondo facendo lo sport che mi piace”. Un motivo per cui invece sei stato contento di smettere? “Per essere tornato a vivere a Verona, questo lavoro mi aveva portato via dalla mia gente”. Farai il corso per diventare allenatore? “Provo, non è detto che sia capace di allenare, appena avrò tempo comunque lo farò. E’ abbastanza impegnativo e quindi appena ci sarà l’occasione di farlo vicino a casa mi iscriverò”. Come vedi l’Italia in Sudafrica? “Credo e spero che sia una sorpresa. Sulla carta quest’anno non siamo al livello di alcune nazionali che hanno più carte in regola per provare a vincere, ma io mi aspetto che smentisca le aspettative”. E dal… Sant’Anna cosa ti aspetti? “Di partire con un piede diverso rispetto a quest’anno e di non dover lottare per evitare i play out”. Quest’anno ci siete riusciti: “Sì, adesso vediamo quali ragazzi arrivano”. Ci saranno ancora i tuoi fratelli? “Credo e spero di sì”. Zaccaria invece dove gioca? “In Eccellenza, ma non è detto che rimanga lì, magari torna con noi”. Hai scelto di metterti al minimo salariale, 1500 euro al mese pur di continuare a giocare con la Roma: “Mi era scaduto il contratto, e pur di giocare non m’interessava guardare le cifre, venivo da un infortunio in cui il rischio era di non riuscire più a camminare, volevo provare a rimettermi alla prova in una squadra come la Roma, in fondo io credo che ero solo io a guadagnarci”. Nel caso dovessi fare l’allenatore, punti a partire dalle giovanili? “Beh, prima dell’università ci sono le elementari”.

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