benedetta gente

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    La bella estate” (Pavese) è il romanzo delle illusioni e delle disillusioni. Siamo nell’agosto delle pochissime illusioni e di conseguenza delle poche disillusioni. Se non ci aspettiamo niente anche il poco conforta. L’Italia, dopo la mazzata di un anno terrificante, raccoglie nello sport allori tanto inaspettati quanto più graditi. Al solito sui social si trova il meglio e il peggio, la cloaca degli umori acidi e qualche perla di umorismo. Come la battuta: “Se ce la fanno rifà quest’anno vinciamo pure la seconda guerra mondiale”.

    Come sempre viviamo al di sopra delle nostre possibilità, abbiamo eccellenze che vivono (ignorate perché silenziose) tra di noi, ed emergono ogni quattro anni (nel caso di questa olimpiade: cinque) come oasi confortanti ed esaltanti nel deserto di una mediocrità allarmante. Gli inglesi ci odiano, disertano le nostre spiagge, hanno disdetto prenotazioni fatte prima degli Europei di calcio perfino sul nostro lago d’Iseo. Viene in mente la “perfida Albione” (un’espressione che sarebbe stata usata per primo dal teologo Bossuet poi dai francesi e in seguito dal fascismo). Adesso che hanno fatto la Brexit si sono incarogniti, non sopportano di perdere. Del resto pretendono di aver inventato il calcio e sono soliti ricorrere a quelli che chiamano “splendidi isolamenti”. Ma il mondo va avanti anche senza la loro spocchia.

    Noi sappiamo sventolare bandiere ma sappiamo riporle fin troppo in fretta. Siamo campioni dell’autolesionismo e della disistima di noi stessi. E’ sconfortante nei giorni in cui l’inno nazionale suonava per la specialità regina dell’atletica leggera, quei fulminanti cento metri, vedere nelle piazze gente che urla la sua rabbia non contro la disgrazia di un anno di morti per contagio (e noi nelle valli li abbiamo avuti a migliaia), ma contro un fantomatico “complotto” di “poteri forti” per tenerci segregati, con una concezione di un mondo alla “Dottor Stranamore” (film di Stanley Kubrick, dubito che uno solo di quelli in piazza lo abbia mai visto o capito) in cui ci sarebbe una regia globale di un perverso dittatore che avrebbe tutti al suo servizio, magnati della finanza, governanti (di ogni colore), scienziati, giornalisti giù giù fino all’ultimo infermiere che ha raccontato anche su questo giornale il dramma del covid nel suo ospedale.

    Un analfabetismo di ritorno in cui si proclama la libertà come bene individuale assoluto, cancellando millenni di filosofia e storia (“spesso promossa in latino, sempre bocciata in Storia, l’Italia è ripetente”). Quando due si mettono insieme la loro libertà individuale è già condizionata da quella del partner. Se si è in una Comunità se ne accettano le regole che inevitabilmente limitano la libertà individuale condizionata da quella degli altri componenti. In uno Stato si rispettano le regole. Nessuno è sceso in piazza per protestare contro il divieto di fumare nei cinema e nei locali pubblici. Era chiaro che la libertà del fumatore si fermava là dove nuoceva alla libertà (salute) altrui.

    Che scenda in piazza chi non ha vissuto il dramma dell’anno scorso lo si può tollerare, ma non capire. Che scenda in piazza chi ha avuto morti in casa è sconfortante.

    Ma c’è l’ultimo tratto della bella estate da passare. Salgono i contagi, incombono folgori e grandine. “A fulgure et tempestate libera nos Domine” si cantava nelle rogazioni. Magari basta Guccini: “Da tutti gli imbecilli d’ogni razza e colore/ Dai sacri sanfedisti e da quel loro odore… libera nos Domine”. Buon agosto, se vi riesce.

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