STAZIONE DI BERGAMO – Una notte a Bergamo nel mondo degli invisibili. Boubacar: “Un anno in carcere in Libia. Sono laureato, parlo 5 lingue. Adesso vivo qui. Ma il freddo mi sta uccidendo”

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Walter Tenio

Bergamo di notte è una porta che si apre su mondi paralleli, invisibili di giorno.

Un fiume umano silenzioso scorre ai margini della città, e al mattino si disperde nella folla.

Ho conosciuto Boubacar a giugno mentre mi trovavo in stazione di notte per motivi di lavoro.

Qui c’è un intero universo o popolato di desaparecidos. Un universo di pianeti invisibili.

Ognuno col suo mondo, con la sua storia da raccontare.

Boubacar dorme nei pressi della ferrovia in alloggi di fortuna fatti di cartoni, coperte, ombrelli.

Vestiti sparsi ovunque. Qualche pacchetto di sigarette, un accendino.

Aveva anche un telefono, ma glielo hanno rubato.

Qui il concetto di proprietà non esiste.

Allontanarsi dal proprio angolo di marciapiede significa veder sparire i propri oggetti.

Rubano tutto, caramelle, documenti, carte di credito scadute.

È la legge della giungla una giungla d’asfalto che non conosce regole o ha regole del tutto indipendenti dal mondo circostante.

Forse per questo Boubacar porta uno zaino sempre con sé.

Dentro ci conserva alcuni libri, un paio di Ken Follett, una copia del Corano in arabo, ricordo dei suoi anni in Libia, e un diario senza date in cui annota vorticosamente pensieri sparsi, aforismi, poesie.

Una parte del diario è scritta in francese, un’altra in italiano.

“Un tossico mi ha svegliato di notte, mi ha dato dei soldi che non mi aspettavo”, si legge in una delle sue pagine. “Mi ha parlato con gentilezza”.

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