PEIA – LA STORIA – Rodolfo, Amelia e le tre generazioni di un bar che ha visto passare tutta Peia: “Mia madre e le sue 18 gravidanze, il jukebox che dava tre canzoni…”

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Rodolfo Bosio ha 80 anni, ed è il maggiore esponente della terza generazione dei Bosio dello storico “Bar-Ristorante-Albergo Bosio”. Sua moglie, Amelia, è la sua compagna fedele, per le gioie e i dolori di famiglia. Li incontro nella loro casa di Monte Croce, al confine fra i comuni di Leffe, Bianzano e Peia; Rodolfo l’ha ereditata dal padre e sistemata a dovere; all’ultimo piano, un tempo, si faceva la “sboradura” un processo con cui si catturavano le “asCere” (erano così detti gli uccellini che un italiano si chiamano Viscardi). 

Mi devono raccontare 150 anni di storia, fra parentele ed amicizie e l’attività fra le più antiche della Valgandino ancora in funzione, quella nata dall’iniziativa del nonno Giuseppe, alla fine dell’800: il locale è il “Bar-ristorante-albergo varie ed eventuali Bosio”. 

Mentre Amelia prepara il caffè, Rodolfo mette sul tavolo un buon vino bianco, freddo da freezer, ed inizia a raccontare (in bergamasco stretto, di cui si leggerà direttamente la traduzione): “C’era una targa, fuori dal locale, con scritto 1887; mio nonno Giuseppe, nato intorno al 1850, aprì un ‘Sali, tabacchi ed osteria’; allora il sale era un bene prezioso, di monopolio dello stato e l’osteria un luogo sicuro. Non so, ma credo che oltre alle case sparse di Peia, quel locale fosse un punto di riferimento per i viandanti della zona, o i commercianti che passavano di lì. Poi arrivò mio padre, che nacque verso il 1880; insieme ai familiari prese in carico quella locanda”. 

Mentre il caffè sta salendo, il bicchiere di vino bianco allieta il racconto. Sopraggiunge il fratello di Rodolfo, lui di anni ne ha 88, ma è il più “lucido” di tutti, a parte i presenti. Ed ecco che la trama della storia si infittisce: “Mio padre, Giovanantonio, andava a prendere sale, tabacchi, toscani, marche da bollo e salumeria a Bergamo e Clusone; ci andava con il carretto trainato dai cavalli. A Clusone, al lunedì, c’era il mercato. Lì conobbe nostra madre, Genoveffa Seghezzi, che abitava a Premolo. Nello scendere da Clusone le dava un passaggio sul suo ‘carretto con cilindrata 2 cavalli’ ed a Ponte Nossa si concluse… l’affare di famiglia. Nostra madre rimase gravida 18 volte, di viventi ne rimasero 13 ma 4 morirono in tenera età. Allora andò da Don Francesco, un prete di Peia che fu Parroco nei Bani di Ardesio, il quale diede una benedizione ed una reliquia da tenere in camera. Da allora non morì più nessun figlio. Mio padre fu richiamato in tarda età per la prima guerra mondiale. E sempre attraverso una benedizione di Don Francesco, fu uno dei due (degli 80 bersaglieri) che tornò vivo da una battaglia”…

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