VILMINORE – Marina & Denis, madre e figlio, lui che non parlava, non vedeva, non camminava ma Amava

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Sono passati due mesi e mezzo. Erano i primi giorni di settembre, e Marina aveva raccontato la storia di Denis, suo figlio, che ha compiuto 18 anni poche settimane fa. Sembrava una storia come tante, non per questo meno importante, e per come tante intendo di sofferenza e fatica, perché Denis, figlio unico, non vede, non cammina, non mangia. E invece Marina aveva ribaltato tutto raccontando la più bella storia d’amore che avessi mai sentito. E di storie in questi anni ne abbiamo raccontate tante. Marina per 18 anni è sempre stata con lui, giorno e notte, ogni minuto, col sorriso dentro e anche fuori, perché Denis ‘è vita, Denis è mio figlio’. Marina non si lamentava e io ero rimasta spiazzata da questa cosa, anzi, la felicità la sentivi quando ti parlava, le sue battaglie per essere considerati normali, quel paio di scarpe comprate in un negozio e mai indossate da Denis che non cammina, la Prima Comunione negata e poi…la prima e unica volta che Denis ha pronunciato ‘Ma’ il giorno della festa della mamma. Marina non si è lamentata, neanche con Dio, anzi, era stupita che qualcuno potesse commiserarla, Marina & Denis un Amore che io non avevo mai visto, che forse non vedrò più, senza un lamento, col sorriso stampato addosso e dentro, nonostante enormi difficoltà per la malattia rara che affligge Denis….

Solo chi sogna può volare

Ora che Denis è salito in cielo, più vivo che mai è il ricordo del mio primo incontro con lui a scuola. Lo avevo visto alcune volte in paese sulla carrozzella spinta da mamma Marina, ragazza di intelligenza e sensibilità rare, ma non avevo stabilito un reale rapporto con lui.

Quel giorno Denis sarebbe stato inserito nella Scuola Primaria di Vilminore, avrebbe fatto con la sua insegnante il giro delle classi per il ‘progetto accoglienza’. Speravo fortemente che si creasse immediata empatia tra lui e i miei alunni, tra lui e me. Avevo progettato strategie relazionali da attivare in modo che il processo di integrazione fosse il più efficace possibile. Avevo fissato obiettivi, modalità, contenuti, competenze…

Non ce ne fu bisogno.

Un leggero bussare annunciò quel.mattino l’arrivo di Denis, di colpo in aula scese il silenzio, tutti gli occhi a fissare la porta, in attesa. Entrarono prima le grandi ruote, poi il bambino adagiato sulla carrozzella e infine la sua insegnante. Fu subito circondato da alcuni compagni che avevano frequentato con lui la Scuola dell’Infanzia, sgomitavano per conquistare il posto più vicino. “Parlo io a Denis, riconosce la mia voce” disse un’amichetta dell’asilo, mentre un’altra gli accarezzava le manine. “A lui piacciono le mie carezze, gliele facevo sempre, guardate come è contento… ” Non stavo osservando Denis in quel momento e non potei quindi cogliere quale fosse l’espressione del suo viso. Avrei imparato più tardi a leggere emozioni e sentimenti nei suoi immensi occhi neri che vedevano altro, che vedevano oltre. 

In quel momento, discosta dal gruppo, osservavo gli alunni che non conoscevano Denis e che entravano in contatto, forse per la prima volta, con il mondo ‘diversamente abile’. Se ne stavano un po’ staccati, osservando seri ogni minimo movimento del bambino….

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