Valentina, abusata dal prete e il suo racconto a Berizzi

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Dagospia oggi riporta un articolo di Paolo Berizzi uscito su Repubblica con un’intervista a Valentina Cavagna, la ragazza abusata dal prete di Luzzana di cui parliamo nel numero in edicola che ora è in prigione.

“QUEL PRETE ABUSÒ DI ME, L’HO MANDATO IN GALERA MA IN PAESE TIFANO PER LUI” – LA BATTAGLIA DI VALENTINA CAVAGNA CHE VINCE IN TRIBUNALE MA PERDE NEL SUO PAESE: A SERINA, IN VAL BREMBANA, SI RACCOLGONO FIRME PER DON MARCO, CONDANNATO A SEI ANNI – LA VITTIMA SCRIVE AL PAPA: “FORSE È IL PREZZO CHE DEVO PAGARE PER AVERE FATTO FINIRE IN CARCERE UN PRETE. SE TORNASSI INDIETRO FORSE DENUNCEREI PRIMA. GLI ABUSI INIZIARONO QUANDO AVEVO 6 ANNI…”

Paolo Berizzi per “la Repubblica”

La storia di uno stigma. Al contrario. «Forse è il prezzo che devo pagare per avere fatto finire in carcere un prete. Però la giustizia mi ha dato ragione, se tornassi indietro rifarei tutto mille volte. Sono stata tosta a non mollare». Guardi in faccia Valentina e ti chiedi quanto costa il coraggio e quanto l’ omertà bigotta; il macigno di un processo per affrancare la vita da un incubo infantile: l’ ombra sporca. Adesso la bambina è diventata donna, ma è dolce quando in salotto aspetta il nipotino e gesticola come un’ adolescente, e intanto cerca le parole e racconta, incerta su quale ginocchio posare le unghie colorate di grigio. Valentina Cavagna, 23 anni. Il titolo della storia è lei: vince in tribunale ma perde nel suo paese, Serina, duemila anime nel cuore indurito della Valle Brembana. Tra Valentina, molestata da quando aveva 6 anni, e l’ ex curato (e maestro di religione e amico di famiglia) don Marco Ghilardi, 44 anni – condannato in via definitiva e ora in cella – i paesani hanno scelto il prete. O comunque non hanno scelto Valentina. Lei per cercare sostegno ha scritto una lettera a Papa Francesco pubblicata dal Corriere della Sera Bergamo. Che cosa si aspetta dal Papa? Le ha risposto? «Gli ho scritto sabato. Spero di poterlo incontrare per raccontargli la mia storia. Cosa si prova a avere contro la gente del tuo paese. Lui dice sempre che gli abusi commessi dai sacerdoti non vanno coperti». Lei ha denunciato don Ghilardi nel 2013, pochi giorni prima di compiere 18 anni. Il 27 febbraio la Cassazione l’ ha condannato a sei anni. Poi che cosa è successo? «Già durante il processo, nei primi due gradi di giudizio (il prete è stato assolto in primo grado e condannato in appello, ndr), sentivo un clima non proprio solidale. Come se la colpa fosse mia. Per qualcuno evidentemente dovevo continuare a stare zitta. Dopo la sentenza, su Facebook hanno iniziato a girare commenti ostili. Sulla pagina “Valle Brembana di tutto di più” i serinesi stavano col prete; gli abitanti degli altri paesi della valle con me». Il 4 marzo succede un episodio. Lo racconta? «Nella bacheca qui davanti a casa appendono un foglio. È una petizione a favore del prete. Raccoglievano firme. Leggo: “Firmando ti unisci a esprimere la vicinanza della comunità di Serina a don Marco”. Penso: “Anche io faccio parte della comunità di Serina!”. Quel comunicato è stato una provocazione, uno sfregio. Per questo ho deciso di scrivere al Papa. Vedere che il tuo paese ti gira le spalle fa soffrire».

In giro le hanno detto qualche cosa, a lei o ai suoi genitori?

«No. In paese è così: ti vedono e fanno la bella faccia. Poi scrivono su Facebook».

Riavvolgiamo. Lei ha 6 anni e don Ghilardi è il suo maestro di religione.

«Anche amico dei miei genitori, veniva a casa nostra» .

Dove avvenivano le molestie?

«A catechismo, al centro estivo, in parrocchia».

A casa, anche?

«No».

Quanto sono andate avanti?

«Fino alle scuole medie. Fino ai miei 11 anni».

A chi lo raccontava lei?

«All’ inizio a nessuno. A 6-7 anni non sai cosa fare. Non hai consapevolezza. Non ai miei genitori: solo alle amiche».

Perché ha aspettato fino ai 18 anni per denunciare?

«Era amico dei miei, era il mio maestro, facevo la chierichetta…Avevo paura di non essere creduta o di fare un casino. Anche se le mie amiche mi dicevano di denunciarlo… Però dicevo sempre a me stessa: quando avrò 18 anni lo farò».

Lei va dai carabinieri di Serina con l’ ex fidanzata di suo fratello. Esce la notizia e la storia finisce sulla bocca di tutti.

«I carabinieri convocano i miei compagni, le mie amiche. Raccolgono prove, testimonianze, particolari. Inizia il processo e capisco subito che sarebbe stata dura. La mia vita era comunque rovinata. Dopo la sentenza di primo grado avevo l’ umore sotto i piedi. Ma al mio avvocato che è subentrato dopo, Francesca Longhi, ho detto: non mi fermo qua. Vado avanti a lottare perché voglio giustizia. Voglio che quell’ uomo paghi per quello che ha fatto».

Come ha accolto la sentenza definitiva della Cassazione?

«Sono scoppiata a piangere coi miei genitori e i miei due fratelli.Loro soffrono come me. Alla fine ho vinto io. Spero che il prete sconti tutta la pena che gli è stata inflitta».

Il suo paese non gliel’ ha perdonata. Perché, secondo lei?

«Non so. Rispetto il pensiero di tutti. Forse la gente segue l’ onda: basta che un gruppo di persone dica “povero prete” e…».

Se tornasse indietro lo rifarebbe?

«Tutta la vita. Denuncerei prima.Anche se dirlo adesso è facile».

Chi le è stato vicino?

«Il mio ragazzo. Stiamo insieme da sei anni. E poi le amiche, la mia famiglia».

Un ricordo del processo?

«L’ ex sindaco. Veniva in aula.Diceva che lui era per la verità e che non parteggiava per nessuno dei due. Che era lì in rappresentanza della comunità di Serina. Però alle udienze stava sempre vicino al prete e al suo legale».

Mentre chi ha abusato di lei è in carcere lei che fa, Valentina?

«Cerco lavoro. Ho fatto la scuola di parrucchiera ma al secondo anno ho scoperto di essere allergica alle tinte».

 

 

 

 

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