VAL DI SCALVE – “Finiràlõ po’ quando?’ ‘Prest, lé ndarà tüt bé”

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‘Come fate vivere in un paese così piccolo?’. Quante volte mi sono sentita rivolgere questa frase da persone ‘forestiere’, parole accompagnate da sguardi di malcelato compatimento. Rispondo raramente. Dovrei ribattere: ‘Ma che ne sapete voi di cosa vuol dire appartenenza, identità, cosa ne sapete delle montagne che racchiudono e avvolgono, di un tetto di cielo che copre sogni di stelle? Che ne sapete voi dei rami dell’abete che si piegano al peso della neve senza spezzarsi, dell’eco delle campane ovattato dalla coltre del mattino…? Cosa ne sapete degli incontri che si vivono per strada, nei negozi, sul sagrato dopo la messa, sguardi complici, sorrisi d’intesa. Che ne sapete del vecchio contadino che annusa l’aria e senza che nessuno glielo chieda sentenzia che il tempo cambierà, della vicina che prevede pioggia toccando la sua spalla dolorante, dei bambini che se scappano per strada tanto ci sarà sempre qualcuno che li riporta a casa…

Cosa ne sapete di porte lasciate aperte a volte anche la notte, tanto non succede mai nulla. Che ne potete sapere di cosa significa condivisione, vita di paese, fili che si intrecciano, accavallano con altri fili a comporre trame variegate e imprevedibili, a volte.

Poi arriva un invisibile nemico partito da lontano, tanto lontano che qui non arriverà mai, ma arriva e frantuma certezze, spezza i fili, distrugge sicurezze…

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