di Etta Bonicelli
Theresia, figlia del Camerun, occhi neri di velluto, grandi, intensi, occhi che sorridono prima delle labbra, interpreti di un’anima generosa, accogliente, gioiosa. Si presenta a me con i suoi migliori inconsapevoli biglietti da visita: sguardo e sorriso. La incontro a Vilminore, a LAmeCÀ, la struttura socio-assistenziale in cui lavora, che, come dice il nome, sa di casa. Mi è stato chiesto di aiutarla a perfezionare la lingua italiana per rendere maggiormente fruibile la comunicazione con pazienti e colleghi. Che poi la sua comunicazione sia facilitata da un linguaggio non verbale che va oltre le parole è evidente: lo sguardo, il tono di voce e quel sorriso radioso sono sicuramente balsamo per dolori, solitudini e fragilità. ‘Fin da ragazza volevo dare sollievo a chi soffre, condividere il dolore con loro‘. Lo dice con semplicità, come fosse scontato. Dimentico verbi, coniugazioni e congiuntivi e le chiedo di parlarmi della sua vita, di come, quando, perché sia arrivata dal cuore dell’Africa alla sperduta Valle di Scalve. Il suo sguardo si fa lontano, velato di nostalgia: corre col pensiero alla sua terra d’Africa, ai vasti altopiani ondulati coperti da savane infuocate e foreste rigogliose, agli sconfinati orizzonti che si arrossano al calar del sole. Theresia nasce a Nkambe, 49 anni fa, da mamma Martina e da papà Peter, una guardia forestale, è la terza di dieci figli. Fin qui nulla di particolare se non che le sue origini famigliari le ha scoperte a 14 anni leggendo il suo atto di nascita da presentare per l’esame di BEPC, papà e mamma hanno nomi diversi, sconosciuti. Come è possibile? É una scoperta che la lascia sconcertata e disorientata. Esige subito una spiegazione e scopre che chi l’ha fatta crescere con amore di mamma in realtà è una zia, sorella del padre: non era riuscita ad avere figli suoi e il fratello le aveva ‘donato’ una delle sue bambine. Theresia vuole conoscere immediatamente i suoi veri genitori che vivono in una città della zona francofona. I suoi occhi si fanno lucidi ricordando l’incontro con la madre naturale, l’abbraccio lungo e avvolgente alla figlia ritrovata, le sue lacrime di gioia.
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