Sovere – LA MORTE DI LUCA ROSSI Mamma Nella e papà Roby raccontano Luca: “Quando c’è un rumore alla porta penso che è lui”

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I genitori del giovane soverese morto in un incidente stradale, ultrà dell’Atalanta (la Curva ha esposto un lungo striscione anche in trasferta, in suo onore e ha partecipato in massa ai funerali. Qui Luca è raccontato dai genitori. Pubblichiamo qui l’inizio della lunga intervista. Sul giornale anche i messaggi degli amici e del fratello.

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“Il nostro vulcano di gioia, noi, suo fratello, la sua Atalanta, il calcio, la vita, gli amici. Il giorno del suo funerale era il mio compleanno…”

La pompa di benzina è avvolta dal cappotto grigio di un cielo che fa a botte con l’attesa di primavera, è sera ormai, Roby è lì nel suo giubbotto, al lavoro, come sempre, con qualcosa in meno sulla terra e qualcosa in più in cielo. Che è facile scriverlo, mica tanto a sentirlo dentro, però poi ci si arriva, magari in uno squarcio d’azzurro o in un arcobaleno sfrontato da un sorriso di cielo, quel sorriso che Luca si portava addosso da quando era nato. In casa c’è Nella, Antonella, la mamma di Luca, tuta da ginnastica, viso dolce, come quello di Luca, tocca a lei raccontarlo, raccontare quel pezzo di cuore, quel pezzo di anima, quel mondo racchiuso dentro un caschetto di capelli biondi ed un paio di occhi azzurri a fare da corazza a un corpo pieno di vita e di energia.

Che Luca te la buttava addosso appena lo incrociavi, in moto, con quello scooter nerazzurro ad oltranza, ultras anche quello. Papà Roby raggiunge Nella. Lei guarda la porta e comincia: “Ogni volta che sento un rumore alla porta penso che è Luca che torna, perché io non me ne sono resa ancora conto, non me ne rendo conto”.

La porta fa rumore ma Luca non appare. Anche se è lì, nelle parole di Nella: “Me lo vedo arrivare, lo aspetto. Luca era così, imprevedibile e vivo. Che non mi sarei mai aspettata tutto quel mondo di ragazzi che sono venuti a salutarlo, a ricordarlo. Anche alla veglia funebre, erano in tanti, tantissimi, perché Luca seminava gioia, sorrideva sempre”. (…)

SU ARABERARA IN EDICOLA PAGG. 24-26

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