SOVERE – IL RICORDO – Maria, ti chiamerò col tuo nome, al primo nascer dei fiori

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Sapessi come è strana la mia terra turbolenta in mezzo alle tue stelle. Non c’è nemmeno il vento stasera qui al Santuario, anche lui si è spostato più su, quasi ad accompagnarti e mi ha lasciato qui sola. E mi avanzano le parole, mi avanzano le caramelle in tasca, mi avanza un sorriso che non riesco a far partire, mi avanza uno sguardo sul buio che non diventa luce. Tu tienimi d’occhio lo stesso da lassù e io mi trasformerò in meraviglia, tra le tue stelle, al caldo, quel caldo che di notte, fa crescere il grano. Le strade sono tutte di Mazzini, di Garibaldi, sono dei Papi, di quelli che scrivono, che danno dei comandi, che fan la guerra. E mai che ti capiti di vedere la via di uno che regalava Meraviglia, sorrisi, ascolto, come Maria. E pensare che il mondo è fatto di gente come me che mangia un gelato alla fragola alla finestra contenta di stare davanti a un Santuario con te che ascoltavi. Le campane, la Madonna della Torre, Francesco e il suo rosario, Birba e il suo scodinzolare, la foto di Giovanni sullo sfondo del telefono, che si è figli per sempre, Umberto, i nipoti e ora il piccolo Mattia. E intorno un mondo che ha sempre troppa fretta, tu no, tu l’avevi e hai la capacità di ascoltare e sorridere. E anche brontolare quando ci voleva. Senza fronzoli. Ma sempre in modo discreto. La discrezione tu l’avevi in dote e la tenevi stretta, la discrezione è una porta socchiusa che consente a tutti di vedere una parte di sé ma permette di entrare solo a pochi. Già. Che parlare è un bisogno ma ascoltare è un’arte. E tu sei un’artista. Finirà questa estate di silenzi vuoti e campane che ostinatamente suonano per cercarti anche lassù. Conosco il tuo nome ma non ti chiamo più. Ti chiamerò col tuo nome, di nuovo, al primo nascer dei fiori. Per te che sarai sempre primavera.

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