Francesco Filippini, ex sindaco di Sovere, assessore in Comune e in Comunità Montana, bancario in pensione, ma soprattutto papà. E diventare papà dopo un affido è un viaggio di quelli da raccontare: “Tutto è cominciato – racconta Francesco – con l’esperienza dei bambini bielorussi, venivano 5 settimane all’anno e anche io e mia moglie Angela facevamo parte delle famiglie che li accoglievano”. Da lì ad accogliere un bimbo in casa il passo è breve, anche perché Francesco e Angela il senso di accoglienza ce l’hanno nel dna, basta sentirlo parlare: “Un figlio in affido è un percorso particolare, un’esperienza intensa, complessa ma bellissima, alla fine è più quello che ricevi di quello che dai. Si può anche scegliere se prendere in affido solo per qualche ora al giorno, magari per l’aiuto compiti o altro, ma noi abbiamo deciso di prendere la strada di un affido diciamo completo, sempre, tutti i giorni. E’ una scelta di incoscienza, non sai a cosa vai incontro, può succedere di tutto, sì, devi essere incosciente per farlo, e non è un’accezione negativa, anzi”. Francesco racconta: “L’affido è un negozio giuridico di due anni, una sorta di aiuto alla famiglia di origine, che per qualsiasi motivo non ha la capacità di poter allevare un figlio, ma poi quei due anni diventano quasi sempre di più e in moltissimi casi il bambino resta dove è stato affidato. Purtroppo l’affido proprio per questo, è un fallimento complessivo, ma d’altronde sono interventi urgenti del tribunale per coprire gravi problemi.
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