SOVERE – Bruno Zoppetti: il colore del suono

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“…. Bruno Zoppetti ha cominciato come pittore figurativo, ha avuto un periodo informale negli anni ‘90 ed è ritornato in seguito alla pittura figurativa nei primi anni 2000. Il ritorno alle figure è coinciso con un viaggio dell’artista nel Sud degli Stati Uniti, nel Delta del Mississippi, appunto nella culla della musica nera americana. Zoppetti si è impregnato delle atmosfere di quei luoghi mitici, dei suoni, della luce, anche della disperazione e della miseria dei suoi abitanti afroamericani e li ha restituiti e rappresentati con il proprio linguaggio espressivo inserendosi nella grande tradizione della ritrattistica occidentale che va dai ritratti del Fayyum a Lucian Freud. Benché ci sia un’evidente unità di ispirazione, colpisce in questa serie di lavori la grande varietà di soluzioni compositive, di scelte cromatiche, proprio come sono multiformi gli stili musicali degli artisti ritratti. Non so se si possa parlare di evoluzione – una categoria che non ha molto senso in arte – ma è indubbio che i ritratti più lontani nel tempo (“John Dee Holeman” e “Thelonious Monk”, entrambi del 2010) siano molto diversi per tratto e per i colori dai ritratti più recenti. I primi si caratterizzano per una paletta più accesa, soprattutto per il colore blu (una allusione al “blues”?), e per un trattamento più “rapido” delle figure, specialmente del corpo e degli strumenti dei musicisti. Sempre in questi primi ritratti gli inserti sullo sfondo sono più abbondanti e denunciano forse una dimensione “narrativa” più marcata. In quelli più recenti lo sfondo è più spesso monocromo, in ogni caso meno “lavorato” e la figura campeggia sola, assoluta, nel senso letterale di sciolta da ogni altro legame, anche temporale. …

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