Sostenibilità vertiginosa: Prefalz avvolge il Bivacco Brédy

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Il piccolo Bivacco Brédy emerge a sbalzo fra le rocce delle vette alpine, nella zona del Vallone di Vertosan, tra il Cervino, il Monte Bianco e il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Costruito nel 2021 in memoria dell’alpinista Claudio Brédy, deceduto nel 2017, gli architetti Chiara Tessarollo, Skye Sturm e Facundo Arboit dello studio BCW Collective hanno creato un’architettura accogliente e sostenibile. Uno dei punti di forza di questa straordinaria struttura risiede nell’equilibrio tra resistenza e leggerezza del materiale.

 

Paese: Italia

Oggetto, luogo: rifugio, Avise

Categoria: nuova costruzione

Architettura: BCW Collective, Svizzera, Norvegia e Italia

Installatore: Chenevier spa

Tipo di copertura: Prefalz

Colore copertura: P.10 antracite

Tipo di facciata: Prefalz

Colore facciata: P.10 antracite

 

Uno sguardo sul mondo

Come un telescopio, il Bivacco Brédy punta il suo sguardo sul paesaggio, sulle cime innevate delle montagne. È una piccola architettura rivestita in alluminio color antracite posto a 2530 metri di quota, sui bordi di un avvallamento naturale, che offre l’ultimo ristoro poco prima di raggiungere la vetta della Testa di Serena. Il Bivacco è raggiungibile con un’escursione che può durare dalle tre alle quattro ore o anche più a lungo, a seconda del punto di partenza a valle, e si presenta alla vista come una piccola punta rocciosa nel vasto paesaggio. Avvicinandosi sempre più al bivacco, dopo ogni passo, si capisce però che non si tratta solo di un pratico edificio per concedersi una pausa o per riposare una notte, ma che qui si nasconde un messaggio. Facundo Arboit di BCW Collective spiega chiaramente questa sensazione, descrivendoci il lavoro relativo al design e al processo di costruzione. “Non esagerare, non strafare, ma restare semplici e chiari nella progettazione ed esecuzione”, questi pensieri, come un mantra, hanno accompagnato l’intero progetto, dall’inizio fino alla fine.

Le emozioni di un incontro

Per la realizzazione del bivacco Brédy, nel Vallone di Vertosan, sono stati coinvolti gli specialisti della ditta Chevenier del comune di Charvensod in Val d’Aosta, che hanno unito le loro competenze per creare un piccolo progetto, bello ed emozionante. L’incarico di costruire il bivacco Brédy è stato molto importante, ci spiega Luca Frutaz, a capo dell’azienda di carpenteria e lattoneria Chevenier. “Abbiamo potuto dimostrare che la nostra azienda è in grado di eseguire lavori molto complessi in condizioni estreme ed entro ristretti limiti di tempo.” Inoltre, per Frutaz è stato quasi come conoscere in persona il carismatico Claudio Brédy, perché per la famiglia che ha commissionato l’opera e per gli architetti di BCW Collective il bivacco è stato molto importante e legato a tanti ricordi.

Un lavoro da specialisti

La costruzione di bivacchi di alta montagna comporta degli interventi piccoli, ma per questo molto complessi che richiedono un enorme sforzo organizzativo. Per la riuscita dell’opera sono stati determinanti i macchinari CNC, l’alta specializzazione del personale e un reparto tecnico interno all’azienda. Per superare le sfide poste dall’ubicazione, i lattonieri hanno prefabbricato il bivacco Brédy interamente in officina per poi suddividerlo nelle otto parti che sono state trasportate in elicottero. 240 kg di alluminio sono così arrivati su in montagna a 2530 metri di quota, con il trasporto delle parti effettuato in un unico giorno, a cui è seguito il successivo assemblaggio in loco. Gli ultimi ritocchi e i raccordi mancanti sull’involucro esterno dell’edificio sono stati completati impiegando Prefalz il giorno successivo. “Prefalz è molto leggero e incide, quindi, molto poco sul peso del trasporto”, così descrive Luca Frutaz i vantaggi del materiale, “è semplicissimo da lavorare, anche in cantieri complessi come può essere in alta montagna, dove ci sono sempre basse temperature. L’alluminio non si rompe quando viene piegato, nonostante le temperature si avvicinino allo zero termico”.

Luca Frutaz – Azienda Chevenier

L’architettura come risposta

Là dove non si arriva con gli automezzi, c’è bisogno di un’organizzazione impeccabile e le competenze dell’installatore devono essere eccellenti, poiché non si possono impiegare macchinari per la lavorazione come avviene invece in fabbrica. “L’alluminio è sì leggero” continua Frutaz illustrandoci le altre sfide da affrontare in alta montagna, “ma durante il trasporto in elicottero può danneggiarsi. Abbiamo quindi dovuto essere molto cauti durante il trasporto per proteggere il materiale e per non rischiare di dover organizzare altri voli in elicottero.”

Frutaz è un tecnico, un ingegnere. Gli piacciono le cose belle come quelle efficienti, funzionali e durevoli. Il fatto che si parli del bivacco sulle pagine delle riviste e nell’ambito di conferenze lo riempie di orgoglio; ma è ugualmente importante per lui che il bivacco piaccia agli escursionisti e alpinisti, perché significa che risponde perfettamente alle esigenze dei fruitori. “Proprio per questo motivo è per me essenziale cooperare con degli ottimi architetti, che sappiano guardare oltre l’aspetto estetico. Solo così un progetto riesce in modo perfetto, perfettamente riuscito come il bivacco di Claudio Brédy.”

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ALESSANDRO PORRU (consulente tecnico)

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Le sfide della montagna

Come si fa, però, a “non esagerare” se l’architettura è esposta agli estremi della natura e quando si deve trovare una soluzione ai difficili requisiti topografici? Sulle cime delle Alpi meridionali vigono condizioni metereologiche estreme. Il Bivacco Brédy, che vi è completamente esposto, deve resistere ai mutamenti del clima tutto l’anno e soddisfare, allo stesso tempo, le necessità di riparo e riposo nella solitudine di un paesaggio in parte aspro, ma anche incredibilmente bello. In inverno l’edificio deve resistere agli enormi carichi di neve per mesi. A queste altitudini possono verificarsi tempeste simili a uragani con venti oltre i 100 km orari. Bufere, temporali ed erosioni sono altri fenomeni estremi con cui devono fare i conti l’architettura e i materiali. Gli architetti sottolineano di aver subito capito che avrebbero utilizzato Prefalz per rivestire l’involucro esterno. Il materiale PREFA offre, infatti, la necessaria resistenza, ha bisogno di poca manutenzione e la sua robustezza è garantita per anni, senza contare poi il fatto che può essere lavorato sia in officina a valle o anche su in montagna senza richiedere l’impiego di macchinari. “È strepitoso come noi esseri umani siamo ancora in grado di realizzare opere architettoniche anche in ambienti lontani e ostili, nella solitudine e nel paesaggio alpino caratterizzato da un’impressionante imprevedibilità”, racconta Chiara Tessarollo, cofondatrice di BCW Collective.”.

Su sei piedi

La piccola baita non ha l’aspetto tipico del rifugio di montagna, ma si presenta come “una scura gemma metallica”, spiega Tessarollo. Rappresenta un ponte tra l’incantevole e selvaggia natura e gli escursionisti. La natura deve essere preservata il più possibile: per questo motivo, gli architetti hanno fatto ancorare il bivacco alla roccia su soli sei punti di attacco. Con sette viaggi dell’elicottero sono stati trasportati sul cantiere ad alta quota il telaio in acciaio, il corpo dell’edificio suddiviso in più parti prefabbricate ed elementi aggiuntivi per gli arredi interni e per l’involucro della struttura. Due giorni dopo il bivacco era montato in opera e pronto all’uso.

 

Nuovo minimalismo sostenibile

Il lavoro per la costruzione del Bivacco Brédy è stato un delicato gioco di equilibri tra le esigenze dell’uomo e della natura. Ogni decisione, inoltre, ha influito sulla fattibilità e sulla qualità del piccolo progetto. L’architettura esprime tutto il suo valore solo quando un edificio permette di riconoscere i benefici dell’ambiente circostante e quando racconta una storia. Così il bivacco da lontano sembra mostrare la via e con la sua forma e la sua ampia vetrata frontale orienta lo sguardo degli escursionisti verso la vetta di 4000 metri, l’ultima che Claudio Brédy ha scalato prima di morire. In questo modo gli ospiti del bivacco sono perennemente a stretto contatto con la natura. Due finestre premettono di volgere lo sguardo verso est per osservare l’alba e verso ovest per ammirare i tramonti. Oltre ai sei posti letto, il bivacco offre una zona pranzo e una sala lettura, uno spazio per riporre l’attrezzatura ed elettricità prodotta dai pannelli solari. Rivestita internamente con legno non trattato, la baita trasmette un senso di protezione e stupisce comunque per l’alta qualità dei materiali. Per i tre architetti, che dopo la costruzione del bivacco continuano a firmare insieme i loro progetti con il nome di BCW Collective, si tratta di un “minimalismo riferito a una sostenibilità specifica del luogo e a una funzionalità ridotta all’essenziale”. Hanno costruito il bivacco in modo tale da poter essere smontato e rimosso dal luogo in cui sorge, sulle montagne, senza lasciare traccia.

 

Le emozioni di un incontro

Per la realizzazione del bivacco Brédy, nel Vallone di Vertosan, sono stati coinvolti gli specialisti della ditta Chevenier del comune di Charvensod in Val d’Aosta, che hanno unito le loro competenze per creare un piccolo progetto, bello ed emozionante. L’incarico di costruire il bivacco Brédy è stato molto importante, ci spiega Luca Frutaz, a capo dell’azienda di carpenteria e lattoneria Chevenier. “Abbiamo potuto dimostrare che la nostra azienda è in grado di eseguire lavori molto complessi in condizioni estreme ed entro ristretti limiti di tempo.” Inoltre, per Frutaz è stato quasi come conoscere in persona il carismatico Claudio Brédy, perché per la famiglia che ha commissionato l’opera e per gli architetti di BCW Collective il bivacco è stato molto importante e legato a tanti ricordi.

Un lavoro da specialisti

La costruzione di bivacchi di alta montagna comporta degli interventi piccoli, ma per questo molto complessi che richiedono un enorme sforzo organizzativo. Per la riuscita dell’opera sono stati determinanti i macchinari CNC, l’alta specializzazione del personale e un reparto tecnico interno all’azienda. Per superare le sfide poste dall’ubicazione, i lattonieri hanno prefabbricato il bivacco Brédy interamente in officina per poi suddividerlo nelle otto parti che sono state trasportate in elicottero. 240 kg di alluminio sono così arrivati su in montagna a 2530 metri di quota, con il trasporto delle parti effettuato in un unico giorno, a cui è seguito il successivo assemblaggio in loco. Gli ultimi ritocchi e i raccordi mancanti sull’involucro esterno dell’edificio sono stati completati impiegando Prefalz il giorno successivo. “Prefalz è molto leggero e incide, quindi, molto poco sul peso del trasporto”, così descrive Luca Frutaz i vantaggi del materiale, “è semplicissimo da lavorare, anche in cantieri complessi come può essere in alta montagna, dove ci sono sempre basse temperature. L’alluminio non si rompe quando viene piegato, nonostante le temperature si avvicinino allo zero termico”.

 

L’architettura come risposta

Là dove non si arriva con gli automezzi, c’è bisogno di un’organizzazione impeccabile e le competenze dell’installatore devono essere eccellenti, poiché non si possono impiegare macchinari per la lavorazione come avviene invece in fabbrica. “L’alluminio è sì leggero” continua Frutaz illustrandoci le altre sfide da affrontare in alta montagna, “ma durante il trasporto in elicottero può danneggiarsi. Abbiamo quindi dovuto essere molto cauti durante il trasporto per proteggere il materiale e per non rischiare di dover organizzare altri voli in elicottero.”

Frutaz è un tecnico, un ingegnere. Gli piacciono le cose belle come quelle efficienti, funzionali e durevoli. Il fatto che si parli del bivacco sulle pagine delle riviste e nell’ambito di conferenze lo riempie di orgoglio; ma è ugualmente importante per lui che il bivacco piaccia agli escursionisti e alpinisti, perché significa che risponde perfettamente alle esigenze dei fruitori. “Proprio per questo motivo è per me essenziale cooperare con degli ottimi architetti, che sappiano guardare oltre l’aspetto estetico. Solo così un progetto riesce in modo perfetto, perfettamente riuscito come il bivacco di Claudio Brédy.”

Per qualsiasi informazione:

ALESSANDRO PORRU (consulente tecnico)

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