SONGAVAZZO – A causa dei cinghiali ridotto di 100 quintali il raccolto del mais ‘Rostrato rosso di Rovetta’ – Bruno Covelli: “E i bei prati verdi non torneranno”

679

In questo caso la colpa non è del famigerato Covid-19. Non sono state i limiti alle attività economiche – che del resto per l’agricoltura non valgono dal momento che si tratta di un’attività primaria – a rovinare gran parte del raccolto del pregiato mais “Rosso rostrato di Rovetta” che Davide Covelli, titolare dell’azienda “Ca’ di Lene”, coltiva nei suoi terreni. Sono stati i cinghiali, sempre più numerosi ed aggressivi, che da anni scorrazzano pressoché indisturbati anche in quella zona. “E pazienza se queste bestie se ne nutrissero soltanto – dice Bruno Covelli, che nonostante l’età da pensione continua a dare una mano al figlio nell’azienda – invece spezzano la pianta, ne rosicchiano a metà, e nemmeno sempre, la pannocchia, e passano subito a spezzarne un’altra …Un vero macello. Abbiamo calcolato che quest’anno, a fine raccolta, mancano all’appello ben 100 quintali di prodotto: una piccola parte  è stata rubata dai soliti ignoti che vogliono farsi la polenta gratis, ma sono i cinghiali ad aver fatto il danno maggiore, un danno decisamente notevole, se si calcola che poi la pregiata farina ricavata dal  “Rosso Rostrato di Rovetta” viene commercializzata a circa 4 euro al chilo…”. Una piaga, la presenza dei cinghiali, che le cosiddette ‘norme per il contenimento’ non riescono affatto a ‘contenere’: “La legge dice che il contadino può abbattere questi animali solo se dotato di una particolare carabina, del costo di 5.000 euro, della relativa licenza – dopo aver frequentato appositi corsi  – e per giunta solo se accompagnato da una guardia provinciale. Ma le guardie provinciali sono pochissime, 5 per un territorio vastissimo, tutta l’Alta Valle Seriana e la Val di Scalve. Loro fanno anche troppo e bisogna ringraziarle , escono anche di notte perché è di notte che i cinghiali vanno in giro, ma pur con tutta la buona volontà non possono fare miracoli…Il vero disastro sono quelli che scrivono queste leggi senza conoscere per nulla la realtà dell’ agricoltura di montagna”. Ma la presenza dei cinghiali sulle nostre montagne non si limita a rovinare i raccolti: Covelli mi accompagna in località ‘Ronco bianco’, una splendida zona prativa che domina dall’alto l’abitato: “Splendida era una volta – commenta amaro Covelli – perché adesso buona parte dei prati è rovinata, con la cotica erbosa irrimediabilmente compromessa: le vaste chiazze marroni aperte nei prati segnalano buche talmente  profonde da non poter più essere utilizzati perché lì lo sfalcio dell’erba è ormai impossibile…

SUL. NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 20 NOVEMBRE

pubblicità