ROVETTA -Morgan, il papà Flavio, il covid, quelle ceneri ‘sparite’ per mesi e la rinascita. “Potevo denunciare, ho preferito aiutare chi è come me”

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Morgan ha gli occhi di chi sul mondo si affaccia con lo stesso stupore di quando è partito per gli States, il sogno americano, sono passati un po’ di anni ma il sogno rimane. Morgan fa il grafico (qui ad Araberara) e il fotografo, la passione gli è arrivata dritta da papà Flavio Marinoni, un vulcano di vita e di arte. Flavio se ne è andato in cielo un giorno di fine marzo, il 29, questo maledetto marzo, covid. La storia di Morgan, Flavio e Renata l’abbiamo raccontata ma mancava il finale, un the end che Morgan ha fatto di tutto per scrivere con le parole giuste, quelle che riportano Flavio a casa, da lui e da mamma Renata. In mezzo c’è davvero di tutto, c’è l’altra faccia del covid, quella che non tutti mostrano o hanno voglia di mostrare, quella che andiamo raccontare qui, in queste pagine. “Era il nove marzo – comincia Morgan – quel giorno papà Flavio e mamma Renata cominciano a non stare bene, hanno qualche linea di febbre, ma non sembra niente di più, lo scorso anno poi loro due erano stati male in quel periodo per un’infezione polmonare virale ed erano stati tutti e due in ospedale, magari è qualcosa di simile. Chiamo il medico, dice di prendere vitamine, frutta e tachipirina”. Non avete pensato al covid? “Anche però respiravano bene, io invece ero stato male un paio di giorni a febbraio, febbre e dolori, un’influenza normalissima”. Passano i giorni, mamma Renata comincia a stare meglio: “Invece papà aveva sempre febbre, tutti i giorni, non passava, prendeva la tachipirina, scendeva un po’ e poi tornava alta, controllavo ogni due ore, non voleva mangiare, cominciava ad essere apatico, lui che invece era un’ira di Dio. Io intanto faccio la spesa, sto attento a tutto, disinfetto, pulisco, cucino cose leggere, cerco di motivare il papà, cerco di pranzare tutti e tre insieme, ma papà comincia a isolarsi sempre più, il respiro mi sembrava buono, la febbre però non passa, gli metto il ghiaccio sulla testa, gli chiedo di bere acqua, cambio le lenzuola ogni giorno per farlo sentire pulito e tutto in ordine, mentre mangia o si sforza di mangiare qualcosa, faccio prendere aria alla stanza, pulisco, intanto sale il panico, paura… però mantengo la calma cerco di fare bene le cose, quando arrivo a letto, piango perché non voglio vedere il mio papà così… lui era una persona creativa che si metteva e si inventava qualcosa, qualsiasi cosa e vederlo era terribile, gli metto anche ipad con i rally, era una delle sue passioni, niente, non vuole vedere neanche quelli. Non migliora, parlo con mamma e decidiamo di chiamare il 118”. E’ il 22 marzo: “Arriva il medico, sospetta infezione polmonare, papà ha l’ossigenazione bassa, ci prescrive antibiotico e ci dice di prendere una bombola d’ossigeno, la cerco ovunque ma niente da fare, non si trova da nessuna parte. Richiamo il 118, papà deve andare in ospedale, lo guardo e mi metto a piangere, lui mi guarda, mi prende il braccio e me lo stringe, mi fa forza, proprio qui, dove mi ha stretto ho voluto farmi questo tatuaggio (Morgan mostra il tatuaggio) un simbolo che indica protezione, lo usavano i vichinghi quando andavano in guerra. Lui mi guarda e mi protegge, lo sento con me”. Arriva l’ambulanza: “Lo portano a Piario, non lo vedrò mai più, il 23 riesco a parlarci, respirava a fatica ma mi diceva di stare tranquillo, che stava bene, non voleva farci preoccupare. Il giorno dopo richiamo Piario per sapere come sta e forse per il trambusto che c’era non sono stati molto gentili, non riuscivamo a sapere nulla, poi ci dicono che è stato portato a Milano perché a Piario era per terra su un materassino, non c’era posto. Intanto sparisce il cellulare di papà, non lo abbiamo più trovato…

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