Quell’atto vandalico alla nostra redazione

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Araberara ora. Stamattina. Ce la siamo ritrovati così. Atto vandalico, si dice così? Io che sono di vecchia scuola direi altro, ma va beh… Cinque anni fa qui, proprio qui, è esploso il covid, siamo rimasti in trincea in questa redazione di provincia attaccati alla vita e alla speranza.
Abbiamo visto morire non decine ma centinaia di persone che conoscevamo, gente che passava di qui tutti i giorni, ex sindaci, preti, amici, imprenditori, studenti, anziani. E siamo rimasti qui, ad aspettare che finisse la buriana, ogni giorno, a raccontare, a dare spazio ai ricordi di chi non c’era più e non poteva avere nemmeno un funerale.
E allora abbiamo deciso di aprire le pagine a tutti, gratuitamente: sono arrivate centinaia di ricordi, di foto, di saluti e abbiamo dato spazio a tutti (40 pagine di memorie in due numeri).
Era cominciato una mattina dei primi di marzo, quando alla porta della redazione era comparso un anziano, con in mano la foto di sua moglie, l’uomo, tremante, con la mascherina e gli occhi lucidi, ci aveva raccontato che non l’aveva potuta nemmeno salutare, che non aveva potuto fare il funerale, che era come se non fosse mai esistita. E non era giusto. Voleva sapere cosa costava pubblicare un ricordo. Ci siamo guardati e abbiamo deciso di aprire il giornale a tutti, liberi di raccontare e salutare. In fondo chi fa questo mestiere come me da decine di anni, non lo prende come un lavoro ma qualcosa di diverso, che va oltre gli orari, oltre gli stipendi, oltre le minacce, oltre tutto. Questi ricordi sono diventati un libro scritto a centinaia di mani ‘Lo Spoon River al tempo del covid’, un volume di 215 pagine.
Quest’anno sono 5 anni da quei mesi disastrosi e disastrati e in questi numeri stiamo raccontando i ‘sopravvissuti’ del covid, chi è rimasto in coma o in ospedale per mesi e poi è tornato finalmente a casa.
Ecco, queste scritte che ci siamo ritrovati stamattina arrivano da lì, da chi non gradisce la memoria, da chi nega l’evidenza, nega la storia.
Ma non importa. Ad agosto compirò 80 anni, da una vita sono qui che racconto e ho sempre tenuto la schiena dritta, come i miei giornalisti, molti avrebbero potuto andare altrove a rischiare molto meno, perché in una redazione come la nostra si rischia sempre tanto, ma siamo rimasti qui a raccontare, documentare e soprattutto a restare liberi.
Sempre liberi. E continueremo ad esserlo, Anche dopo questa mattina. Il fatto, da quello che ci dicono, è successo all’1.37, inutile dire che se qualcuno ha visto qualcosa ce lo faccia sapere. Noi intanto torniamo a fare quello che cerchiamo di fare, con la stessa libertà di ieri e di sempre.
Anche oggi.
Il direttore Piero Bonicelli

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