Quel giorno che Castione sposò la Presolana e l’amore di Vincenzo Mollica per questi luoghi: “I boschi capaci di ridurre le ansie della vita e del lavoro”

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di Guerino Lorini

Scontato che sentieri e tratturi di montagna sono preziosi contenitori d’antica civiltà contadina, fatiche, orgoglio, storie e leggende, di conseguenza il prestigio di una località turistica dipende anche dal modo in cui si sanno valorizzare e renderli in grado di raccontarsi. Soprattutto se riguardano la montagna regina delle Orobie. Tra storia e fantasia a combinare il singolare sposalizio è il Decreto del 28 giugno 1863 a firma del Re d’Italia Vittorio Emanuele II, il quale, per evitare confusioni e facilitare i censimenti della popolazione italiana imponeva ai paesi e città che avevano lo stesso nome di diversificarsi aggiungendo un secondo toponimo. Per inciso, a quel tempo di Comuni che si chiamavano Castione in Italia ce n’erano sei. Il nome di “Castione della Presolana” fu la scelta migliore sotto ogni punto di vista, non sarebbe stato così se tra le varie proposte si fosse deciso: “Castione di Borlezza”, “Castione di Scanapà, “Castione di Cornetto,” “Castione di Visolo”. Alla cerimonia nuziale, sua maestà la sposa, oltre alla rara bellezza, aveva portato in dote un patrimonio di inestimabile ed inesauribile valore paesaggistico, naturalistico, turistico ed economico. Da parte sua lo sposo non si era presentato a mani vuote. Tutt’altro. Aveva la ricchezza di una comunità operosa le cui lontane origini celtico-camune sono confermate dalle numerose sepolture riportate alla luce. Tra i reperti più recenti destinati al tanto annunciato Museo Archeologico che due privati cittadini hanno dato in custodia all’allora sindaco Angelo Migliorati, una settantina di frammenti di vasellame d’uso domestico appartenuti a tre lontane etnie, ed un rarissimo medaglione risalente all’età del rame, a circa 5mila anni fa, i cui fori, si ipotizza, identificavano il ruolo che il possessore svolgeva nell’ambito del suo villaggio.

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