Quando l’avevamo ascoltato immediatamente a ridosso della sua esperienza di Covid – la sua Via crucis era iniziata proprio agli inizi di marzo, nel pieno della pandemia- il dott. Roberto Sala, di origini monzesi ma con casa anche a Premolo, aveva 69 anni e da decenni era medico di base a Ponte Nossa e a Premolo. Ci aveva detto di aver ‘attraversato l’inferno‘ e di non esserne ancora uscito e anche di aver sottovalutato, da medico, la malattia perché non aveva mai avuto mancanza di respiro: “All’inizio, proprio il primo giorno di marzo 2020 avevo avuto episodi di febbre intermittente durati una settimana: passavo dai 39 gradi ai 37,5, pensavo ad un’influenza. Allora avevo chiesto di essere sostituito e il venerdì ero tornato a casa, come facevo ad ogni week-end (ad Agrate il dott. Sala ha la moglie e due figlie ormai grandi, n.d.r.), stando però alla larga dalle mie donne perché qualche dubbio cominciavo ad averlo, visto che qualche tempo prima avevo visitato un paziente che sospettavo positivo al Covid 19 senza mettermi né mascherine né guanti ed aspettavo l’esito del tampone che avevo richiesto per lui…La domenica però ero ripartito per Premolo: ancora febbre, adesso sempre sui 39/40, per cui decisi per conto mio di mettermi in quarantena. Un’altra settimana, davvero terribile, in cui mangiai un panino e un paio di hamburger che mi facevano schifo, al punto che solo all’idea di dover mangiare e bere qualcosa stavo peggio. Dopo di che chiamai l’ATS chiedendo che mi fosse fatto un tampone, arrivato tre giorni dopo con esito positivo. Di qui il ricovero in ospedale, a Piario, ‘portato giù’ a braccia dalle scale di casa perché ero completamente senza forze e continuavo a svenire.”.
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