PREMOLO – Giacomo, cinque anni dopo il Covid: “Ero tornato dal turno in fabbrica, saturazione crollata a 55, ospedale, tracheotomia, aggrappato alla vita, e ora sono tornato a cercare funghi, a suonare il mio clarinetto e tifare Juve”

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Giacomo di Premolo si racconta cinque anni dopo il Covid

di Luca Mariani

«Era dodici anni che non facevo un giorno di malattia. Pensavo di non ammalarmi. Pensavo fosse solo poco più di un’influenza. Ero tranquillo perché dicevano colpisse gli anziani o le persone già malate. Mi sembrava un po’ esagerato quello che si stava facendo tra lockdown, mascherine e distanziamento.» Fino ad inizio marzo del 2020 Giacomo Benzoni è al lavoro, è l’elettricista della Radici group di Villa d’Ogna. Ha 52 anni e il fisico sano di chi ama camminare in montagna, alla ricerca di funghi o per respirare l’aria pura che gli serve per suonare il suo clarinetto.

Però la sera di giovedì 12 marzo torna a casa dopo il turno in fabbrica e ha più di 38 di febbre. La moglie Manuela, da buona operatrice socio-sanitaria, organizza subito la camera matrimoniale isolata per lui. Però nella notte tra martedì e mercoledì inizia ad avere grosse difficoltà a respirare: «La mattina dopo è arrivata la Croce rossa qui a casa a Premolo.» Racconta Manuela, seduta dirimpetto a Giacomo, avvolto nella felpa nera della Juventus, che conferma di non ricordarsi bene di quei giorni: «La prima volta che l’ho chiamata e mi hanno risposto che non c’era nessun posto né per venire a prenderlo, né come posti letto. Io ero sconcertata. Ho richiamato e mezz’ora dopo è arrivata. Non sapevano dove portarlo. Aveva solo 55 di saturazione, pensavano morisse, anche se non l’hanno detto.»

Così Giacomo viene portato all’ospedale di Piario. «È stato messo dove di solito c’è il parcheggio delle ambulanze, all’ingresso del Pronto soccorso. Lì avevano creato dieci posti letto per l’emergenza. Quella sera abbiamo fatto una videochiamata e sembrava stesse meglio rispetto alla mattina. Però era quello con la saturazione più bassa. Il giorno dopo mi ha scritto un messaggio incomprensibile, si vede che gli arrivava proprio poco ossigeno al cervello. Parlando con il personale sanitario poi ho capito che gli avevano messo il casco e non avrebbe più parlato con me, avrei dovuto contattare i dottori.» Allora la moglie il giorno seguente chiama l’ospedale negli orari consentiti, dalle 12.30 alle 14.30. Ma le notizie non sono buone: «Mi hanno detto che non era stabile e l’avrebbero intubato. Se non c’era Piario, Giacomo Benzoni non sarebbe qui. Il sabato sera, poi, la dottoressa mi ha chiamato e mi ha detto che non riuscivano a mantenere la pressione e che il primo posto che avrebbero trovato sarebbe stato per lui. Io ho risposto che saremmo andate avanti a pregare.»

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