“Nell’estate 2020, quando sono tornato a casa dopo cinque mesi di ospedale e aver rischiato di morire a causa del Covid, sono stato accolto dai miei familiari e dai vicini come se fossi rientrato dalla guerra, proprio come un reduce…”.
E, in effetti, Piero Pulcini, nembrese di Viana, è uno dei reduci di quella sorta di guerra che ha sconvolto il mondo intero nel 2020; e che, in particolare, ha colpito duramente la Valle Seriana.
Di Piero, che quando è esplosa l’epidemia di Covid aveva 64 anni, si è parlato per i suoi cinque lunghi mesi di ospedale, passati a Varese e Trescore Balneario.
Cinque mesi in ospedale
“Sono stati mesi interminabili, per me ma soprattutto per i miei cari, perché io ho passato due mesi in coma e quando mi sono risvegliato non ero molto lucido; perciò, solo in un secondo momento mi sono reso conto di cosa avevo vissuto e di quello che era capitato a causa del Covid”.
Piero riavvolge i nastri della memoria e torna indietro di cinque anni, al febbraio 2020.
“Ho avuto i primi sintomi il 17 febbraio. Per una settimana ho avuto la febbre alta e mi sembrava veramente di morire. Dicevo a mia moglie: ‘Questa non la porto fuori’. I farmaci non mi facevano calare la febbre, che restava a 39. Poi, a un certo punto, mi sono permesso di telefonare in ospedale dicendo che stavo male e un’ambulanza mi ha portato al Pronto Soccorso di Seriate. La scena era allucinante: ricordo il corridoio pieno di barelle a destra e sinistra; la gente non veniva più accettata perchè non c’era più posto. Sono poi andato in coma e mi hanno trasferito all’ospedale di Varese, dove ho trascorso due mesi tra terapia intensiva e subintensiva”.
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