la storia /2 – cenate sopra La vera storia di mio nonno Giovanni Carminati, attendente di Papa Giovanni

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Da carceriere a grande amico, la seconda guerra mondiale è fatta anche di questo, di incontri casuali che nemmeno la guerra e la lontananza riesce a spezzare. Questa è la storia di Giovanni Carminati, soldato durante il secondo conflitto mondiale che in pochi anni passò da due fronti, quello greco e quello africano, conobbe Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII e finì in un campo di prigionia.


Qui conobbe Anton, la persona per la quale fu impiegato come ‘prigioniero lavoratore’ nei pressi di Mauthausen e che divenne suo grande amico, tanto da raggiungerlo dopo la guerra da Cenate Sotto, suo paese natale, in Lambretta. Una storia tracciata grazie al lungo lavoro di Barbara Avallone, nipote di Giovanni che ha voluto ripercorrere la storia del nonno.

Giovanni Carminati era soprannominato da piccolo “stròpa”, che significa in dialetto la “ritorta” fatta di rami di alberi il cui legno sia flessibile poiché era alto, magro e svelto, (Da adulto invece in paese lo chiamavano “Gioanì di bande nere” perché era stato in cella 2 giorni per la vendita di grappa sotto banco) e proveniva da una famiglia di contadini bergamaschi, figlio di Massimino e Teresa Brembati, primo di 6 fratelli, 3 maschi e 3 femmine.

Giovanni nacque in una cascina di Cenate Sotto il 15 febbraio del 1922. “Nonostante la sua terza elementare – spiega la nipote Barbara Avallone – allora nel suo paese la scuola terminava con la terza, si sarebbe dovuto recare a San Paolo d’Argon per continuare, sapeva sia leggere che scrivere, uomo umile e di buona volontà, fisicamente poteva ricordare un po’ Walter Chiari, alto, magro, occhi cerulei ed i capelli sempre tenuti in ordine con la brillantina”. Una famiglia come molte altre quella di Giovanni Carminati in una Cenate Sotto che si basava soprattutto sul lavoro nei campi, sulla mezzadria con la coltivazione di frumento vite e qualche ulivo. Nella cascina della famiglia Rota oltre ai padroni, vivevano accanto due famiglie quella di mio nonno e quella dei cugini e lavoravano tutti insieme gli ulivi della collina di proprietà dei Rota come mezzadri. La cascina poi è stata acquistata dall’Ing. Galli – azionista della SACE. Il nonno era una persona molto generosa, si dava molto per la famiglia. Una volta salvò anche la sorella più piccola Mirella da un attacco di appendicite portandola a sue spese dal medico”. (…)

SU ARABERARA IN EDICOLA PAG. 7

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