LA CALDA ESTATE DEI SINDACI A FINE MANDATO – ALZANO LOMBARDO – Camillo Bertocchi e quell’amore sbocciato al ristorante “Laura faceva la cameriera e io andavo lì a pranzo, poi ci siamo sposati. Mio papà muratore mi portava a lavorare in cantiere perche ‘Ghè sèmper vergòt de fa’. La passione per la Juve e l’hard rock, i tagliolini ai gamberoni e la polenta taragna col brasato”

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Quella di Camillo Bertocchi è una vita intensa e ricca di impegni, scandita dallo scorrere placido delle acque del fiume Serio. Una vita che si condensa in una manciata di chilometri, tra Alzano Lombardo (la cittadina in cui è nato, ha vissuto la sua giovinezza e di cui è sindaco da cinque anni), Nembro (dove abita con moglie e figli) e Gazzaniga (dove lavora da ben 24 anni). Lo incontriamo proprio qui, nell’Ufficio Tecnico del Comune di Gazzaniga, di cui è responsabile.

Camillo si appoggia allo schienale della sedia e riavvolge i nastri della memoria. Torna indietro di 45 anni, quando è nato ad Alzano Sopra, una delle frazioni che fanno parte del Comune alzanese. Abbozza un sorriso.

Ad Alzano è bene specificare a quale località si appartiene, perché c’è ancora oggi un senso di appartenenza piuttosto forte, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto parrocchiale. Questo rappresenta una ricchezza per la nostra città, perché ci sono tante feste, tante tradizioni radicate nelle varie località del territorio comunale alzanese. Passiamo però agli anni della mia infanzia. Mio papà Angelo è di Alzano Sopra ed era orgogliosamente muratore; mia mamma Emma è di Lonno ed era casalinga. Io sono stato figlio unico fino a 11 anni, quando è nato mio fratello

Francesco; poi 10 anni dopo è nata mia sorella Elisa”.

Figlio unico fino a 11 anni… come avevi accolto l’arrivo del tuo fratellino? “Io ho sofferto il fatto di non avere fratelli… tutto li avevano e io invece no. Questo mi faceva soffrire. Quando è nato Francesco, ero già grandicello, andavo alle Medie, quindi non è stato per me il fratello con cui giocare perché c’erano troppi anni di differenza tra noi. C’era e c’è comunque un grandissimo affetto, come pure con Elisa di cui, praticamente, sono quasi il papà. È capitato spesso che quando i miei fratelli avevano qualcosa di cui confidarsi o di cui chiedere un consiglio – spiega Camillo – venissero da me, proprio perché ho molti anni in più di loro, anche se, ovviamente, andavano anche dai nostri genitori. La mia parola è sempre stata importante per loro e questo mi fa piacere”.

Tu sei di Alzano Sopra, frequentavi quindi la Parrocchia, l’oratorio e le Elementari della tua frazione? “Sì, nel giro di 100 metri io avevo tutto: chiesa, oratorio e scuola. Sono cresciuto decisamente in oratorio perché da bambino uscivo di casa con il pallone e correvo là per raggiungere gli amici e giocare a calcio. Ho fatto il chierichetto ed ho vissuto tutta la mia adolescenza in oratorio… e di questo sono orgoglioso. Riconosco la grande importanza che ha avuto per me l’esperienza dell’oratorio, che mi ha aiutato a crescere e mi ha trasferito tanti valori che sono stati fondamentali per me. Penso che anche il mio impegno civico ed amministrativo sia legato alla mia esperienza in oratorio, prima come bimbo che giocava, poi come animatore nei centri ricreativi, nel gruppo giovani o nell’organizzazione di eventi”.

Come sono stati i rapporti con mamma e papà? “Mio papà da un lato è una persona molto simpatica, ha sempre la battuta pronta ed è un compagnone; dall’altro è piuttosto rigido e io l’ho sempre trattato con grandissimo rispetto, è un grande lavoratore che mi ha trasmesso il senso del dovere e della responsabilità. Fin da bambino mi portava in cantiere a lavorare…”.

A lavorare? “Sì, anche quando avevo finito le Superiori e lavoravo, il sabato era per me un giorno di riposo. Però mio papà entrava in camera e mi diceva: ‘In piedi!’ e io gli dicevo: ‘Non c’è niente da fare’. E lui: ‘Ghè sèmper vergòt de fa’. Mi ha trasmesso quindi un forte senso del dovere ma anche un senso di responsabilità. Infatti, durante le vacanze estive, andavo a lavorare e il papà mi lasciava tutti i soldi che guadagnavo. Mi diceva: ‘Me ta dò negòt, chèsti i è i tò solcc, rànges’. Mi dovevo organizzare tutto l’anno, non era facile, ma mi ha aiutato molto a programmare e a dore valore ai soldi. La mamma era invece la classica casalinga, anche oggi esce poco di casa. Quando ero adolescente, non ero mai a casa, ma uscivo sempre, quindi i miei li vedevo poco, Poi, purtroppo, si sono separati 10 anni fa”.

Hai sofferto per la loro separazione? “Non l’ho presa bene, mi dava fastidio, anche se io ero già sposato e quindi non vivevo più con loro. Quella che ha sofferto di più è stata mia sorella, che aveva solo 15 anni. Adesso però le cose si sono sistemate…”.

Con quale dei due genitori ti confidi di più? “Il rapporto più diretto ce l’ho col papà. Se ho bisogno di un consiglio vado da lui. Nei momenti difficili le sue parole sono state fondamentali… questo me lo ricorderò sempre”.

I nonni sono figure particolari, con cui si ha spesso un rapporto unico di cui si ha nostalgia anche quando sono passati molti anni dalla loro morte. Avevi un rapporto speciale con qualcuno dei tuoi nonni? “Purtroppo no e questo mi dispiace; spesso ci penso perché mi è mancato questo rapporto di intimità che tanti invece hanno con i nonni, soprattutto se vivono nella stessa casa. Il fatto è che i miei nonni paterni sono morti prima che io nascessi, mentre i nonni materni vivevano a Lonno e li vedevo solo la domenica; gli volevo bene, ma non è la stessa cosa avere i nonni in casa e vederli tutti i giorni o andarli a trovare solo una volta alla settimana. Devo dire però che un rapporto speciale l’ho avuto, pur non avendolo conosciuto, con mio nonno paterno, che si chiamava Camillo Bertocchi, come me. Forse è proprio per questo che ho sentito questo legame. Mi è sempre piaciuto sentire le persone che mi parlavano di lui. Il nonno era muratore e non aveva le gambe dall’età di 42 anni, ma aveva comunque continuato a lavorare, si era trasformato in piastrellista e lo mettevano sui ponteggi a intonacare. È morto il 2 gennaio 1960 a 52 anni, il giorno in cui se n’è andato Fausto Coppi. Ho sentito un sacco di persone parlare di mio nonno, quindi è come se l’avessi conosciuto anche se è morto 16 anni prima della mia nascita”…

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