VALCANALE: una discarica abusiva sotto il piazzale dell’albergo “Sempreneve” TONNELLATE DI SCARTI DI MOQUETTE

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    Tonnellate di scarti di moquette sotto la montagna in Valcanale. La discarica abusiva è lì, sotto il piazzale degli impianti dismessi. Che il vero problema non sono gli impianti dismessi ma la bomba ecologica che da anni è lì sotto, ad aspettare che qualcuno intervenga, quel qualcuno che non interviene mai. Una storia che comincia un mucchio di anni fa, tanti, troppi. “E’ cominciato tutto con le segnalazioni dei cittadini – racconta Mario Zamboni, responsabile del WWF bergamasco – poi si è formato un Comitato spontaneo e sono cominciate le denunce, era il 1973 e siamo ancora qui ad aspettare che si muova qualcosa”. A muoversi però sono stati solo i camion pieni di scarti di moquette che hanno riempito migliaia di metri cubi di vuoto, creato ad arte per fare posto a quelle cose che il posto non devono averlo, almeno alla luce del sole. “E le costruzioni che sono nate sopra – continua Zamboni – cioè gli impianti e tutto il resto erano illegittime, licenze edili da annullare o addirittura nella gran parte dei casi non c’erano nemmeno mai state. Nessuno si è preoccupato di annullare quelle licenze”. Documenti, carte, denunce, erano gli anni ’70, siamo nel 2012, gli scarti di moquette sono ancora lì: “Noi – continua Zamboni – come WWF nel 1977 abbiamo presentato una denuncia alla Pretura di Clusone per opere abusive e per la discarica, chiedevamo alla Pretura di indagare, nessuno ha fatto niente, tanto che io ricordo che allora in un’intervista radio alla domanda su quale fosse l’emergenza ecologica più grossa risposi il pretore che lasciava andare in prescrizione le denunce senza fare nulla, ricordo che mi chiamò e minacciò denunce che naturalmente non fece”. E in Valcanale cosa è successo? “Che i lavori abusivi sono stati fatti senza che nessuno dicesse niente, addirittura hanno costruito la strada che era in una posizione già dichiarata inagibile per le valanghe, bene, loro l’hanno fatta ugualmente, non è mai stata dichiarata agibile ma la gente continua ad usarla anche adesso”. La questione discarica viene segnalata all’inizio degli anni ’80, il sindaco era Guido Fornoni (poi presidente della Comunità Montana) e scoppia il bubbone: “Il presidente della Valcanale Spa era Miro Radici che il 30 agosto del 1976 aveva richiesto alla comunità montana l’autorizzazione all’ampliamento del piazzale dell’albergo; a quell’epoca risalgono i lavori di realizzazione del piazzale, nel corso dei quali è stata creata la discarica con materiale che, con ogni probabilità, proveniva dagli scarti di lavorazione della Radici”. In mezzo denunce e proteste, da Valcanale alla Regione, voci che si alzavano e carte che volavano ma niente da fare: “Ci furono denunce per irregolarità, i terreni venduti erano soggetti a vincoli ambientali e non potevano fnire come invece sono fniti. Già nel 1973 fu segnalata la prima irregolarità sulla vendita dei terreni, bastava annullare l’atto di compravendita e tutto sarebbe tornato come prima”. Sarebbe toccato al Comune fare la procedura e annullare la compravendita. “E invece niente di niente, le varie amministrazioni che si sono succedute negli anni non hanno mai fatto niente per risolvere la situazione, per non parlare dell’inerzia assoluta della magistratura a Bergamo”. La discarica lì sotto adesso sta stretta, spinge e sgomita, basta fare un giro sopra Valcanale per accorgersi che il materiale comincia ad afforare: “E nessuno ne ha mai ordinato il ripristino – continua Zamboni – e a tutti gli effetti è una discarica abusiva e i sindaci che ci sono succeduti, anche se di diversa estrazione politica, si sono comportati tutti allo stesso modo, da Yvan Caccia a Giorgio Fornoni, quando gli abbiamo detto cosa strada succedendo ci hanno risposto che non sanno cosa fare, che il Comune non ha i soldi per bonifcare, che non è più terreno comunale. Ma basterebbe risalire ai proprietari e quantomeno confscare loro le proprietà perché comunque le licenze erano illegittime”. Di tempo ne è passato, tanto, troppo: “I reati ambientali adesso sono prescritti – continua Zamboni – ma continua ad esserci l’omissione degli atti d’uffcio, adesso per il sindaco Alberto Bigoni, tutti i sindaci non hanno mai fatto nulla per sanare la cosa, ma il primo responsabile della salute pubblica è proprio il sindaco”.

    “Si parlava in paese che sotto il piazzale fossero finiti alcuni camion di moquette ma io non ne ho mai saputo nulla…”

    Dei sogni restano solo dei ruderi. Guido Fornoni successe come sindaco di Ardesio, nel 1975 ad Alberto Zanoletti. Il sindaco che si lasciò incantare dalle sirene del progresso impiantistico che in quegli anni sembrava la panacea di tutti i mali della montagna. “Ricordo tutto di quegli anni, prima che fossi eletto sindaco non avevo cariche amministrative. Il sindaco dell’epoca Alberto Zanoletti, il suo vice il dottor Italo Moioli, l’assessore il signor Mario Mazzoleni, avevano avviato la stazione sciistica di Valcanale e già venduti i terreni comunali. Bisogna ricordare che non c’erano strumenti urbanistici, arrivarono proprio in quell’anno con il “Programma di Fabbricazione” (l’antenato dei futuri Prg e adesso dei Pgt – n.d.r.). Ricordo che la Regione intervenne sospendendo le due licenze edilizie chieste dalla società Valcanale s.r.l, per la costruzione di due alberghi, uno a Pià Spiss, il Sempreneve, e uno in Alpe Piazza all’arrivo della seggiovia. Mi ricordo che la stragrande maggioranza della popolazione era favorevole”. Ma tu sapevi che sotto il piazzale dell’albergo hanno scaricato gli scarti di moquette? “Negli anni successivi ci fu in giro la voce, ma sincera mente non abbiamo mai avuto riscontri”. La società Valcanale s.r.l. si presentò ad Ardesio e propose all’amministrazione comunale di fare degli impianti. Il Comune nel 1972 vendette 247 ettari, una montagna intera, a questa società. Ma sapeva che era vincolata dagli ”Usi Civici” e che aveva destinazione agricola? “Come tu dici, le operazioni furono fatte nel 1972, anni prima del mio ingresso in amministrazione”. Ma diventando sindaco nel 1975, ti sei trovato la patata bollente. La Regione già nel 1973 aveva risposto duramente su questa operazione con l’assessore regionale Salvo Parigi. Chi c’era dietro la società? “La ‘Valcanale s.r.l. era, a quel che ricordo, composta da quattro quote, una di Bombardieri, un imprenditore della Valgandino, due quote della famiglia Radici, credo fosse il ramo di Miro o di Gianni Radici, ma non ne sono sicuro e una di un altro imprenditore, Ghilardini. La gestione era stata affdata a Ennio Cappellini”. La presenza dei Radici spiegherebbe anche lo scarico degli scarti della moquette. “Ma di questo, in quei momenti, non se ne sapeva nulla”. E sull’incompatibilità degli impianti su aree vincolate dagli Usi Civici? “Ti racconto un fatto: un giorno, il segretario comunale e l’avvocato del Comune mi vennero a prendere in auto a Romano di Lombardia, dove lavoravo, per portarmi in Regione per un incontro con il Commissario degli Usi Civici. Mi dissero che stavamo andando a firmare un documento con la rinuncia agli Usi Civici su quei terreni, come già deciso dalla precedente amministrazione. Saputo del motivo dell’incontro, dissi che non avrei firmato nulla, se non confermato da una deliberazione del nuovo Consiglio Comunale. Inoltre devo fare una precisazione: da subito l’attenzione di tutti era puntata su quello che si faceva in Valcanale e quindi le irregolarità sarebbero state segnalate. C’è stato del contenzioso con la società Valcanale e con i gestori, ma durante il mio mandato non sono mai arrivati camion con la moquette o la dinamite per far saltare le rocce, come avvenuto in altre parti, dove non c’era il clamore mediatico che ha riguardato la Valcanale. Tutti i lavori rilevanti furono fatti prima del mio arrivo”. Ma gli alberghi per cui era stata concessa la costruzione in zona che lo stesso Programma di Fabbricazione indicava come agricola? “Uno, quello in quota all’Alpe Piazza, non è mai stato costruito, era iniziato lo scavo e c’è ancora il segno; quello in basso, il ‘Sempreneve’, mi risulta sia stato confermato dalla Regione, ma essendo difforme dal progetto iniziale era stata deliberata una sanzione di 80 milioni di lire. Durante il mio mandato furono versati i primi 40 milioni al Comune. Tra l’altro, più di tre anni fa, sono salito a vedere l’albergo, o meglio quello che ne resta a causa del vandalismo che l’ha ridotto ad un rudere”. E lì davanti quella discarica… “Ho visto il piazzale e la parte bassa della pista, con evidenti segni di abbandono. Ma non si vedevano tracce di moquette, se non il materiale distrutto dell’albergo. Se, come mi stai dicendo, emergono adesso, che si provveda. Ho anche visto che il torrente Vallone ha scavato il suo corso, ma con rovina di parte del piazzale”. Anche qui c’era una questione di valanghe, come sulla strada costruita per arrivare agli impianti. Come si poteva autorizzare delle piste in una zona valanghifera? “La strada è stata autorizzata e realizzata prima del 1975 ed era funzionante. Ci siamo all’epoca interessati per migliorare la sicurezza e per alcuni ripristini. In quanto alle valanghe erano vigilate e dichiarate di modesta entità secondo i pareri degli esperti dell’epoca”. Ma gli impianti hanno funzionato fino a che anno? “Se non ricordo male fino al 1998 e devo ricordare che per anni gli impianti sono stati aperti ed hanno rappresentato una occasione di lavoro per molta gente del posto”.

     

    L’EX SINDACO (1995-2004) DI ARDESIO IVAN CACCIA L’EX SINDACO (2004-2009) ANTONIO DELBONO L’EX SINDACO (2009-2010) GIORGIO FORNONI

    “Di una discarica si favoleggiava da tempo. Mai avuto segnalazioni ufficiali

    “E’ una delle cose di cui si favoleggiava già anni fa”. Un altro sindaco di Ardesio, Ivan Caccia (sindaco dal 1995 al 2004) a domanda risponde contrattaccando: “Queste inchieste giornalistiche non fanno bene al territorio”. Sarà, ma se c’è una discarica di scarti di moquette non farà bene al turismo ma probabilmente nemmeno alla salute. Caccia ricorda che tra i proprietari della Valcanale s.r.l. ci fosse anche, oltre a quelli citati nell’intervista a Guido Fornoni, anche Giancarlo Zambaiti “che anni fa acquisì anche le quote degli altri, tranne quelle dei Ghilardini, il cui figlio adesso è il commissario liquidatore della società”. Caccia tra le righe fa trapelare anche l’ipotesi che ci sia un privato che vuole acquisire l’area, con l’onere della eventuale bonifca: “Perché chi è quel Comune che acquisisce un’area del genere e trova poi i soldi per fare la bonifca?”. Veramente sarebbe la società a doverla fare… Ma tu lo sapevi? “Quando ero sindaco non ho mai avuto segnalazioni o denunce ufficiali di una discarica in zona”. Ufficiali. Non “in zona”, in quanto la discarica sarebbe sotto il piazzale davanti all’albergo,… “Ho sentito anch’io solo delle voci, ma per quel che ricordi non mi è mai arrivata alcuna segnalazione e sulle voci non potevo certo, a impianti aperti, andare a fare dei buchi per cercare scarti di moquette”. Quando sono stati chiusi gli impianti? “Nel 1997, quindici anni fa”. Adesso sei presidente del Parco delle Orobie: “Ecco, da presidente posso anticiparti che mi sto interessando proprio alla Valcanale”. Per fare che cosa? “Evidentemente per un recupero idrogeologico della zona. Comunque sto valutando se ci sono le possibilità e le risorse per intervenire”.

     

    TUTTO COMINCIA L’11 MARZO 1972. IL COMUNE DI ARDESIO VENDE 240 ETTARI

    I l Comune di Ardesio con delibera dell’11 marzo 1972 vende 2.400.000 metri quadrati di territorio comunale (240 ettari) che rappresenta tutta la conca dell’Alpe Piazza fno alla cima del Monte Arera, ad una società privata, la Società Valcanale srl, al prezzo di 12 lire al metro quadro (prezzo per i valori di quel tempo molto basso). Vendita perfezionata dal notaio Donati a Clusone il 18 agosto 1972. I terreni venduti erano soggetti a usi civici e quindi inalienabili. L’illegittimità della vendita dei terreni venne segnalata all’allora assessore regionale alla Montagna dottor Giuseppe Giuliani dal dottor Torquato Boncompagni, funzionario dell’Ispettorato Agrario di Bergamo. In quella nota Boncompagni segnalava l’assoluta irregolarità di tutte le opere eseguite dalla Società Valcanale srl in particolare le opere relative alla strada d’accesso all’Alpe Piazza. Il 12 ottobre del 1972 il sindaco di Ardesio Alberto Zanoletti rilasciava alla Società Valcanale srl la licenza per la costruzione di un albergo in località ‘Pia Spis’ e la licenza per la costruzione di un albergo in località ‘Piazza Bassa’ in zona vincolata a ‘Zona Rurale’ dal programma di Fabbricazione del Comune di Ardesio.

    Il 17 dicembre del 1973 l’assessorato regionale all’urbanistica, guidato allora da Salvo Parigi, intimava al sindaco di Ardesio di annullare entro 30 giorni le licenze, pena l’intervento sostitutivo della Regione Lombardia, le licenze però non vennero mai annullate e non ci fu nemmeno però l’intervento sostitutivo della Regione Lombardia. E la Società Valcanale ha continuato ad eseguire sempre senza autorizzazione, sbancamenti per la realizzazione delle piste da sci, alcune in zone soggette ad alto rischio di valanghe che del resto incombono tutt’ora anche sulla strada d’accesso, che realizzata come strada agro-silvo-pastorale è però utilizzata da tutti per transitare, anche se ufficialmente non c’è mai stata l’agibilità. Nel corso degli anni si susseguono denunce da parte del WWF ma anche di cittadini di Valcanale che prendono

    carta e penna e scrivono al pretore: “Alpe Piazza è una delle zone più ricche di tutte le Alpi per quanto riguarda la fora alpina. In particolare si trovano piante endemiche che esistono quindi solo qui e in nessun’altra parte del pianeta. Questa zona, già soggetta a vincolo idrogeologico, è sottoposta a speciale protezione dell’autorità in quanto dichiarata bellezza naturale. Lo stesso piano regolatore comunale classifca la zona come parco naturale, ma tale bellezza naturale è stata alterata mediante lavori intesi a realizzare impianti di risalita e piste per la pratica dello sci. …i sottoscritti segnalano inoltre che questi lavori sono stati intrapresi e vengono tutt’ora condotti in assenza di concessione edilizia comunale e della prescritta autorizzazione. Pertanto si chiede…di iniziare un’indagine penale per accertare se tali reati siano stati commessi. …..I sottoscritti, in ogni caso, chiedono un intervento immediato anche e soprattutto con sequestro penale…”. Ma tutte le denunce non hanno mai port

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