Val Seriana: il disatro del tessile

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    Non se ne parla più oppure se ne parla poco, che qualcuno pensava che si fosse sistemato tutto o che almeno qualcosa si era mosso. Incontri, riunioni, progetti, Comunità Montane, Provincia e chi più ne ha più ne metta, tutti a parlarne della crisi del tessile ma le parole sembra siano rimaste tali. Siamo andati a farci un giro in quella che era la valle dell’Oro del tessile, la Valle Seriana, e abbiamo scoperto che la crisi non si è arrestata, anzi è aumentata e il peggio, secondo gli esperti deve ancora arrivare. La mappa è fatta di numeri ma dietro a ogni numero c’è una famiglia che per arrivare a fi ne mese adesso deve contare su uno stipendio in meno: “E non solo – spiega Ennio Cornelli responsabile Filtea CGIL per la Val Seriana – perché poi c’è il problema del ricollocamento che sta diventando sempre più difficile”. Perdere il lavoro oggi in Valle Seriana vuol dire perderlo in quasi tutti i casi per sempre: “Il tessile è in difficoltà, altro che ripresa”. Tutte le crisi La mappa delle ditte in crisi si allarga sempre di più, partiamo dalla Bassa Valle e risaliamo: “Dal 1 gennaio ha cessato l’attività la Crespi di Nembro, 110 persone, alcune arriveranno alla pensione con la mobilità, altre vanno aiutate”. Dei 110 dipendenti il 90% sono donne con un’età media alta, sopra i 45 anni: “E quindi molto più diffi cili da ricollocare”. Perché il problema è ricollocare, trovare un nuovo lavoro quando si ha più di 40 anni, quando si ha alle spalle solo l’esperienza tessile, quando si è operai e soprattutto quando si è donne e magari con una famiglia da mandare avanti: “Se poi si tiene conto che molte di loro non hanno neanche la patente ma solo il motorino, come si pensa di poterle ricollocare magari a 40-50 km di distanza. E’ impossibile”. Saliamo la valle: “Sempre dal 1 gennaio dopo un anno e qualche mese di cassa integrazione sono in mobilità 80 dipendenti della Radici Tessuti di Gandino. Qui l’impiego tra donne e uomini è più o meno simile”. E poi dal 1 gennaio ha chiuso anche la Tessitura di Cotone Albini Sitip, 60 persone in mobilità, in prevalenza donne: “Non come la Crespi di Nembro ma qui siamo con una percentuale femminile attorno al 60%”. Si sale la Valle e i problemi non cambiano, anzi: “120 persone della Tessival di Fiorano sono in cassa integrazione e poi ci sono molte altre aziende che stanno gestendo i problemi con la cassa ordinaria che al momento dà meno preoccupazioni perché può essere momentanea, però la verità è che la ristrutturazione del tessile non è assolutamente finita, anzi, i momenti più difficili devono ancora arrivare e qui nessuno ne parla”. E le donne cosa fanno? “Non più giovanissime, ricollocarle è quasi impossibile. Ci proviamo, noi ci proviamo, ma è difficile”. Una crisi che cambia anche forma rispetto a qualche anno fa quando aveva investito solo qualche settore: “Adesso è generalizzata, sono praticamente scomparse le filature di cotone in valle e in provincia di Bergamo ma adesso la crisi sta passando a risucchiare le tessiture non di alta qualità. Ormai in Cina e in Asia si fanno anche prodotti fi niti, una volta arrivavano almeno i tessuti e basta, adesso il problema si sta ingigantendo arrivando a coinvolgere anche settori che prima non erano stati colpiti”. Asia e India A reggere per ora, sembra solo il prodotto fi nito di alta qualità ma anche Asia e India si stanno attrezzando, e sembra solo questione di tempo. E nei giorni scorsi è arrivata anche la cassa integrazione straordinaria al Copertifi cio Zambaiti di Cazzano Sant’Andrea, a quattro anni dal precedente accordo, siglato nell’estate del 2005, con l’utilizzo per un anno per una cinquantina di addetti, in alternativa alla mobilità. Secondo l’accordo firmato nei giorni scorsi con i sindacati Femca-Cisl e Filtea-Cgil all’Agenzia regionale del lavoro la richiesta di Cassa integrazione straordinaria per crisi, per un anno dal 9 giugno all’8 giugno 2009, riguarda un massimo di 50 persone su un totale di 77 dipendenti. Qualche sprazzo di luce c’è: “Una quindicina di giorni fa il cotonifi cio Albini ha acquistato l’immobile dismesso della Radici Tessuti di Gandino per farne il polo logistico per riuscire a trasferire in futuro il personale. E’ l’unico segnale positivo in valle, per il resto è buio pesto”. E adesso? “In Cina piuttosto che in Asia il problema era l’importazione che riguardava prima solo i fi lati e i tessuti, adesso arrivano i capi pronti che non faranno altro che distruggere anche la filiera che sinora reggeva. E poi il problema si è generalizzato e allargato, la crisi finanziaria ha toccato tutti i paesi europei creando un calo di consumi che continua a trascinare verso il basso l’economia. La svalutazione del dollaro fa il resto e rende le esportazioni fuori dall’area euro quasi impossibili. Insomma un ridimensionamento che sta coinvolgendo tutto e tutti”. Cercansi lavoro E non è andata meglio neanche dove c’erano grandi progetti di ricollocazione: “Il tentativo fatto dall’Europyarn di Rovetta per esempio sinora è fallimentare. Quando ha chiuso quella che tutti conoscevano come l’ex Fibrillia è stato fatto un progetto di un ente locale per il riutilizzo dell’area ma non ha dato grandi risultati. Nel senso che poi alla fi ne non si sono trovati imprenditori pronti a rischiare e se non ci sono quelli non si può pensare a nessuna ricollocazione. Basta dare un occhio ai numeri dei centri per l’impiego per avere un’idea di quello che sta succedendo. A inizio anno ad Albino c’erano già 600 iscritti e a Clusone superavano i 300”. E gli enti sovraccomunali cosa dicono? “Con la Provincia ci si sente spesso, l’idea era quella di realizzare un piano assieme alla Provincia per ricollocare chi ha perso il posto di lavoro. Il problema è che mancano iniziative imprenditoriali che provino a dare la scossa, ma non si può obbligare imprenditori a rischiare e magari fare un salto nel vuoto. Qualcosa è stato fatto con la Provincia, penso ai corsi ASA che hanno permesso di ricollocare negli anni scorsi alcune donne ma adesso non si possono prendere per esempio 400 donne e farle diventare tutte ASA, non verrebbero riassorbite. Si sta lavorando anche nel settore grande distribuzione, Esselunga di Nembro e altri centri, ma i numeri sono quelli che sono e c’è un rallentamento degli investimenti che fa posticipare nel tempo possibili reimpieghi”. Meccanotessile Crisi del tessile che in Valle Seriana vede in cassa integrazione ormai 500 lavoratori che rischiano di aumentare sempre più. E adesso come se non bastasse è scoppiata anche la crisi del meccanotessile: “La Promatech sta gestendo con la cassa integrazione possibili esuberi e la situazione è sempre più preoccupante”. Meccanotessile che in provincia di Bergamo conta 1200 lavoratori di cui la metà, circa 600 sono già in cassa integrazione. Dal tessile ci si allarga in altri settori, un effetto domino che sta travolgendo tutto e tutti e in mezzo famiglie che non sanno più come arrivare a fi ne mese, persone che si devono reinventare una vita a 40 anni, precarietà che diventa il leit motiv di una vita sociale che cambia e macina tutto e poi il silenzio. Della crisi del tessile e del meccanotessile non se ne parla quasi più, quasi fosse diventato scontato ormai avere a che fare con cassintegrati a catena, e quando la disoccupazione diventa abitudine la crisi non è più un episodio sporadico ma la quotidianità.

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