(Dal numero del 4 ottobre) Valeria Maj si affaccia alla porta della redazione, vestita di un sorriso discreto, in mano un pacchetto di biscotti del panificio di Gromo e nel cuore una storia da raccontare. Valeria, 38 anni, due figli, Alessandro di 9 anni e Daniele di 5 anni e mezzo che sono appena andati a scuola e all’asilo, un marito, Gabriele, vive con la sua famiglia a Gromo san Marino, lei che è di Schilpario. Questa storia comincia un paio di anni fa, Valeria è seduta sul divano, insieme a Gabriele stanno guardato la tv, Gabriele le sfiora la parte bassa del seno, quasi per sbaglio, non dice nulla, appena i bimbi vanno a letto, la guarda: “Certo che non ti fai mancare nulla…”, il riferimento è alla malattia del padre di Valeria, che non stava bene da qualche tempo e al rigonfiamento che ha appena sentito sfiorandola. Valeria controlla, si accorge di un gonfiore strano: “Avevo fatto un anno prima l’ecografia di controllo e non avevano trovato nulla, mio papà aveva un tumore al rene e non stava bene, era già un periodo particolare…”. Il giorno dopo Valeria contatta subito il medico e prenota un’ecografia: “Sono andata da un medico che già conoscevo, si è soffermato sul nodulo che aveva trovato, e ne ha trovati altri 3 più piccoli, mi disse che bisogna approfondire subito con una mammografia, che dovevamo fare alla svelta, così pochi giorni dopo ero da lui a Esine per fare l’ago aspirato e la mammografia. Ero preoccupata ma non troppo e invece è arriva la mazzata”. Già: “Mi dicono subito che la situazione non sembra buona ma bisogna aspettare l’esame istologico, pochi giorni dopo mi richiamano, e lì mi è crollato il mondo addosso, sono entrata in una bolla, mi hanno detto che avevo un tumore maligno già infiltrato ai linfonodi delle ascelle. Quindi prima avrei dovuto fare sedute di chemioterapia e poi l’intervento”. Valeria incassa il colpo, non molla, a casa ci sono i suoi tre angeli custodi: “A Esine mi hanno detto che era inutile fare tutta quella strada per le cure, il protocollo oncologico era uguale ovunque, quindi vado a Piario, e comincio con le chemio ‘rosse’, le più toste, sono state una botta, stavo male per giorni, mi sembrava mi fosse passato sopra un camion, era durissima. Mio marito è stato bravissimo, stava con i bimbi, si occupava lui di tutto, io non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal divano”. Valeria si ferma qualche istante, un passo indietro nel tempo: “Il giorno che me lo hanno detto è stato tremendo, una botta, ero con mio marito, l’ha presa quasi più male lui di me, le parole suonavano come una sentenza ‘tumore maligno, ha già intaccato i linfonodi’, è scoppiato a piangere, ho guardato l’oncologa, mi ha detto che tutto si sarebbe risolto. L’esito era chiaro, triplo negativo, uno dei più aggressivi, dovevano intervenire sperando non intaccasse nulla del resto”. Intanto gli effetti collaterali della chemio rossa cominciano a farsi sentire. “Mi erano venute le piaghe in bocca, una forte faringite, non stavo bene, non volevo farmi vedere così dai miei bambini e da mio padre che stava già male”. Già, e così Valeria sforna il jolly. Avete presente ‘La vita è bella’? ecco, questa è una sorta di ‘La vita è bella’ senza essere però un film, ma la realtà. E la realtà è sempre più difficile di un film. Mica si finge. Si vive. Eccome se si vive. Valeria lo sa. “Ho detto ai miei bimbi che stavo combattendo contro un mostro, quasi fosse un gioco, che il tubicino messo sul braccio era per combattere il mostro, mio figlio più grande è appassionato di corpo umano e gli ho detto che i soldatini stavano combattendo, che avremmo vinto e che il nonno non doveva sapere nulla, altrimenti che gioco era?”. Già, quella forza che arriva dentro e ti cambia tutto: “Ricordo quando ho rasato tutti i capelli, io li ho sempre portati abbastanza lunghi ma non c’era più nulla da fare, erano a chiazze, dovevo tagliarli, me li ha rasati mio marito, mio figlio più grande non voleva, il più piccolo invece rideva, poi quando siamo andati a prendere la parrucca gliel’ho fatta provare, quasi fosse un gioco, il nostro gioco contro il mostro, ho detto che il nonno non doveva sapere nulla perché altrimenti che gioco era? E loro l’hanno vissuta davvero come una sfida al mostro, non hanno detto nulla, sono stati bravissimi. Mio padre non si è mai accorto di nulla ed è morto sereno”. Valeria racconta: “I miei bimbi mi rivolevano però con i miei capelli, me lo dicevano e quando stavano ricrescendo erano contenti, il gioco andava avanti”. Valeria finisce le 4 chemio rosse, poi tocca alle 11 bianche, che dovevano essere 12 “Ma avevo i globuli bianchi bassi e rischiavo di dover rimandare l’intervento”. Valeria finisce le chemio bianche, il mese dopo muore suo padre e poi viene operata, un periodo durissimo affrontato con la forza di una leonessa: “Mi hanno operato al Papa Giovanni a Bergamo, mi hanno tolto tutto, il senologo mi ha detto che essendo giovane non voleva correre ulteriori rischi, mi hanno anche fatto lo svuotamento ascellare perché il cancro aveva intaccato i linfonodi delle ascelle, sono uscita dall’ospedale con 4 drenaggi”. Valeria si trasferisce per tre settimane da sua madre a Schilpario: “Mamma Piera mi è stata sempre vicina, sono state settimane dure ma siamo andati avanti, c’erano i miei bimbi che mi aspettavano, mio marito, dovevo farcela”. Valeria non molla. Dopo tre settimane torna a Gromo San Marino, la battaglia con il mostro va avanti ma il mostro ora è a terra per ko. E i bambini esultano: “Poi altre cure e l’intervento di ricostruzione, espansori e poi protesi e ora controlli di routine”. Sempre con il timore che il mostro torni a rompere le scatole: “Prima dei controlli ho sempre timore, ogni volta c’è sempre la paura”. Come sei cambiata? “Tanto, ti scopri più forte, dai altre priorità alla vita, vivi in modo diverso, più intenso, ho conosciuto tante donne in questo percorso, conosci realtà incredibili che ti cambiano dentro”. I bimbi nel frattempo stanno crescendo: “Il primo figlio quando mi vedeva con il tubicino sulla mano mi chiedeva sempre quando lo avrei tolto, gli dicevo che appena operata, una volta tolto il mostro, avrebbero tolto anche il tubicino, per fortuna quando mi hanno dimesso, durante il consueto lavaggio si era ostruito e così lo hanno dovuto togliere, appena tornata a casa ha guardato subito se ci fosse ancora, era sollevato. Loro due mi davano una mano, appena mi vedevano fare fatica magari coi movimenti cercavano di aiutarmi, ricordo quando facevo fatica a mettere i calzini…”. Valeria sorride: “Sono stata fortunata ad avere un marito così, ad avere dei figli così. Sai, all’inizio ho avuto paura di non vedere crescere i miei bimbi, ma ogni giorno che passava loro mi davano la forza necessaria per guardare oltre, per andare oltre, una forza che nemmeno pensavo di avere dentro”. Valeria e Gabriele sono insieme da una vita: “Ci siamo conosciuti quando andavamo a scuola, lui Elettronica al Pesenti, io Moda, siamo insieme da 20 anni e siamo sposati da 12”.
Valeria guarda avanti e pensa alle altre donne, perché scatta sempre qualcosa quando ti scopri diversa, ti scopri malata, quel senso di solidarietà che va oltre: “Sono nell’Associazione Cuore di Donna, a Schilpario con Renata (Carizzoni, una delle 12 donne del #ccw calendarcancerwoman ndr), la prevenzione è fondamentale. Il medico mi ha detto da subito che dovevo ringraziare mio marito, se non si fosse accorto ora non sarei qui”. Già, sette ore d’intervento e tanta fatica ma ora in cima alla salita Valeria c’è arrivata: “Ho riscoperto altre cose, altri valori, altre priorità. Ho conosciuto nuove persone che mi sono state e mi stanno vicino, ho instaurato un ottimo rapporto con la mamma di un compagno di classe di mio figlio, vado a camminare con lei, abbiamo un legame stretto. Se ho del tempo libero mi piace andare in montagna, a camminare, mi sento in pace e libera”. Valeria il mostro lo ha preso a cazzotti, perché lei lo sa che ‘la vita è bella’. E stavolta non è un film. È la realtà.