Angelo Celsi RACCONTA LA SUA “VIA VITAE”

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    “Cristo è il personaggio colpito, ma chi ‘vive’ la tragedia sono quelli che stanno intorno” “La figura del Cristo è ‘fuori dal mondo conosciuto’, ho preferito sfumarla lasciando a ognuno di immaginarla come meglio crede. Ho usato toni caldi per attenuare il senso della tragedia, proprio nella prospettiva del dopo, del riscatto della Resurrezione…”

     

    “Oggi se non hai un lavoro non puoi fare il pittore”. Si spegne sul nascere ogni illusione per chi vuol fare un mestiere che per Angelo Celsi è stata una scelta di vita d’altri tempi. Non che sia stata un’autostrada. “Fino a 35 anni ho fatto di tutto…”. E inventandosi la vita giorno per giorno, ha girato il mondo. Partito da Songavazzo dove il padre (origini camune, di Cevo) era impiegato comunale, la madre soverese, da ragazzo segue il pittore rovettese Arturo Tosi, “pittore di cavalletto”, succhia conoscenza pittorica. “Ma io sono stato anche fortunato, sono cresciuto al tempo del boom delle Gallerie, a Milano se ne contavano a centinaia”. Sì ma quei primi 35 anni di gavetta a “fare di tutto”? Celsi non ne parla volentieri, avventure e disavventure lo hanno portato a Parigi, in Olanda, Scozia, Germania, Svizzera. Un giramondo che affna la sua arte, senza essere sicuro che qualcuno l’apprezzi davvero, afforata fn dai tempi dell’asilo dove Angelo disegnava per conto suo, con la benevolenza delle suore. La sua Via vitae che sta facendo il giro della provincia (prima Romano di Lombardia, poi Bergamo, poi Clusone, adesso Schilpario e infne Sotto il Monte) ha una componente teologica che ha fatto aggiungere la 15ª stazione, quella della Resurrezione che in questi giorni è esposta nella parrocchiale di Schilpario. Di fronte a quei quadri diverse le reazioni: c’è chi ha commentato che “si vede che è stata composta da un non credente” e chi ha avuto sensazioni opposte. “Certo a me sono arrivati solo i commenti positivi, quelli che non condividono non te lo vengono a dire. Mi ha fatto piacere vedere una signora che si è messa a piangere davanti ai miei quadri e un critico d’arte che mi ha confessato che era la seconda volta che aveva i brividi di fronte a un quadro”. Il tuo percorso pittorico mi sembrava molto lontano dai soggetti religiosi… “Veramente già negli anni ottanta ho dipinto due Via Crucis, una per la parrocchiale di Crana nel Canton Ticino e una per la chiesa di S. Gregorio a Sovere, commissionata da Don Gino Fantini e per la stessa chiesa ho dipinto anche una Deposizione, una Natività e una Resurrezione. E poi la volta di una chiesa, sempre in Svizzera, con un Cristo enorme e lì ho visto i sorci verdi a dipingere in cima a una impalcatura, supino, scendere e salire dalle scale ogni volta…”. Michelangelo aveva fatto lo stesso per la Cappella Sistina. Tu credi in Dio? “Sono cattolico… non è facile oggi esserlo. Ho condiviso la scelta della quindicesima stazione, quella della Resurrezione, se non c’è quella muore tutto”. Una risposta così è una “La figura del Cristo è ‘fuori dal mondo conosciuto’, ho preferito sfumarla lasciando a ognuno di immaginarla come meglio crede. Ho usato toni caldi per attenuare il senso della tragedia, proprio nella prospettiva del dopo, del riscatto della Resurrezione…” AngeloCelsi RACCONTA LA SUA “VIA VITAE” “Cristo è il personaggio colpito, ma chi ‘vive’ la tragedia sono quelli che stanno intorno” • SCHEDA Angelo Celsi è nato a Songavazzo 75 anni fa. Il papà era di Cevo (in Valcamonica) ed era organista e impiegato comunale e la mamma di Sovere dove, dopo la morte del padre (Angelo aveva 14 anni), la famiglia si è trasferita defnitivamente. Angelo però è un giramondo ma a Sovere mantiene le sue radici. Lì si è sposato, ha due fgli di 23 e 29 anni. Ha uno studio a Bellinzona e uno nella casa di residenza di Sovere. Alcune sue opere sono, oltre che in Italia, nel Museo di Lugano, nella sede della Confederazione svizzera, a Parigi e in Scozia in collezioni private. professione di fede di cui S. Paolo sarebbe orgoglioso. “La decisione di dipingere la resurrezione è stata di Angelo Piazzoli (Segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco che ha promosso la Mostra itinerante della Via vitae – n.d.r.) e di Mons. Tarcisio Tironi, parroco di Romano di Lombardia. Infatti è stato l’ultimo quadro che ho dipinto”. Quanto è durato il lavoro? “Un anno circa”. Hai fatto dei bozzetti? “No, me li hanno chiesti, ma io penso al quadro e poi lo metto direttamente su tela”. La fgura di Cristo è quasi sempre sfumata, mentre “a fuoco” sono quasi sempre le persone che fanno da contorno. Perché? “Perché Cristo è il personaggio colpito ma chi ‘vive’ la tragedia sono quelli che stanno intorno. E poi la fgura del Cristo è ‘fuori dal mondo conosciuto’, ho preferito sfumarla lasciando a ognuno di immaginarla come meglio crede. Ma con i colori ho usato i toni caldi di proposito per attenuare il senso della tragedia, proprio nella prospettiva del dopo, del riscatto della Resurrezione…”. Tranne il quadro della Crocifssione. “Sì, lì ho dipinto le braccia lunghe, con il corpo risucchiato dal suo peso”. Ti sei ispirato a Mel Gibson e alla sua “The Passion”? “Per niente, quella è la brutale descrizione di una tragedia senza speranza. Io ho cercato di rappresentare il ‘dopo’ già dall’inizio”. Suggerimenti? “Solo quelli di mia moglie che mi elencava le stazioni. Io ci rimuginavo sopra. Prendi la caduta, ci pensavo e poi la dipingevo, cominciando dai sassi, dalla terra dove il corpo si schiaccia… E poi dipingevo direttamente. Un’opera mi viene bene se riesco a entrare nei personaggi”. La Via vitae l’hai dipinta a Bellinzona o a Sovere? “Tutta a Sovere”. Le tue opere sono sparse per il mondo, fanno parte di musei e collezioni. Hai trovato una tua identità pittorica. “E’ sempre così, uno cerca la propria linea, la propria strada, la propria personalità”. Nelle esposizioni precedenti a quella di Schilpario c’era un settore dedicato ai paesaggi. “A Schilpario è mancata la sala espositiva all’ultimo momento”. I paesaggi sembrano una rappresentazione più “facile”, perlomeno più consueta tra i pittori. I tuoi lavori hanno riservato una sorpresa, dire che sono bellissimi e insoliti è una banalità. Impressionismo moderno? “Non lo so, l’impressionismo è andare sul posto e lasciarsi prendere appunto da… l’impressione. L’espressionismo è la realtà cruda e brutale. Io dipingo sulla memoria rivisitata, mai sul posto, paesaggi quindi ‘visti’ tempo prima e un po’ sognati. Prendi certi paesaggi sul lago di Endine, non te li ritrovi, non li ritroverei nemmeno io, sono ritocchi della memoria”. E cosa stai dipingendo in questi giorni? “In questi giorni ho le tele bianche…”. Dal tuo studio-rifugio di Bellinzona sei finalmente approdato alla tua patria di origine, sfatando il motto del ‘nemo propheta in patria’, visto il successo. “Non mi aspettavo un tale riscontro che ha dell’incredibile, anche a Schilpario c’era una folla impressionante. Ma ti ripeto, vedere quella signora piangere commossa è la maggiore gratificazione che ho avuto”. Tu dipingi su tela. Ma hai accennato al dipinto sulla volta della chiesa. Quindi sai fare affreschi. “Sì, ne ho fatti parecchi. Ma oggi è diffcile farli e non per la tecnica, ma per mancanza di materia prima. Dove trovi oggi ‘calce spenta’ di almeno tre anni che spalmi come il burro? Magari trovi ancora sabbia ma deve essere pulitissima, bisogna usare pennelli di legno senza fli di ferro, bisogna lavorare a settori. Oggi preferiscono affdarsi all’acrilico che poi è la tecnica dei murales, tanto per capire. Solo che gli affreschi ci sono ancora, ed è provato, dopo centinaia di anni, l’acrilico non si sa quanto resista… Ho fatto affreschi che fortunatamente resistono intatti, con i colori ancora intatti”. Hai in mente un’opera che vada oltre la tela, che però nessuno ti ha ancora commissionato? (Sorride ma non risponde. Anche il successo non spegne i sogni). Dove verrà esposta defnitivamente la tua “Via vitae”? “Non lo so nemmeno io. Credo che la Fondazione Credito Bergamasco stia avendo contatti con alcune chiese e stia valutando la collocazione defnitiva. Credo non sia facile, viste le dimensioni dei quadri. Per ora so solo che dopo Schilpario (dove rimarrà fno al 25 agosto – n.d.r.) la Mostra andrà a Sotto il Monte, in ottobre”. E nel frattempo ci sono quelle tele bianche da riempire di nuove emozioni.

     

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