Alessandro da Cenate a Gorno per ‘creare’ il vino che ‘riposa’ 60 mesi nella Costa Jels

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    (Dal numero del 4 ottobre 2024)

    di Luca Mariani

    Un luogo con temperature fresche e costanti, dove non c’è nemmeno lo sbalzo di un grado. Dove c’è buio, non ci sono vibrazioni e dove regna il silenzio. Sono queste le condizioni ideali per l’affinamento dello spumante all’interno delle sue bottiglie. «Allora ho pensato che le miniere erano il posto perfetto, che corrisponde alla mia filosofia di fare tutto in maniera naturale, senza sostanze chimiche e senza inquinare.» Da questa intuizione Alessandro Sala inizia a scrivere a vari siti minerari. «Quelli di Gorno sono stati i primi a rispondermi.» Spiega l’enologo e viticoltore di Cenate Sopra. «Allora gli ho presentato il mio progetto: loro erano entusiasti perché viene valorizzata anche la miniera con la pubblicità e il nome del vino che andrà in giro in tutto il mondo, dato che è un vino ambizioso. Si chiamerà Costa Jels, come le miniere dove riposa.» Così dopo un annetto occupato dalla solita burocrazia, tra bandi pubblici e permessi, nel 2019 Alessandro porta le prime 1200 bottiglie del suo vino nei vicoli delle miniere di Gorno: «Stiamo facendo una collaborazione bellissima. Siamo tutti contentissimi.» Come tutti gli spumanti con metodo classico, dopo un anno e mezzo passato in cantina ad affinarsi un po’ in botti d’acciaio e un po’ in quelle in legno barrique, il Costa Jels ha bisogno di 60 mesi per completare l’affinamento sui lieviti in miniera, perciò la sua prima bottiglia arriverà sulle tavole più prelibate nell’aprile del 2025. «Nel frattempo abbiamo portato in miniera anche le altre annate che usciranno negli anni seguenti. Tranne la 2022 che è stata un’annata troppo calda. Quindi abbiamo preferito non fare il vino per tenere altissima la sua qualità.» Per rafforzare il legame tra il suo spumante e i luoghi che lo cullano, Alessandro ogni un paio di mesi organizza visite guidate alla scoperta delle bottiglie e delle miniere: «Siamo io e una guida. La visita si conclude sempre alla trattoria Al Frassino di Oneta dove si mangiano i prodotti locali e si degustano tutti i miei vini. Quindi è una giornata per scoprire il territorio anche per gente che viene da lontano: Roma, Toscana e da tutta Italia. Organizzo dei gruppi di 25 persone al massimo perché la miniera è stretta.» Sguardo penetrante e occhi chiari, quasi scandinavi. Alessandro tra poco compirà 55 anni e da una decina ha aperto a Cenate Sopra la sua cantina Nove Lune:

    «Questo nome richiama il terreno calcareo che abbiamo qui nella zona di Cenate ed è conosciuto come Sass de Luna. Inoltre è un gioco di sillabe: No ve, ovvero no veleni, per indicare la volontà di fare una viticoltura senza veleni e senza chimica. Poi nove lune, cioè mesi, sono il periodo che serve alla nascita. Per noi la nascita di un nuovo modo di fare vino senza inquinare l’ambiente e le persone.» Per soddisfare la sua filosofia di rispetto per la Terra e per chi la vive, Alessandro agli inizi degli anni Duemila inizia a studiare e sperimentare nuovi modi di produzione del vino. Così scopre, conosce e apprezza i vitigni Piwi: «Mi sono specializzato in questo ramo della viticoltura che è l’unico sostenibile quasi al 100 per 100. Perciò coltivo solo queste varietà.» L’attenzione per questi vitigni resistenti alle malattie porta Alessandro ad essere sempre in contatto con i migliori ricercatori e a collaborare con l’università di Viticoltura ed enologia alla Statale di Milano. Non solo studio e lavoro sul campo, ma anche impegno istituzionale. Da qualche anno, infatti è presidente dell’associazione Piwi-Lombardia, membro del direttivo di Piwi-Italia e collaboratore di Piwi-International. Per questa “dedizione e professionalità dedicata alla continua ricerca di soluzioni innovative e sostenibili in campo agronomico”, il 4 dicembre 2023 Alessandro è stato premiato come Personaggio dell’anno dall’Associazione italiana sommelier della Lombardia. Oggi il viticoltore ed enologo classe ’69 ha due vigneti. Uno a Cenate Sopra e uno a Cenate Sotto. Al centro di questa Oasi della Valpredina c’è la cantina, in pietre, legno e intonaco giallo:

    «È una cascina vecchia che ho ristrutturato una decina di anni fa proprio per questo progetto specifico.» Da tutte queste viti, Alessandro produce già un vino bianco, un rosso, un bianco ancestrale, un orange wine fermentato in anfore di terracotta, un passito e un amaro. «Tutto è rigorosamente biologico. Non facciamo trattamenti chimici, ma solo alcuni biologici e anche la vendemmia è fatta a mano.» La maggior parte delle bottiglie etichettate Nove Lune vanno in tutta Italia, ma alcune sono richieste anche fuori dai confini nazionali, destinate «alla ristorazione di alto livello.» Proprio la forza dei vitigni Piwi permette di portare avanti una viticoltura super-bio, anche nelle annate in cui il clima è più sfavorevole: «In annate piovose come quest’ultima abbiamo fatto tre trattamenti biologici, che sono già tanti. La viticoltura tradizionale quest’anno ne ha fatti tra i trenta e i quaranta e qualcuno non è nemmeno riuscito a raccogliere l’uva. Il bello di queste varietà è che hai sempre l’uva spettacolare. La differenza con gli altri anni è che devi passare da zero trattamenti a uno, due o tre massimo come in queste peggiori annate. Però questo è sufficiente per avere l’uva perfetta. Certo quest’anno è stata molta meno per colpa della tanta pioggia caduta a maggio durante la fioritura, il periodo della legagione e della fecondazione dei fiori. Quando l’uva è poca l’annata è sempre di ottima qualità. Poca uva vuol dire che la pianta concentra tutti gli zuccheri in quei grappoli che perciò hanno qualità superiori.» Sono queste caratteristiche che fanno dei vitigni Piwi «una frontiera in tutto il mondo e lo sarà sempre di più. Anche le cantine più note e più grosse stanno iniziando a piantare queste varietà. Io sono stato uno dei pionieri ma il futuro sarà sicuramente sempre più per loro. Sono le uniche con cui puoi fare viticoltura sostenibile. I cambiamenti climatici impongono questo. È un problema molto sentito in viticoltura.» Il surriscaldamento del pianeta inoltre spinge la coltivazione della vite in località più tiepide e alte, come la val Seriana. Alessandro lo sa e per questo non esclude che se in futuro «ci fosse un’occasione sicuramente ne parlerei volentieri.» Per ora non resta che attendere. Nel fresco, nel silenzio e nel buio delle miniere di Gorno lo spumante continua il suo affinamento sui lieviti. Poi nella primavera del 2025 i palati più fini e le tavole più prelibate saranno pronti ad assaggiare le prime 1200 bottiglie dell’ambizioso Costa Jels, l’ultimo genito della cantina Nove Lune, nato dal lavoro e dalla fantasia di Alessandro Sala.