BOSSICO: UN ALTOPIANO TUTTO ROSA DONNE SOLE AL COMANDO

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    Sindaco, Giunta, Segretario, vigile, presidenti di Pro Loco e Biblioteca

    Il profumo forte di bosco si infla sotto la pelle e sembra pronto a fare da benzina all’anima. Il vento fa il resto e la vista diventa un preludio a un viaggio a ridosso di quello che ognuno sente dentro. Domenica di un pomeriggio di fne estate, i boschi di Bossico sono lì sull’altopiano, sotto il lago a fare da pavimento e sopra il cielo a fare da coperta, Bossico a metà del guado. I sentieri acciottolati e puliti si inflano in silenzio lungo percorsi che sembrano usciti da un libro di fabe, la gente li percorre con discrezione, quasi non volesse far male a una natura che qui diventa vita. E qui, su questo altopiano che all’anagrafe conta poco meno di mille anime (che diventano molte di più nel periodo estivo) a dominare non è solo il panorama ma anche e soprattutto le donne. Un paese di quasi mille abitanti che se ne sta abbarbicato tra gli 800 e i 1000 metri, dove la tradizione contadina è ancora forte, dove i ragazzi sono abituati dopo la scuola o dopo il lavoro a fare un giro nella stalla del padre o del nonno per dare una mano, dove sembrerebbe una logica di continuità contadina lasciar fare al ‘maschio’ e dove invece quando si varca la soglia del Comune tutto cambia. Bossico, probabilmente l’unico Comune in Lombardia (e forse anche oltre) ad essere ‘dominato’ (nel senso amministrativo) da un gruppo di donne. Sindaco: Marinella Cocchetti, al secondo mandato, lista civica ma col cuore nel centro sinistra, una vita in amministrazione, la lady di ferro (nel senso amministrativo, ma dal cuore d’oro, racconta chi la conosce, nel senso privato) che è riuscita a diventare la prima donna sindaco di Bossico e a mettere tutti d’accordo nel secondo mandato con una lista unica. Vicesindaco è Daria Schiavi, che si occupa anche dell’assessorato alla cultura e allo sport (e per qualcuno in odore di candidatura a sindaco nella prossima primavera). Completano il quadro della giunta Luisa Rocchini, assessore ai lavori pubblici ed Enrica Gusmini, assessore ai servizi sociali. Fin qui per quel che riguarda la lista che guida il paese. Ma anche il segretario comunale è donna, Carolina De Filippis. Così come il presidente Commissione Turismo Paola Sterni, il Presidente della Pro Loco Patrizia Gandini e il presidente della Biblioteca Stefania Sterni. E in questi giorni a completare l’assetto rosa è arrivato anche il vigile (l’unico in paese), Claudia Vilucchi, arriva dalla Toscana ed è naturalmente il primo vigile donna del paese. Un paese interamente guidato da donne, una svolta rosa: “Direi fucsia – sorride soddisfatta Marinella Cocchetti – per quanto è marcata la compagine”. E al fucsia come ci si è arrivati? “Probabilmente è stata un’evoluzione naturale – racconta Marinella – nessuna forzatura, le forzature non portano da nessuna parte, ci si è arrivati perché probabilmente ci si doveva arrivare, tutto qui”. E il colore fucsia evidentemente va bene a tutti, basta fare un giro in paese per accorgersi che le cose funzionano, battaglia vinta per difendere l’unico uffcio postale del paese e nuova sede trovata a tempo di record, tutti i servizi accorpati in centro, dalla scuola alla farmacia, al Comune. Sentieri che si snodano lungo la pineta e i boschi tenuti in perfetto stato, associazioni che vanno per la maggiore (Bossico detiene il record di numero di donatori Avis rapportato al numero di abitanti) e manifestazioni che tengono banco per tutto l’anno. In Comune nelle scorse settimane se ne è andata in pensione il decano degli uffci e anche lei naturalmente è donna ma anche negli uffci sono ancora loro a dettar… legge, la ragioniera è donna e anche all’anagrafe l’impiegata è donna, la Parrucchiera da uomo (e anche da donna) è donna, Angela, che è anche presidente dell’Accademia Acconciatori Bergamaschi e defnire parrucchiere è riduttivo, è l’anima e il cuore di manifestazioni ed eventi; uffcio Postale gestito da una donna e anche il presidente della commissione Edilizia è donna. Qui le quote rosa surclasserebbero anche le… quote latte dei numerosi allevatori del paese, non c’è storia, o meglio la storia c’è ed è una storia con fnale a tinte rosa. A resistere nell’ultimo ruolo maschile non poteva che essere il… parroco, don Attilio Mutti, ma per ovvie ragioni burocratiche ed ecclesiali. Almeno per ora…

     

    QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO MA FANNO

     

    Le “quote rosa” sono una forzatura, una sorta di tutela per far superare un handicap. Che c’è stato, che in parte c’è, ma passando sotto tutela legislativa, ottiene un riconoscimento che rischia di congelarlo come un dato di fatto non superabile. E’ come un posto riservato al parcheggio, segnato, invece che con le strisce arancione, con quelle rosa. Che le donne nella storia dell’umanità siano state penalizzate non ci sono dubbi. Ma le tutele legislative sanciscono lo status quo. L’esempio di Bossico, un paese intorno a quota mille, dà dei segnali inaspettati. Prima di tutto che non sono i montanari, notoriamente in ritardo nel superarli, ad avere pregiudizi. Del resto nelle case dei nostri vecchi se il “patriarca” formalmente era l’uomo, a comandare erano effettivamente le donne, loro che tenevano l’economia della casa. Ma fare il sindaco sembrava un mestiere da uomini, che si riteneva avessero una visione globale dei problemi, che andasse oltre lo steccato del proprio orto. Era diffusa appunto la concezione che le donne in genere non potessero avere una visione comunitaria, fossero adatte ad amministrare ma con limiti territoriali. Eppure proprio alle donne, oltre alla lista spesa della casa, era affdata l’educazione dei fgli, non solo dei propri, ma anche nelle scuole: negli asili erano le suore a comandare (e sulle suore bisognerebbe allargare il discorso, visto che dirigevano di fatto anche gli ospedali), nelle scuole elementari la maggior parte erano maestre. Era una proiezione già comunitaria del ruolo femminile nel “tirar su” i cuccioli d’uomo. E quel ruolo fondamentale veniva riconosciuto indirettamente perfno negli insulti (“fglio di buona donna” per usarne uno edulcorato): vale a dire che si riconosceva che un uomo era quello che una donna aveva forgiato. Ma c’era una ritrosia atavica sia nell’affdare che nell’accettare ruoli “politici”. Nell’affdarli perché sembrava, nella concezione patriarcale maschile, un cedimento perfno imbarazzante, un conto era farsi comandare in casa propria (e lo sapevano tutti), un conto farsi comandare in luogo pubblico. Insomma, ne andava della dignità del maschio che persino quando la moglie veniva a prenderlo ubriaco all’osteria, lo aspettava fuori dalla porta e nell’ondivago ritorno a casa lo rimproverava sottovoce, per non umiliarlo. Ma che dei maschi fossero comandati da una donna in una consiglio comunale era dura da digerire. La donna doveva conquistarsi “prima” quel ruolo, acquisendo autorità e rispetto, anche se annacquato da commenti tipo “ha più attributi lei di un uomo”. Vale a dire che per ricoprire quel ruolo doveva avere le caratteristiche di un maschio, anzi, di più, altrimenti non ci sarebbe stata ragione di eleggere a sindaco un “surrogato” di un uomo. Il cammino verso una caratterizzazione femminile del ruolo “politico” è stato lungo. Ma oggi le donne-sindaco sono spesso molto meglio dei colleghi maschi non perché “hanno più attributi”, ma proprio perché sono donne. E’ questa la vera conquista, il vero riscatto femminile in questi ruoli. I maschi hanno accumulato talmente tante scorie che hanno esaltato, in un ruolo comunitario, il carrierismo, l’individualismo, talvolta la rivalsa e il revanscismo per fallimenti personali, tutto questo (e altro) favoriti da una legge, quella dell’elezione diretta dei sindaci, che sembrava fatta ad hoc per accarezzare frustrazioni camuffate da ambizioni, tipo “un uomo solo al comando”, in una competizione che andava oltre i problemi degli acquedotti, delle fognature, delle strade, dei trasporti, delle scuole, dell’occupazione, insomma dei servizi in genere, ma si incancreniva in scontri puramente politici. In un’estate calda di tanti anni fa ero a pranzo con Severino Citaristi, allora potente ma signorile senatore della Dc e dopo lunga discussione concordammo che sarebbe stata un’ottima legge quella di impedire di presentare simboli politici nelle elezioni comunali dei piccoli Comuni (non eravamo in sintonia solo sul limite degli abitanti, lui era per fermarsi a quota tremila, io ero per arrivare almeno a quota cinquemila). Come per le discussioni estive con le gambe sotto un tavolo, appena alzati ovviamente non se ne fece più nulla. Le donne non si lasciano facilmente inquadrare, hanno nel dna in genere una capacità di valutare i problemi e cercare una soluzione immediata che noi maschi stiamo perdendo rimandando a tempi migliori o allargando il campo con la solita frase che “il problema è a monte”. E proprio su un monte, su un altopiano, c’è questa che per ora è un’anomalia, al comando ci sono tutte donne. Non è che i bossichesi siano tutti “femministi”, anzi. Solo che probabilmente hanno valutato che quelle donne amministrano meglio. Perché se uno amministra male, non c’è “quota rosa” che tenga. E per assurdo, l’accusa che si faceva alle donne d’antan di “non chiudere mai bocca” adesso può essere ribaltata, basta accendere la Tv e seguire un dibattito politico. Non è che tutte le donne sono più brave degli uomini. Ma molto spesso lo sono. E questa è la vera conquista delle donne, essere rispettate come tali, essere apprezzate per quello che sanno fare, non per quello che sanno dire

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