Sergio Rossi
Fino all’inizio degli anni ’70 chi passava per via Vittorio Emanuele, la via centrale di Castione, poteva leggere in alto sulla facciata del vecchio asilo la scritta “Vogliamo vendicare il sangue innocente di Battaglia Terzo”. Nessuno fino alla demolizione dello stabile ha mai voluto toccare quelle parole inquietanti, scritte in vernice rosso sangue che richiamavano un evento sconvolgente avvenuto in un periodo storico in cui si poteva ben dire “pietà l’è morta”. Parole di ammonimento e di riscatto.
La demolizione dell’edificio ha eliminato quella scritta, ma non per questo il tragico episodio di cui dava testimonianza deve essere rimosso dalla memoria collettiva. Tagliando le radici, l’albero muore, così come cancellando il passato si diventa vuoti, canne al vento.
Era il 18 di febbraio del 1945; quel giorno, dopo aver sistemato le sue bestie, Battaglia Terzo tornava dalla cascina di Rumentareck per raggiungere a casa la moglie Emilia e i suoi tre figlioli ancora in tenera età: Pierino, Adriano e Tullio. Portava loro anche del latte, indispensabile per una cena che a quei tempi non poteva che essere molto frugale. Era accompagnato da un amico, Angelo Ferrari che tutti chiamavano Lilo.
In quel periodo oscuro quasi tutti gli uomini giovani mancavano dal paese, molti erano prigionieri nei lager tedeschi, e chi viveva a Castione conduceva una magra vita di sopravvivenza in mezzo alle restrizioni e ai pericoli della guerra e della occupazione. Terzo probabilmente si considerava fortunato per essere ancora a casa e per sostenere con il suo lavoro, la famiglia, sperando che la maledizione della guerra potesse presto finire.
Sulla via del ritorno verso casa, Terzo prende un sentierino per scendere verso l’Agro, probabilmente per evitare brutti incontri. Si sapeva infatti che nella zona erano in corso rastrellamenti delle brigate nere. Tuttavia e disgraziatamente il brutto incontro avviene. Dopo aver superato la località “Sorte”, giunti in prossimità della fontana situata nei pressi dell’incrocio tra via Sorte e lo stradone (attuale via Agro) Terzo e Lilo vengono fermati da una squadra di fascisti. All’intimazione dell’alt, Lilo alza immediatamente le mani. Terzo porta una mano allo zaino come per volere mostrare il povero contenuto; il breve movimento viene subito interrotto dai colpi di arma da fuoco. Terzo, colpito anche alla testa, cade a terra esanime. La squadra di fascisti si dirige poi verso Castione trascinando con sé Lilo, che viene colpito ripetutamente con il calcio del fucile fino a farlo stramazzare a terra.
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