Dieci baci sull’isola

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    Un passo dopo l’altro. Ma non so nemmeno per andare dove. E perché poi bisogna sempre andare. E i giorni di novembre sembrano fatti solo per restare. Smonto la parola. Restare senza stare. Stare senza re, che in fondo siamo regine. Di noi. E basta. E a me non dispiace neanche un po’ muovermi dentro strade buie e vuote di persone, piene di foglie e cieli plumbei, quel senso di me che mi mancava da troppo tempo. Il cielo si porta nel cinto di nuvole. La luna ricurva. Sotto la forma di spicchio io voglio riposarti in mano. Sono un mare senza riva. Mi naufrago dentro. Sulla mia isola deserta in un cantuccio del cuore. Dove mi racconto cose che non so. Faccio la lista di quello che mi serve per stare con me: un piumone blu, due fiori bianchi che mi colorano il davanzale di meraviglie, tre palline Lindor, quattro fotografie a caso di Parigi, cinque libri di poesie, sei magliette colorate, sette fragole, otto bolle di sapone che non scoppiano mai, 9 gol dell’Inter, 10 baci di te. E intanto curo le ferite. Perché è così, se non risaniamo ciò che ci ha ferito, sanguineremo addosso a persone che non ci hanno tagliato.

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