di Mimmo Franzinelli
L’America Latina è da sempre un continente politicamente frastagliato, agitato da nazionalismi, scontri di frontiera e molteplici rivalità; in controtendenza a tali dinamiche il Piano Condor ha introdotto a metà anni ’70 del Novecento un risoluto cambio di passo, con l’approntamento di una struttura transnazionale «antisovversiva» con basi in Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile, Bolivia, Perù ecc.
Si tratta da un lato dell’intensificazione del coordinamento tra le reti d’intelligence sudamericane, dall’altro di una rilevante innovazione strutturale con la nascita di una rete terroristica in grado di colpire esuli rifugiatisi negli Stati Uniti e in Europa.
Un organismo caratterizzato da segretezza, illegalità di Stato e da ingenti mezzi, irrobustita – durante la gestione Kissinger del Dipartimento di Stato – dalla consonanza di fondo con la politica estera statunitense. Gli analisti della CIA ne hanno conosciuto in tempo reale i progetti grazie alle informazioni confidate (per ragioni mercenarie o ideologiche) da ufficiali dell’intelligence addestrati militarmente nella Escuela de las Américas costituita a Panama dagli USA per i futuri quadri degli eserciti sudamericani.
Gli artigli del Condor si occupa dunque dell’offensiva sferrata contro le sinistre latino-americane, in patria e nell’esilio intrecciando la storia degli apparati repressivi (e le biografie dei loro dirigenti) con la ricostruzione delle principali operazioni sul campo, segnalando le complicità ottenute e le difficoltà incontrate. E considerando la prospettiva delle vittime designate: non solo dirigenti e militanti, ma anche le loro famiglie e – non da ultimo – i loro bimbi, divenuti essi stessi oggetto di depredazione (solo in età matura, ma non tutti, potranno acquisire consapevolezza delle vicissitudini loro imposte).
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