BERGAMO – Nel nome del padre – IL 97,2% DEI CASI FIGLI AFFIDATI ALLA MADRE Padri separati, padri in miseria… L’Italia non è un paese per padri

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“Essere un buon padre è come farsi la barba. Non importa quanto sei stato bravo a raderti oggi, devi farlo di nuovo domani”. Diceva più o meno così un mucchio di anni fa un tipo che se ne andava in giro per Milano a raccontare storie. Che poi questa non è una storia, è una realtà di cuore e carne, di padri che crescono o tentano di crescere i propri figli. Sempre quel tipo diceva: “Un bambino sulle spalle di suo padre: nessuna piramide o colonna dell’antichità è più alta”. Già, è così. Dovrebbe essere così. In mezzo padri che lavorano, padri disoccupati, padri che rientrano tardi o che invece riescono a esserci sempre, padri in giovane età o sempre più padri che lo diventano dopo (a volte molto dopo). In ogni caso padri. Sempre e comunque. Anche in un’epoca come questa dove esserlo a volte è sempre più difficile. 

In un’indagine dove si è riusciti ad avere accesso ai dati statistici, in una media rilevata tra i Tribunali di tutta Italia, si scopre che tra il 92-97% dei casi di separazione, i figli vengono affidati alla madre. L’ultima percentuale disponibile è addirittura in aumento, siamo al 97,2% dei casi. E i padri separati sono i nuovi poveri: il 66,1% dei separati, secondo la Caritas, non riesce a provvedere alle spese per i beni di prima necessità e i padri separati e divorziati rappresentano oltre il 46% dei poveri: sarebbero sempre di più i padri costretti a dormire in macchina, mangiare alla Caritas o a dividersi in più lavori per riuscire ad arrivare alla fine del mese e mantenere la famiglia, attraverso l’assegno mensile che viene dato al genitore affidatario, rappresentato nella stragrande maggioranza dei casi dalla madre.

E’ chiaro che se i tribunali affidato nella stragrande maggioranza i figli alla madre ci sono validi motivi, ma è altrettanto chiaro che i padri vanno a risentire sicuramente del rapporto con i propri figli. E problemi ci sono anche per chi lavora e non è separato perché di ‘congedo di paternità’ non se ne parla quasi mai, almeno in Italia. In America invece i giovani aspiranti padri si vogliono godere i loro figli: uno studio condotto da Ernst&Young ha evidenziato come l’83% dei 9700 uomini interpellati, tutti nati tra il 1980 e il 2000, quindi molto giovani, è portato a cercare lavoro in aziende che offrono il congedo di paternità. 

Non solo, quattro su dieci si dicono pronti a lasciare gli Stati Uniti per trasferirsi in Paesi attenti alle politiche parentali. Gli Stati Uniti sono ad oggi l’unica nazione avanzata che non prevede il congedo parentale retribuito (neanche per le madri). La “first daughter” Ivanka, la figlia di Trump, ne ha fatto una battaglia personale e punta all’approvazione di un disegno che preveda 6 settimane per neo mamme e neo papà. Ma intanto, nel vuoto normativo, l’iniziativa è lasciata alla discrezionalità del datore di lavoro. Così ogni giorno si infoltisce la schiera dei colossi che per accaparrarsi i talenti migliori aprono alle nuove esigenze dei Millennials…

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