80 ANNI DAL 25 APRILE 1945 – I PERSONAGGI/6 – Il sacrificio di Buchi e Babai

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di Sergio Rossi

5 aprile 1945. Nel silenzio spettrale di una Castione desolata e deserta si odono solo i lazzi e le risa sguaiate delle guardie che irridono allo spettacolo rivoltante da loro inscenato: due corpi martoriati sono appesi per i piedi sotto il portico del comune. I corpi sono di Luigi Rossi (detto Buchi) e di Angelo Piccardi (detto Babai), braccati, uccisi e fatti oggetto di vilipendio anche dopo la morte per aver scelto di combattere l’oppressione, la disumanità della guerra e una ideologia di morte.

Gli aguzzini erano militi delle brigate fasciste della Tagliamento, impegnata nell’attività di repressione. Lo scherno con il quale irridono e si accaniscono sui trucidati rivelano la loro miseria morale, accentuata ancor di più dalla consapevolezza della sconfitta ormai imminente.

Buchi e Babai non godranno più della primavera appena iniziata, della primavera della loro vita, della primavera della nuova Italia. La barbarie per essere sconfitta richiede molti sacrifici, sacrifici come quelli che i due partigiani hanno deciso comunque di sobbarcarsi, consapevoli dei rischi che corre chi vuole vivere da uomo libero e non accetta di essere vittima o esecutore di oppressione.

Nel fremito di crescenti contrapposizioni di culture e di crisi sociale che caratterizza l’attualità, fare memoria di chi con il sacrificio della vita ha contribuito a consentirci 80 anni di libertà, non solo è un doveroso, sia pur minimo, gesto di riconoscimento, ma è anche fonte di riflessione per  prendere una posizione corretta nei confronti del passato e operare all’interno del mondo di oggi in modo che le radici del male, purtroppo  mai definitivamente estirpate dalla società, non abbiano a ricrescere.  

La Resistenza italiana fu fatta non solo da persone importanti, ma in primo luogo da tante persone comuni come Luigi Rossi (Buchi) e Angelo Piccardi (Babai), due giovani castionesi rispettivamente di 25 e 17 anni che a pochi giorni dalla Liberazione pagarono a caro prezzo la loro scelta partigiana.

La loro tragica fine, ricostruita attraverso documenti conservati negli archivi del comune e della parrocchia, s’inquadra in un contesto di paura e terrore che in quel periodo bloccava tutto il paese di Castione.

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