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Don Matteo, un anno in Collina: “Le cose belle così come le fatiche si dividono per cinque. Ho trovato comunità attive, lavoriamo per l’Unità Pastorale”

27 ottobre 2025 | 07:13
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Don Matteo, un anno in Collina: “Le cose belle così come le fatiche si dividono per cinque. Ho trovato comunità attive, lavoriamo per l’Unità Pastorale”

Mattinata di metà ottobre, un velo di foschia avvolge il lago e il silenzio abbraccia la Pieve di Santa Maria Assunta, a Solto Collina. Sono le 10:30 in punto, don Matteo Bartoli si affaccia alla porta della casa parrocchiale, è qui che mi attende per fare una chiacchierata sul suo primo anno qui, sulla Collina. Mi fa strada nel suo studio, chi non lo conosce si accorgerebbe subito che è un appassionato d’arte, “sì, ma questi non sono tutti i quadri che ho, devo ancora fare un po’ di ordine”, perché don Matteo passa gran parte della giornata in Oratorio, dove vive. Lo sport, nonostante la presenza dell’Asd La Collina, non è comunque diventato una passione… “No no, questa è una realtà ben radicata e che cammina da sola… lo sport lo seguo, ma senza un impegno diretto”, sorride.
Si accomoda alla scrivania e… iniziamo. “E’ chiaro che le differenze rispetto alla realtà che ho vissuto prima (intende Città Alta, ndr) sono forti, un conto è la città, un conto i paesi e un conto noi che siamo al confine”.
Meglio o peggio? “Quando mi fanno questa domanda rispondo che non è meglio e non è peggio, è semplicemente molto diverso, ma in questa diversità ci sono tante ricchezze. Il paese risponde sicuramente di più rispetto alla città, c’è più intraprendenza e anche il legame con il proprio territorio a livello di identità è molto forte”.
E il campanilismo? “Sì, certo che c’è”.
Quindi come è andato il tuo primo anno qui? “Direi che è stato buono, mi sono trovato bene in tutti i luoghi in cui sono stato, l’accoglienza fin da subito è stata buonissima e per me è stato un anno in cui prendere le misure, per capire anche le diversità tra un paese e l’altro. Le cose belle così come le fatiche si dividono per cinque, ma in un lavoro d’insieme. Qui si lavora come Unità Pastorale senza esserlo ancora”.
Ma è quello l’obiettivo? “Sì, la mission è quella di riuscire a portare le cinque parrocchie all’istituzione dell’Unità Pastorale. Adesso il rischio è che ognuno mi veda come parroco della sua parrocchia e quindi sono parroco cinque volte… però la gente sa benissimo che se non sono da una parte sono dall’altra, che se c’è una festa da una parte non dovrebbe esserci dall’altra. Stiamo cercando di lavorare in sintonia, non è facile, ma questa è la strada da seguire. Ci sono già tanti risultati positivi che arrivano da questo lavoro d’insieme, specialmente con i ragazzi, l’Oratorio, la catechesi, gli adolescenti, penso per esempio ai momenti di festa per loro, la vacanza, la gita, sono tutte espressioni di un lavoro di unità che perseguiamo in tutte le sue sfaccettature dai giovani, alle famiglie, agli adulti”.
Come rispondono i giovani? “Abbiamo un ‘buco’ a livello di frequenza regolare in Oratorio su quelli un po’ più grandi, perché la vita e gli impegni cambiano, anche se poi durante le feste o in alcune occasioni possiamo contare anche su di loro. Il gruppo degli adolescenti invece è ripartito ad ottobre con una buona partecipazione della terza media e dei primi anni di superiori. Devo dire che si stanno avvicinando le coppie giovani e lo vedo molto di più qui rispetto a quello che ho vissuto prima, fanno varie proposte e sono presenti anche a livello di impegno e di volontariato e questo è senza dubbio un dato positivo”.
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