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CHI C’È E CHI CI FA

25 ottobre 2025 | 09:40
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CHI C’È E CHI CI FA

Che sta succedendo nella politica italiana? Ogni volta che si va ad elezioni cala il numero dei votanti. Per circa la metà del Paese tutto ciò che attiene alla vita pubblica non merita più disturbo. Calma piatta, dunque? Non parrebbe. Tra Landini, Schlein, Conte da una parte e Giorgia Meloni corre, ormai, il sangue. Metaforico si intende.
Si tratta di un flusso di parole avvelenate, che viene iniettato dalla politica nelle vene del Paese, tale da inquinare il dibattito pubblico, che i mass-media istruiscono e dilatano artificiosamente ulteriormente. Elly Schlein si è spinta fino a dichiarare che il governo Meloni è un governo di estrema destra e che, conseguentemente, in Italia la democrazia è a rischio. Insomma, saremmo sull’orlo del fascismo. Difficile dire se Elly Schlein “ci è” o “ci fa”. Di sicuro “ci fa”.
Tra elezioni regionali e municipali e elezioni politiche, sarà un continuo tourbillon, da qua fino alle elezioni politiche del 2027. Quando l’elettore sente aria di rissa, viene attirato di più? In realtà, l’elettorato finisce per dividersi in “fanatici” e in “elettori in fuga”. Così si genera un circolo vizioso: più aumenta l’astensionismo e più la politica grida; più la politica grida più aumenta l’astensionismo di quella parte di elettorato che non accetta il fanatismo.
Ma qui la questione fa un salto di orbita. L’incanaglimento della lotta politica è dovuto soltanto alla permanente campagna elettorale o dipende dal giudizio secondo cui la Destra attuale non è legittimata a governare il Paese? E qui Elly Schlein “ci è”! In questo autunno 2025 la segretaria del maggior partito di opposizione non riconosce alla maggioranza la legittimità politica e morale a governare. Il problema della legittimazione reciproca delle forze o, detto con Aldo Moro, della cessazione del “reciproco assedio” si era trascinato per tutti gli anni della Prima repubblica. Aldo Moro ci ha lasciato sopra la vita.
Pareva, dopo la caduta del Muro di Berlino e dell’intero sistema degli stati comunisti, che anche in Italia si fosse aperta finalmente l’era del riconoscimento reciproco tra la sinistra, fortemente segnata dalla presenza massiccia del PCI, e la destra, che in realtà era la Democrazia cristiana, che non era certo un partito di destra.
Il disfacimento dei partiti del cosiddetto “arco costituzionale”, che, come tale, “lasciava fuori” il Movimento sociale italiano, aprì la strada alla discesa in campo di Berlusconi. Ma il Cavaliere, invece di concludere l’itinerario della legittimazione reciproca, rincarò la dose chiamando alla lotta contro “i comunisti”, rappresentati dal Pci-Pds, poi solo Pds, poi solo DS, proprio mentre il comunismo crollava in Europa.
Il fallimento successivo della stagione di governo berlusconiana e l’avvio di una stagione consociativa suscitarono un’insorgenza populista e nazionalista, che però non sollevava più la bandiera della delegittimazione ideologica dell’avversario, ma più concretamente gli rimproverava l’inabilità a governare. Frutto di quest’ultima confusa stagione è l’ascesa di Giorgia Meloni, le cui radici sono Alleanza nazionale. Questo partito, nato a Fiuggi nel gennaio 1995, segretario Gianfranco Fini, non era più il partito fascista chiamato MSI, che aveva con Almirante coniato lo slogan trasformistico “non rinnegare, non restaurare”. Fini rinnegava. La Meloni e Crosetto ed altri hanno fondato Fratelli d’Italia non perché volessero restaurare, ma perché non volevano finire nella bonaccia sonnolenta di Berlusconi. Fratelli d’Italia ha subìto, come tutti i partiti, compreso quello di Renzi, il fascino della rottamazione e ha scontato una sorta di euroscetticismo, che imputa all’UE colpevoli inadempienze che in realtà sono farina dei singoli Stati nazionali. Donde tutta la retorica del lessico meloniano sulla “Nazione”. Ma, una volta trovatasi al governo, la Meloni ha appoggiato la Von der Leyen, sia pure turandosi il naso, si è schierata con la UE sulle scelte fondamentali, tra cui l’Ucraina. Si può dissentire legittimamente dalla Meloni e dal governo di centro-destra, ma sostenere che la democrazia in Italia sarebbe in pericolo a causa di questo governo significa soffrire delle allucinazioni, che di solito sono attribuite all’Intelligenza Artificiale. Ignoriamo se questa violenza ideologica potrà richiamare gli elettori del cosiddetto “campo largo” alle urne, ma, intanto, lacera lo spirito pubblico del Paese. Il prevedibile contro-effetto è che chi non ha più nostalgie di guerra civile, vedendosela riproporre, si volterà da un’altra parte.