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Benedetta gente

25 ottobre 2025 | 09:31
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Benedetta gente

La prima metà del secolo scorso è stata l’era delle dittature (altri l’hanno chiamato il tempo dell’autoritarismo, un eufemismo). Poi, per reazione, per disperazione, per scelta, è arrivato il tempo delle democrazie che Churchill avrebbe definito “la peggior forma di governo eccezion fatta per tutte le altre forme sperimentate finora”. È un paradosso, il “potere al popolo” (il significato di democrazia) in realtà sarebbe un’ottima e giusta scelta se il popolo non fosse un insieme composito di persone, ognuna con le proprie debolezze, bisogni, aspirazioni, ambizioni, gelosie, rancori, amori, odi e con il bagaglio se non di tutti, di almeno un buon numero di vizi capitali. La democrazia diretta sperimentata per prima in Atene, non era perfetta, il popolo votante (ma solo gli aventi diritto, vale a dire i maschi adulti) era manovrabile e l’ostracismo (voto segreto per mandare in esilio una persona) da forma di difesa della democrazia stessa si rivelò troppo spesso un mezzo per eliminare i contendenti al potere. Fatto sta che il primo quarto di questo secolo sta registrando una crisi epocale anche delle democrazie rappresentative e un ritorno di dittature camuffate da sistemi autoritari legittimati (non tutti) da sistemi democratici ammalorati, preceduti da capaci e martellanti campagne di delegittimazione dei politici e quindi della politica, insomma il “tutti ladri” permette ai veri ladri di passarla liscia e anzi si arriva all’orgoglio del farla franca, “lui sì che sa stare al mondo”. Se si deve competere, la gomitata nelle costole altrui non la punisce nemmeno il Var. Serve ricordare che solo i deboli hanno bisogno di un uomo forte? È un atteggiamento servile, ci mettiamo alla sua ombra sentendoci al sicuro. Poi, all’italiana, è chiaro, siamo pronti a nuovi Piazzale Loreto, caso mai arrivi uno più forte del nostro uomo forte cui accodarci alla sua più vasta ombra. Ma sempre deboli restiamo, magari sorpresi che da servi quali ci siamo auto collocati, da servi ci trattino. Poi i forti si scontrano tra loro e mandano i servi al massacro all’insegna dell’armiamoci e partite. Sempre le guerre le decidono in alto per questioni di potere, i forti, per definizione, amano i rapporti di forza.
“Il forte si mesce col vinto nemico / Col novo signore rimane l’antico” (Manzoni). La diserzione delle urne in una Regione storicamente “impegnata” come la Toscana è un sintomo febbrile della malattia della democrazia. Che è faticosa, richiede conoscenza, impegno civile, visione di comunità al punto da sacrificare a volte i propri interessi particolari per l’interesse collettivo. Ma di questi tempi è pura retorica, dà perfino fastidio e provoca imbarazzo (e al bar ci sarebbero risatine di compassione) dirlo. Ai forti fa comodo che i deboli restino tali, caso mai si rendano conto della loro condizione di inferiorità. Se ognuno di noi vuole risolvere solo il proprio individuale bisogno è più comodo avere (o illudersi di avere) un solo interlocutore cui fare ricorso, che non debba risponderne ad altri, altrimenti le cose si complicano, c’è sempre chi si mette per traverso, antichi amori e antichi rancori sono in agguato. I meccanismi della democrazia sono lenti, noi andiamo di fretta. Ognuno per sé, solo uno per tutti, l’unto del Signore (Trump ha tirato in ballo anche Dio). Un deputato americano ha buttato lì una frase inquietante: “Siamo sicuri che nel 2028 si voti?”, con riferimento a un possibile colpo di Stato dello stesso Trump, in barba alla legge dei due mandati come tetto massimo di un Presidente degli Stati Uniti. Dall’altra parte, in Russia e in Cina per stare alle grandi, il problema non si pone nemmeno. È tornato l’autoritarismo. È la premessa delle dittature. E delle guerre.