Alda Merini: le poesie per Araberara

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La sua prima raccolta di poesie, “La presenza di Orfeo”, fu accolta con un grande successo di critica. In seguito furono pubblicati “Paura di Dio” (1955), “Nozze romane” (1955), “Tu sei Pietro” (1962), poi riunite con il titolo “La presenza di Orfeo” (1993), e “Destinati a morire” (1980). Nel 1984 pubblica “La Terra Santa” e, di lì a due anni, “L’altra verità”. “Diario di una diversa” (edizione accresciuta 1992), con cui ha iniziato la sua produzione in prosa. A breve distanza di tempo sono poi apparsi “Fogli bianchi” (1987); “Testamento” (1988), un’antologia poetica curata da Ambrogio Raboni; “Delirio amoroso” (1989), con una nota di Ambrogio Borsani; “Il Tormento delle figure” (1990); “Vuoto d’amore” (1991), curato da Maria Corti; “Ipotenusa d’amore” (1992); “Se gli angeli sono inquieti”, “Aforismi” (1993) con fotografie di Giuliano Grittini; “La palude di Manganelli o il monarca del re” (1993); “Titano amori intorno” (1994); “Reato di Vita” (1994); “Ballate non pagate” (1995), a cura di Laura Alunno; “La pazza della porta accanto” (1995); “La vita facile” (1996); “Fiore di poesia 1951-1997” (1997); “Ringrazio sempre chi mi dà ragione” (1998); “Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi” (1998); “Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta” (1999); “Aforismi e magie” (1999); “L’animainnamorata” (2000); “Corpo d’amore”.
ALDA MERINI E ARABERARA
Quando muore un poeta è come ci si chiudesse l’occhio della fantasia, ci si limitasse l’orizzonte. Dicono che i poeti oggi “non tirano”. I libri di poesie di Alda Merini andavano a ruba, entravano nelle classifiche spiazzando i critici e gli editori. Dal 2003 Araberara ha cominciato a pubblicare le poesie di Alda Merini, inedite, scritte, si potrebbe dire, “su commissione”, una telefonata e Alda ci mandava i suoi foglietti scritti a mano, di getto, a seconda del tema, fosse la festa delle donne, della mamma, Pasqua o Natale. Era conosciuta, certo, in certi ambienti, la sua storia di dolore era approdata ai libri. Da noi erano in pochi a conoscerla, la poesia non porta alla ribalta. Tea la conosceva, andava a trovarla a casa sua. E così ha scritto le prime poesie sulla fiducia. Poi ha voluto vedere il giornale, le è piaciuto e ci mandava ad ogni occasione manciate di poesie fulminanti. Il giorno della sua morte il nostro sito, nel quale c’è un link in cui si trovano molte delle poesie (non tutte, quelle dei primi anni non sono ancora state messe, lo faremo in questi giorni), è stato preso d’assalto. Più di mille visite al giorno, tutte a tema, tutte indirizzate su quelle poesie inedite, pubblicate da Araberara, scritte per i nostri lettori. E che sono non patrimonio nostro, ma dei nostri lettori.
LETTERA/1 – Qui è nata e vissuta Alda Merini
Il poeta è sempre in vacanza. Ed è contro le vacanze. Per questo, anche d’estate rimane in città. Alle ferie d’agosto preferisce le passeggiate languide lungo i canali. Piuttosto che in un confortevole albergo ama riposarsi nel disordine di casa sua. Le vacanze le trascorro da sempre nella mia casa sui Navigli, rimpiangendo Patty Pravo e ascoltando «Mille lire al mese». In quale posto potrei stare meglio che qui? Tra queste mura sono nati i miei figli e le mie poesie. Sono un’eremita nata, la casa è il mio rifugio. Ho sempre sognato di vedere un giorno, attaccata fuori dalla porta, una targhetta con su scritto: «Qui è nata e vissuta Alda Merini». Sarei stata più felice solo se a questa casa avessero lasciato la vecchia muffa, le pareti scrostate, il suo passato. Invece anche qui hanno passato la vernice nuova e i vicini di un tempo non ci sono più. Ora ho una casa tutta «leccata», senza raucedini. Intorno a me neanche un colpo di tosse catarrosa, solo giovani belli e intelligenti. Neanche un cretino. D’ estate, poi, tutti via. A farmi compagnia rimangono i preti giovani e bellissimi che passano tutti i giorni a trovarmi. Mi regalano felicità e impulsi creativi, con il caldo l’ ispirazione si affievolisce. Esco di rado, per andare al Duomo o davanti al Castello Sforzesco. Rimango lì per ore e ore. Mi immedesimo in Pia De’ Tolomei, la suggestione è grandissima. Le trattorie mi annoiano oramai, si mangia pesante. Le ho girate tutte. Ho cenato con piatti di gnocchi, di risotti, di ossibuchi con polenta. Ora non ne ho più fame. Sono un cuor contento, mi basta stare qui con dieci ventilatori a guardare i miei Navigli. Il mare lo vedo in televisione e mi piace molto. Non so nuotare, mi sarebbe piaciuto imparare. Alle spiagge assolate ho sempre preferito la montagna. Ho fatto qualche scarpinata in Val d’ Aosta, sono una provetta scalatrice. Ma ogni volta che sono partita ho sognato la mia città. E’ bellissimo tornare a Milano, di notte. Si potrebbe lasciarla per sempre solo per andare in Paradiso. Ma forse desidererei, anche da lì, la mia casa. (testo raccolto da Michela Proietti)
LETTERA/2 – Il vero manicomio è la quotidianità
Forse non tutti voi sapete che la vita mi ha voluto regalare quattro creature, intelligenti e belle. Ma per ventura o per stoltaggine me le sono viste togliere anni fa, perché fumavo, dicono! Ora, ciò che più mi preoccupa e mi manca, come madre, è la mia terza figlia. Allontanata non so da cosa o da chi. Persa senza conoscerne il perché, non mi aiuta più. Ed era, credetemi, la cosa più bella che avevo. Ditemi, vi prego, nella Vostra saggezza, come si fa a vincere questa guerra armati solo di una spada spuntata e usando come cavalcatura il ronzino che sono ormai le mie gambe morte? Ciò non bastasse, confido a Voi che il vero manicomio non è la mia esperienza passata ma è ora la mia quotidianità. Amica di Franco Basaglia e di Giorgio Manganelli mi vedo trattata come uno straccetto, visitata da pie opere assistenziali le quali, misericordiosamente ricordando che da un anno sono senza gas, mi portano minestre che per quanto buone hanno fatto di me una virtuosa delle coliche. Sulla mia testa, in solaio, i gemelli scorrazzano, felicemente animati da fanciullesca forza, oltre che da naturale irresponsabilità. Rileggo il Fantasma di Kanterville e muoio di crepacuore, non riuscendo almeno a intimorire questi malcapitati. Sono diventata suscettibile, e nel rumore sordo dello sciacquone che gli abitanti del solaio tirano spesso di notte affonda anche la mia povera poesia. La poesia, il mio lavoro mi sfugge. L’amministratrice dello stabile ricorda di me solo «il manicomio» e in parte lo trovo quasi un «riconoscimento» perché a quell’epoca risale l’opera più bella che ho scritto: la Terrasanta. Ho chiesto anche alla Chiesa di aiutarmi ma l’estate scorsa, dopo essere stata a San Pietro e alla Chiesa della Grazie, mi è venuto un bell’infarto. Unica nota lieta di quel periodo il ricordo del Presidente Ciampi quando in Campidoglio mi è venuto incontro con grande affetto, subito dopo che mi era stata fatta la protesi. Capite perché allora, una notte forse uguale alle altre o forse più cupa delle altre mi hanno sentito gridare: «Stasera mi ammazzo!». L’unica soluzione, la più semplice: mi hanno portato in psichiatria. Credete sul serio che l’avrei fatto? La preoccupazione, credo anche giustamente, non era per l’Alda Merini ma per lo stabile che vorrei veniste a vedere: ci sono crepe ovunque e non credo di essere profeta di sventura se dico che certamente non moriremo di gas ma, prima o poi, travolti da un crollo. Forse non faranno in tempo a porvi la targa «qui visse e operò la poetessa Alda Merini» ma quella con scritto «qui visse e perì». Vi ringrazio e vi prego: aiutatemi a riavere mia figlia, non vorrei saltasse fuori un altro Rigoletto che, accecato dall’ira, invece del padrone uccide la figlia prediletta.
Alda Merini
(dal Corriere della Sera del 30 maggio 2008) 1 novembre 2009
LETTERA/3 – Quando passeggiavo con Wally Toscanini
Uno che ha visto la miseria dei Navigli, non può capirne la ricchezza. Io la miseria l’ho vista, l’ho vissuta: le lavandaie, le povere e affaticate lavandaie, la nebbia che tutto copriva, i primi bar che vendevano le sigarette sottobanco perché era reato. Ci sono nata, sui Navigli, un quartiere che era a misura d’uomo e che adesso ha perso tutto, a cominciare dall’amore. Ci sono nata, sui Navigli, e da qui partivo per i miei viaggi a piedi nella città. Andavo in Galleria, a Montenapoleone, in piazza del Duomo, andavo nei negozi, andavo sulla strada. Incontravo Wally Toscanini, le sorelle Fontana, un giorno incontrai anche Enrico Cuccia: «”Senta dottore, ho fame” gli dissi. “Buon segno”, mi rispose lui». Era una Milano dove esser figli di un assicuratore, un assicuratore come mio padre Nemo, era un segnale di benessere. Il benessere… e la polenta. Vecchi miei Navigli. Oggi ci sono solo commercianti, troppi commercianti. E muratori: nessuno mi ha difesa da loro, che a colpi di piccone e con una gru che pareva uno strumento di tortura, si sono presi il mio solaio. Non c’è stato verso. C’è quest’isola pedonale, adesso. Le automobili non possono passare, e così, da me, a trovarmi, ormai vengono solo vecchi barboni. Ridatemi la mia «Seicento», ridatemi la mia povertà… Non mi piacciono, «questi» Navigli. Non mi piace questa città che all’anziano chiede di tutto, e sempre di più, senza nulla dar in cambio. C’è qualcosa che mi attrae, del quartiere? Nulla, non c’è nulla. Mi domandano: e perché rimani allora? Rimango perché qui ho vissuto con mio marito, qui ho creato le mie poesie. I canali, le acque, i battelli? Io chiuderei tutto, chiuderei i Navigli, ci farei una grande strada, un’Appia antica, larga, bella larga, infinita.
Alda Merini
(dal Corriere della Sera del 23 ottobre 2007)
ALDA MERINI
Dormivo,
e sognavo
che non ero
al mondo.
ALDA MERINI
Anima mia che metti le ali
e sei un bruco possente
ti fa meno male l’oblio
che questo cerchio di velo.
E se diventi farfalla
nessuno pensa più
a ciò che è stato
quando strisciavi per terra
e non volevi le ali.
ALDA MERINI
Apriti o scena, senza panico,
nel bosco assetato della mia fede.
E bestemmiando per gli alacri fuochi
metti la pantomina in un canto e sciogli il burattino.
Poi col filo delle tue spezie
incatenalo a un altare di sogni.
E mandalo a svernare infelice
nella terra amorosa degli uomini.
ALDA MERINI
Ci sono donne che prendono i loro morti
e li aggrovigliano ai loro capelli
e ne fanno sontuosi monili
per il secondo e il terzo matrimonio.
Ci sono donne che vivono
di questa carneficina
e non sentono i palpiti del cuore
che emana dalla loro morte.
Così ci sono giovani pallidi
che solo per il fatto di essere sangue
si credono novellatori o poeti.
Invece la felicità della poesia non va toccata
né dai morti né dagli adulteri.
E’ felice il poeta quando si muove ridente
attraverso il tuo bacio d’amore
che è un saliscendi di morte
che è un abbandono di vita.
Chi non sa amare non sa fare poesia
e chi non sa morire non sa rivivere.
Così nessuno che non sia stato ferito
dal proprio nemico potrà toccare
i vertici della pietà. Non esiste
una battaglia d’amore
e neanche una sconfitta
Esiste solo un’angelica guerra
che l’uomo fa a se stesso
credendo in un fratello azzurro
vestito tutto di nero.
ALDA MERINI
In un luogo sperduto
che è la mia memoria
s’accampa un Dio sconosciuto.
Attende un aureo canto
e non cerca alcun cielo.
Così io certo te
che sei il mio ricordo.
ALDA MERINI
Il genio muore per se stesso
e chiede d’esser sepolto
entro memorie deboli.
ALDA MERINI
Che grande scultore sei tu
che hai scolpito il tuo volto di pietra
tra le mie braccia
e ormai amore morto
mi sei diventato un figlio
ti tengo sulle ginocchia
e piango perché
il ricordo di te
mi pesa come un sepolcro.
ALDA MERINI
Sono molto irrequieta
quando mi legano
allo spazio.
ALDA MERINI
per Araberara
Quando tu non vieni
le acque del parto
si diffondono in terra
e cade un pensiero meraviglioso
che tu vedi
ed è la fine del mondo nel cuore di una donna
sono verdi i gigli del mio pensiero
e non sono del tutto astratti
io ho altri colori
che non la comune gente
ma quando tu non vieni
le acque del parto si colorano d’olio
e io vorrei uccidere mia madre.
ALDA MERINI
per Araberara
Qualche volta il nostro angelo migliore
depone le uova
ALDA MERINI
per Araberara
Stagno di sogni
Amore, getta la lenza
nel cuore degli anni profondi,
dove c’è stagno di sogni,
e vento di bramosia.
Nella cornice del volto,
in queste rughe che ho dentro,
tu troverai mille arpe
per delle corde gitane.
la folla che zingaresca danza
intorno ai miei libri
non sa che sapido sangue
scorre nelle Chimere
e lì dove cadde l’Audace
fiorirono mille destini:
un erpice di amore
che miete vittime ancora.
ALDA MERINI
per Araberara
Maria
Sulla chiara aderenza del suo viso
Dove balena il ritmico, selvaggio,
sentimento dell’alba
mentre della notturna s’addolora
quiete silvestre e cinge a dominare
il boato del tempo la più cauta
trepida luce, salgono veloci
i profili irrequieti del destino.
Mirabile linguaggio che trascorre
Dalle limpide acque alla vibrata
Forza dell’inumana profezia!
Ora nell’ampia conca dell’eremo
Un soffuso candore si raccoglie
Dalle acque sui rami ed accompagna
Di cenni lacrimevoli il congedo.
ALDA MERINI
per Araberara
Ora che vedi Dio
Se tu taci
Al di là del mare
Se tu conosci
L’ala dell’Angelo
Se tu lasci la madre terra
Che ti ha così devastato
Ora puoi dire
Che la terra del povero
La terra del poeta
È tutta insanguinata dalla solitudine
E ora che vedi Dio
Riconosci in te stesso
Il fiore della sua lingua.
ALDA MERINI
per Araberara
Il volto
Vedessi il volto della mia anima
quando ti vedo e tremo
e diventa foglia d’ascolto.
Vedessi il dito del mio cuore
che ti indica strade sconosciute.
Vedessi il mio amore
che è tenero figlio
che cresce senza padre.
ALDA MERINI
per Araberara
Si sfaldano le rose della mia avvenenza
piano piano in un terreno consunto.
Non solo petali che ardono di luce
ma solitarie piante
di chi è stato a lungo dimenticato
e non si è più convertito.
Mi hanno lasciato nel pieno del mio ateismo
mentre consumavo un rito d’amore
e qualcosa alle spalle
mentre facevo l’amore con un ragazzo
Mi ha dannato per sempre.
così abbiamo trovato l’inferno della ragione
e non ci siamo rivisti mai più.
Adagio adagio il corpo si è ristretto
lasciando indietro mille similitudini
in cui si sono abbeverati gli asini della terra.
Mangiare petali di rosa non era possibile
ma mangiare marciume è consapevole a tutti.
ALDA MERINI
Non sparire nell’azzurro,
ho visto un giorno la tua salma appesa
ferma nel vuoto, pareva che cantasse,
e poi ancora due denti vespertini
rossi di volpe, che avevano preso
di te tutto il conforto della Chiesa.
Non vangare negli orizzonti,
a volte ci son chiuse, poi maremme…
e tu ti nascondevi dentro gli auspici
della demenza, sai, che era un vibrare
dentro le corde del tuo Creatore.
Hai lasciato una lira nel tuo scambio
Di asceta, questa lira polverosa
Che non ha conio in terra straniera,
che si muta soltanto in Paradiso.
ALDA MERINI
Adesso sono una pioggia spenta
Dopo che l’orma del tuo cammino
Si è fermata ai miei occhi
Che ciglio devastante il tuo!
Come mi penetri le ossa!
Se piangessi, tu verresti a riprendermi
Ma io ho bisogno del mio dolore
Per poterti capire
ALDA MERINI
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
e mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più “sante”,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
ALDA MERINI
Quando avrò alzato in me l’intimo fuoco
che originava già queste bufere
e sarò salda, libera, vitale,
allora sarò sola?
E forse staccherò dalle radici
la rimossa speranza dell’amore,
ricorderò che frutto d’ogni
limite umano è assenza di memoria,
tutta mi affonderò nel divenire…
ma fino a che io tremo dal principio
cui la tua mano mi iniziò da ieri,
ogni attributo vivo che mi preme
giace incomposto nelle tue misure.
ALDA MERINI
C’è gente che prende il granito
per farvi battere un cuore.
Dio ci prese la carne e l’anima
mettendo insieme i confini.
La nostra carne così debole, così informe
sogna di essere buttata nel granito
per perdere il cuore.
ALDA MERINI
So che un amore
può diventare bianco
come quando si vede un’alba
che si credeva perduta
Il 21 marzo, primo giorno di primavera, Alda Merini ha compiuto 75 anni, gli auguri sono in poesia. La sua poesia.
ALDA MERINI
Auguri, le acque del sentimento a volte ti hanno sconvolta
e c’e un genere dolce di poesia che è il canto,
come canta una madre
quando accarezza un figlio,
il piede di una fata che cammina
nel vento, e mentre i tuoi figlioli accedono la vita
tu ritorni ragazza, un gelo da salvare,
l’amore non ha tempo e quando sarai vecchia
ti bacerà i capelli solo la primavera.
ALDA MERINI
Colori
S’io riposo, nel lento divenire
Degli occhi, mi soffermo
All’eccesso beato dei colori;
qui non temo più fughe o fantasie
ma la “penetrazione” mi abolisce.
Amo i colori, tempi di un anelito
Inquieto, irresolvibile, vitale,
spiegazione umilissima e sovrana
dei cosmici “perché” del mio respiro.
La luce mi sospinge ma il colore
M’attenua, predicando l’impotenza
Del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.
Ed è per il colore cui mi dono
S’io mi ricordo a tratti del mio aspetto
E quindi del mio limite.
I versi sono polvere chiusa
Di un mio tormento d’amore,
ma fuori l’aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.
Ah se almeno potessi,
suscitare l’amore
come pendio sicuro al mio destino!
E adagiare il respiro
Fitto dentro le foglie
E ritogliere il senso alla natura!
O se solo potessi
Toccar con dita tremule la luce
Quella gagliarda che ci sboccia in seno,
corpo astrale del nostro viver solo
pur rimanendo pietra, inizio, sponda
tangibile agli dei…
e violare i più chiusi paradisi
solo con la sostanza dell’affetto.
No, non chiudermi ancora nel tuo abbraccio,
atterreresti in me quest’alta vena
che mi inebria dall’oggi e mi matura.
Lasciamo alzare le mie forze al sole,
lascia che mi appassioni dei miei frutti,
lasciami lentamente delirare…
e poi coglimi solo e primo e sempre
nelle notti invocato e nei tuoi lacci
amorosi tu atterrami sovente
come si prende una sventata agnella…
ALDA MERINI
Non siate solo stendardi
ma anche terra presente
Non siate solo musica
ma anche silenzio di perla.
Non perdete mai il contatto
del vostro cammino:
ricordatevi che il sangue si ferma
perché non vuole parlare.
ALDA MERINI
Maledizione d’amore
Maledetto te
che hai preso il fiore delle mie labbra
e senza baciarlo l’hai buttato per terra
e poi l’hai mostrato a una fanciulla inerte.
O te maledetto
che hai cambiato i miei giorni
in un orrendo frastuono
e non sento più angeli
ma vipere intorno.
ALDA MERINI
Inno alla donna
Stupenda
immacolata fortuna
per te tutte le culture del
regno
si sono aperte
e tu sei diventata la
regina
delle nostre ombre
per te gli uomini
hanno preso
innumerevoli voli
creato l’alveare del
pensiero
per te donna è sorto
il mormorio dell’acqua
unica grazia
e tremi per i tuoi
incantesimi
che sono nelle tue mani
e tu hai un sogno
per ogni estate
un figlio per ogni pianto
un sospetto d’amore
per ogni capello
ora sei donna tutto un
perdono
e così come ti abita
il pensiero divino
fiorirà in segreto
attorniato
dalla tua grazia.
ALDA MERINI
Quando tu non vieni
le acque del parto
si diffondono in terra
e cade un pensiero meraviglioso
che tu vedi
ed è la fine del mondo nel cuore di una donna
sono verdi i gigli del mio pensiero
e non sono del tutto astratti
io ho altri colori
che non la comune gente
ma quando tu non vieni
le acque del parto si colorano d’olio
e io vorrei uccidere mia madre.
ALDA MERINI
Il suo sperma bevuto dalle mie labbra
era la comunione con la terra.
Bevevo con la mia magnifica
esultanza
guardando i suoi occhi neri
che fuggivano come gazzelle.
E mai coltre fu più calda e lontana
e mai fu più feroce
il piacere dentro la carne.
Ci spezzavamo in due
come il timone di una nave
che si era aperta per un lungo viaggio.
Avevamo con noi i viveri
per molti anni ancora
i baci e le speranze
e non credevamo più in Dio
perché eravamo felici.
ALDA MERINI
Maria
Sulla chiara aderenza del suo viso
Dove balena il ritmico, selvaggio,
sentimento dell’alba
mentre della notturna s’addolora
quiete silvestre e cinge a dominare
il boato del tempo la più cauta
trepida luce, salgono veloci
i profili irrequieti del destino.
Mirabile linguaggio che trascorre
Dalle limpide acque alla vibrata
Forza dell’inumana profezia!
Ora nell’ampia conca dell’eremo
Un soffuso candore si raccoglie
Dalle acque sui rami ed accompagna
Di cenni lacrimevoli il congedo.
ALDA MERINI
Ora che vedi Dio
Se tu taci
Al di là del mare
Se tu conosci
L’ala dell’Angelo
Se tu lasci la madre terra
Che ti ha così devastato
Ora puoi dire
Che la terra del povero
La terra del poeta
È tutta insanguinata dalla solitudine
E ora che vedi Dio
Riconosci in te stesso
Il fiore della sua lingua.
ALDA MERINI
O giovani
pieni di speranza gelida
che poi diventerà amore
sappiate da un poeta
che l’amore è una spiga d’oro
che cresce nel vostro pensiero
esso abita le cime più alte
e vive nei vostri capelli.
Amavi il mondo del suono
a labbra di luce;
l’amore non si vede
è un’ode che vibra nel giorno,
fa sentire dolcissime le notti.
Giovanetti, scendete lungo i rivi
del vostro linguaggio
prendete la prima parola
portatela alla bocca
e sappiate che basta un segno
per far fiorire un vaso.
ALDA MERINI
Bianco amore
So che un amore
può diventare bianco
come quando si vede un’alba
che si credeva perduta
ALDA MERINI
Riverbero
E’ dolce pensare
che io arda d’amore per te
senza averne mai un riscontro.
Il poeta non serve la gloria di Dio
ma solo la sua gloria
che è un lontano riverbero
della collera divina.
ALDA MERINI
Mani roventi
Forse tu hai dentro il tuo corpo
un seme di grande ragione,
ma le tue labbra suadenti
che sanno di tanta ironia
hanno morso più baci
di quanto ne voglia il Signore
come si morde una mela
al colmo della pienezza.
E le tue mani roventi
nude, di maschio deciso
hanno dato più abbracci
di quanto ne valga una messe,
eppure il mio cuore ti canta,
o sposo novello
eppure in me è la sorpresa
di averti accanto a morire
dopo che un fiume di vita
ti ha spinto all’argine pieno.
ALDA MERINI
Paradisi
O cielo che lo cerchi in segreto
per ogni terra
senza darlo a vedere
come se fosse un lago in cui morire.
Non so che cosa dire
al mio unico confessore
che parla di paradisi
mai esistiti.
ALDA MERINI
I giorni e i figli
Sei entrata nelle ombre del sonno
un giorno
e hai riconosciuto il mio volto esangue
allineato come tanti su un’ara sacrificale.
Con la torcia del tuo sapere
hai illuminato le ombre dell’inferno.
Tu, madre immacolata e triste
per cui i giorni sono stati
tanti figli.
ALDA MERINI
Suoni per il vento
In cima ad un violino
ci sta forse un respiro
che nessuno raccoglie
perché è un senso d’amore.
Tu suoni per il vento e viaggi
dove la pace sussurra tra le piante
tutta una nostalgia.
ALDA MERINI
GOCCIA NUDA
C’era una goccia nuda
appesa al pavimento
come una macchia vuota
nel tuo discernimento,
che vangava la terra
com’ala di orizzonte
densa di millepiedi…
c’era la tua sostanza
pacifica e lontana
che sognava le navi
lanciate al tuo destino,
e una corona nuova
scambiata per rosario
che ti pendeva al labbro
come una croce rossa.
ALDA MERINI
Genesi
Vorrei un figlio da te che sia una spada
lucente, come un grido di alta grazia,
che sia pietra, che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue e che risolva
più quietamente questa nostra sete.
Ah, se t’amo, lo grido ad ogni vento
gemmando fiori da ogni stanco ramo
e fiorita son tutta e d’ogni velo
vo scerpando il mio lutto
perché genesi sei della mia carne.
Ma il mio cuore, trafitto dall’amore
ha desiderio di mondarsi vivo.
E perciò dammi un figlio delicato,
un bellissimo, vergine viticcio
da allacciare al mio tronco, e tu, possente
olmo, tu padre ricco d’ogni forza pura
mieterai liete ombre alle mie luci.
ALDA MERINI
Le grandi fatiche
Vivono all’interno di grandi riposi
ALDA MERINI
L’unica radice che ho mi fa male
ALDA MERINI
Croce Rossa
C’era una goccia nuda
appesa al pavimento
come una macchia vuota
nel tuo discernimento,
che vangava la terra
com’ala di orizzonte
densa di millepiedi…
C’era la tua sostanza
pacifica e lontana
che sognava le navi
lanciate al tuo destino,
e una corona nuova
scambiata per rosario
che ti pendeva al labbro
come una croce rossa.
ALDA MERINI
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
*poesia inedita inviataci da Ezio Merini per i lettori di Araberara
ALDA MERINI
Anima
Corpo, ludibrio grigio
con le tue scarlatte voglie
fino a quando mi imprigionerai?
Anima circonflessa,
circonfusa e incapace
anima circoncisa,
che fai distesa nel corpo?
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